PESCARA – «Il comune di Castellammare Adriatico è unito a quello di Pescara». L’articolo 4 del Regio decreto 2 gennaio 1927 segnava il destino della città di Gabriele d’Annunzio assieme a quello di altre sedici province italiane, riordinate da Vittorio Emanuele III «per grazia di Dio e volontà della nazione Re d’Italia» su «proposta del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato e Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’interno» Benito Mussolini. Si legge di seguito nella nota del sindaco di Pescara, Carlo Masci:
“L’11 gennaio il provvedimento veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale e il 12 gennaio nasceva ufficialmente la città di Pescara. La provincia, ritagliata con lembi appartenuti a Teramo, Chieti e L’Aquila, era la più piccola degli Abruzzi e tra le più piccole d’Italia, estendendosi per 1.230,33 km² e abbracciando 46 comuni; ma la città possedeva già un’energia vitale di propensione allo sviluppo che nel primo ventennio del XX secolo aveva visto la sua popolazione crescere di oltre il 60%.
Quella nascita aveva due padri. Il Vate Gabriele d’Annunzio e il barone dell’Aterno Giacomo Acerbo, ministro di Mussolini. Il Poeta si era rivolto così al capo del Governo, il 16 maggio 1924: «Come Pescarese, ti prego di consentire che la mia Pescara si congiunga civicamente a Castellammare Adriatico e capeggi una provincia nuova. C’è su questa unione una mia prosa del 1882, se non sbaglio. Esaudi me e la mia gente fiumatica e adriatica. Giacomo Acerbo, nel nome di Aterno, amplierà il feudo».
La nuova città, per non urtare la suscettibilità dei castellamaresi (sponda nord del fiume, in provincia di Teramo), avrebbe dovuto recuperare l’antico toponimo romano e chiamarsi Aterno, ma poi il peso di d’Annunzio impose quello di Pescara (sponda sud, in provincia di Chieti). Il 16 dicembre 1926 Mussolini gli telegrafava: «Oggi ho elevato la tua Pescara a capoluogo di provincia STOP te lo comunico perché credo ti farà piacere ti abbraccio».
A Castellamare non la presero bene, ci furono proteste e tafferugli, tanto che il 12 dicembre 1926 il console generale della Milizia Ettore Giannantonio, commissario straordinario dei fasci delle due città, emise un bando che comminava pene severe a chiunque avesse sobillato la popolazione, in quanto la decisione delle autorità andava accolta e accettata «con entusiasmo». Giacomo Acerbo il 30 dicembre al teatro “Pomponi” dell’ex Castellammare, dove si teneva una imponente adunata delle due popolazioni, stigmatizzerà le manifestazioni dei giorni precedenti. Il 12 gennaio 1927, per celebrare l’evento, veniva coniata una medaglia d’oro con impresso il gonfalone che si era data la Provincia e la data, e sul retro la dedica «Al duce d’Italia la Provincia di Pescara riconoscente». Mussolini però non la riceverà mai e infatti la medaglia sarà rinvenuta nella cassaforte della Banca Caripe nel 2012.
Nel febbraio del 1928 al Comune di Pescara sarà unito anche quello di Spoltore, che però riguadagnerà l’autonomia nel 1947. La seconda guerra mondiale portò su Pescara, che quasi subito era la seconda città abruzzese per popolazione dopo L’Aquila e già la prima per i commerci, la quasi totale distruzione a opera dei bombardamenti alleati che rasero al suolo circa l’80% dell’abitato. La rinascita fu però quasi immediata, tanto che la città fece registrare il più alto tasso di crescita edilizia in Italia diventando ben presto capofila dell’intero Abruzzo in ogni comparto.
È nel destino di Pescara essere moderna e cercare di essere sempre all’avanguardia, così come è nel destino dei pescaresi quello di sapere sempre guardare avanti e non arrendersi mai davanti alle avversità. Superata questa difficile contingenza storica legata alla pandemia, ci attende la sfida di rendere Pescara ancora più grande, facendone la metropoli del medio Adriatico. La vinceremo, perché ogni compleanno della nostra città non è un traguardo ma l’inizio di una nuova partenza”.
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