Pescara

Il 3 marzo 1942 moriva a Nairobi (Kenia) il principe Amedeo di Savoia

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III Duca d’Aosta, il “Duca di Ferro”, Eroe dell’Amba Alagi

PESCARA – Nato a Torino il 21 ottobre 1898 da Emanuele Filiberto di Savoia Duca d’Aosta (il grande Comandante dell’invitta III Armata), e da Elena di Borbone-Orléans, alla nascita ricevette il titolo di Duca delle Puglie, e a soli 16 anni si arruolò volontario come soldato semplice nel Reggimento Artiglieria a Cavallo “Voloire”, guadagnandosi sul campo il titolo di Tenente, per meriti di guerra.

Al termine del conflitto seguì lo zio Luigi Amedeo, Duca degli Abruzzi, in Somalia, con lo scopo di realizzare una ferrovia e un villaggio, denominato Villaggio Duca degli Abruzzi.

Alla morte del padre assunse il titolo di Duca d’Aosta, e nel 1936 divenne Vicere d’Etiopia, e il 21 ottobre 1937 Governatore Generale dell’Africa Orientale Italiana.
Il 10 giugno 1940 fu nominato Comandante Superiore delle Forze Armate dell’Africa Orientale Italiana.

Nel 1941, di fronte alla travolgente avanzata degli inglesi, le poche truppe italiane rimaste al suo comando si ritirarono per organizzare l’ultima resistenza sulle montagne etiopi. Amedeo si asserragliò dal 17 aprile al 17 maggio 1941 sull’Amba Alagi con 7.000 uomini, una forza composta da carabinieri, avieri, marinai della base di Assab, 500 soldati della sanità e circa 3.000 militari delle truppe indigene. Lo schieramento italiano venne ben presto stretto d’assedio dalle forze del generale Cunningham (39.000 uomini). I soldati italiani, inferiori sia per numero che per mezzi, diedero prova di grande valore, ma, rimasti stremati dal freddo e dalla mancanza di munizioni, acqua e legna, si dovettero arrendere ai britannici. Il giorno 14 Amedeo ottenne da Mussolini l’autorizzazione alla resa. Egli autorizzò gli indigeni della sua truppa a tornare nei propri villaggi (e altrettanto autorizzò a fare ai suoi ufficiali), ma gli abbandoni non furono superiori alla quindicina di casi, testimoniando il profondo legame che si era instaurato fra lui stesso, i suoi più giovani ufficiali ed i loro ascari. I militari di Sua Maestà Britannica, non solo in omaggio del comandante nemico appartenente alla migliore nobiltà europea, ma anche in segno di ammirazione per la fermezza da loro mostrata, resero gli onori delle armi ai superstiti, facendo conservare agli ufficiali la pistola d’ordinanza.

Il Duca si avviò scendendo a passi rapidi, mentre alla sua sinistra marciava il generale inglese Maine. Su due colonne li seguivano i soldati del presidio, carichi di armi leggere, zaini, valigie di cartone legate con lo spago, chitarre e fagotti. Molti piangevano. Tutti, per ordine di Amedeo, si erano rasati la barba e tagliati i capelli. Ancora più indietro, in disordine, gli ascari superstiti dei battaglioni abissini con le donne tigrine che si erano portate lassù. Amedeo d’Aosta rese il saluto al picchetto d’onore ed alla bandiera italiana che si ammainava. Tuttavia, i britannici non rispettarono del tutto le clausole delle condizioni di resa da essi proposte e liberamente sottoscritte. Dopo la cerimonia dell’onore delle armi, infatti, i soldati italiani vennero lasciati in balìa delle truppe indigene, che li depredarono di ogni cosa. Allo stato maggiore non fu concesso di seguire il Duca come stabilito.

Trasferito, come prigioniero di guerra numero 11590 in Kenya, nel novembre 1941 cominciò ad accusare malori e nel dicembre lo colsero forti febbri. Il comando britannico permise ad Amedeo di recarsi a visitare i prigionieri italiani (sarebbe stata l’ultima sua uscita), ma gli impedirono di salutarli personalmente: il Duca ottenne solo che la sua vettura procedesse a passo d’uomo di fronte ai cancelli del campo di prigionia. Dietro i cancelli i prigionieri italiani gli tendevano le mani e lo chiamavano per nome, mentre Amedeo non si curava di asciugare le lacrime che gli rigavano il volto. Il 26 gennaio 1942 gli vennero riscontrate malaria e tubercolosi: tale diagnosi, per le condizioni in cui si trovava, significava morte certa.

Il principe Amedeo scomparve il 3 marzo 1942 nell’ospedale militare di Nairobi dove fu da ultimo ricoverato. Al suo funerale anche i generali britannici indossarono il lutto al braccio. Per sua espressa volontà è sepolto al sacrario militare italiano di Nyeri, in Kenya, insieme a 676 suoi soldati. Poiché Amedeo aveva avuto solo figlie femmine, nel titolo ducale gli succedette il fratello Aimone.

Il Duca d’Aosta aveva fama di essere un gentiluomo; prima di lasciare la sua sede di Addis Abeba scrisse una nota ai comandi britannici per ringraziarli in anticipo della futura protezione alle donne e ai bambini del luogo.

Onorificenze:
– Cavaliere dell’Ordine Supremo della Santissima Annunziata;
– Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro;
– Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Corona d’Italia;
– Cavaliere dell’Ordine Civile di Savoia;
– Cavaliere d’Onore e Devozione del Sovrano Militare Ordine di Malta;
– Ufficiale dell’Ordine Militare di Savoia;
– Medaglia d’Argento al Valor Militare;
– Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:

«Comandante superiore delle Forze Armate dell’Africa Orientale Italiana, durante undici mesi di asperrima lotta, isolato dalla Madre Patria, circondato da nemico soverchiante per mezzi e per forze, confermava la già sperimentata capacità di condottiero sagace ed eroico. Aviatore arditissimo, instancabile animatore delle proprie truppe le guidava ovunque, per terra, sul mare e nel cielo, in vittoriose offensive, in tenaci difese, impegnando rilevanti forze avversarie. Assediato nel ristretto ridotto dell’Amba Alagi, alla testa di una schiera di prodi, resisteva oltre i limiti delle umane possibilità, in un titanico sforzo che si imponeva all’ammirazione dello stesso nemico. Fedele continuatore delle tradizioni guerriere della stirpe sabauda e puro simbolo delle romane virtù dell’Italia Imperiale e Fascista. Africa Orientale Italiana, 10 giugno 1940-18 maggio 1941.»

(fonte: Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Amedeo_di_Savoia-Aosta_(1898-1942)

Nell’occasione del 75° anniversario della sua morte l’Istituto del Nastro Azzurro fra Combattenti Decorati al Valore Militare, in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon e con l’Unione Monarchica Italiana di Pescara (Club Reale Amedeo di Savoia Aosta), farà celebrare, dall’Abate Monsignor Giuseppe Natoli, una Santa Messa in memoria presso la Cattedrale di San Cetteo in Pescara, domenica 5 marzo alle ore 10.00.

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