Anteprima di “Anime nella nebbia”. Cinema polacco con “Persona non grata” ed egiziano con “Le Chaos”
SPOLTORE (PE) – Questa sera alle ore 20.30, presso il Multiplex Arca, sarà proiettata l’anteprima del film del regista bielorusso Sergei Loznitsa “Anime nella nebbia”. Da segnalare la proiezione del film “Muffa” di Ali Aydin, “No, i giorni dell’arcobaleno” di Pablo Larraìn, il cinema polacco che propone “Persona non grata” di Krzysztof Zanussi mentre quello egiziano “Le Chaos” di Youssef Chahine. Altri interessanti appuntamenti sono con la proiezione dell’opera di Franco Zaffirelli “Aida – Teatro della Scala di Milano”, “Il camorrista” per la personale dedicata a Giuseppe Tornatore e la replica di “Benur – Un gladiatore in affitto” (ingresso libero) di Massimo Andrei.
Si comincia in Sala 5 con la proiezione alle ore 18.30 di “Muffa” di Ali Aydin: Basri, un uomo sulla sessantina che si guadagna da vivere facendo il guardiano delle ferrovie, da diciotto anni invia lettere alle autorità al fine di avere notizie del figlio, scomparso dopo un arresto per aver espresso opinioni politiche avverse al governo turco.
Segretamente malato di epilessia e al di fuori di ogni legame sociale, aspetta una risposta che, una volta arrivata, lo renderà ancora più solo. Basri abita da solo in un villaggio di montagna da cui s’incammina ogni mattina per percorrere molti chilometri – a piedi – su quei binari ferroviari di cui è guardiano, attraversando una terra che fa eco al suo stesso silenzio. L’unico motivo di confronto con il reale è l’enorme vuoto causato dalla scomparsa del figlio (cui ha fatto seguito anche la morte della moglie), per cui incontra periodicamente funzionari di polizia che, negli anni, lo hanno interrogato, torturato e messo in isolamento. Nel faccia a faccia con Murat, ennesimo poliziotto cui si rapporta, trova però un legame diverso, quasi una possibilità di dialogo; nella scelta del lungo piano sequenza in cui i due personaggi tentano di interloquire l’uno seduto di fronte all’altro, ma sempre divisi da un tavolo e dai propri ruoli, affiora il vero senso del lavoro, per cui l’intento di denuncia è tutt’uno con l’urgenza di indagare gli animi degli uomini in scena. Partendo dalle storie vere dei desaparecidos kurdi in Turchia dei primi anni Novanta, si fa riferimento ai molti casi di persone arrestate e fatte sparire dall’esercito turco per aver espresso idee diverse da quelle di un apparato di estrema destra, Aydin porta avanti con rigore e compattezza stilistica un’indagine sulla coscienza umana e le sue afflizioni, capace di colpire senza mai indulgere alla commozione. Il titolo del film rimanda propriamente ad una marcescenza, ad una muffa capace di rendere l’aria irrespirabile, che non è mai solo sfondo, ma parte sostanziale di un esordio registico segnato da non comuni capacità di racconto. Premio Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima (Luigi de Laurentiis) alla 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Alle ore 20.30, sarà la volta dell’anteprima con ingresso ad inviti di “Anime nella nebbia”, film del regista bielorusso Sergei Loznitsa: Unione Sovietica. Bielorussia 1942. La regione è sotto il controllo dei tedeschi e la resistenza partigiana cerca di reagire. Un treno viene fatto deragliare non lontano dal villaggio in cui vive Sushenya, che lavora al controllo dei binari. Lui e i compagni, che aveva cercato di dissuadere da un atto le cui conseguenze avrebbero potuto ricadere sulla popolazione, vengono arrestati. Sushenya è il solo a salvarsi dall’impiccagione. Nell’ambito dei resistenti si diffonde rapidamente la voce di un tradimento da parte del giovane. Quale altra ragione ci potrebbe essere per il fatto che sia stato risparmiato? I compagni Burov e Voitik vengono mandati a prelevarlo dinanzi a moglie figlio. La sua sorte sembra segnata ma uno dei due viene ferito in modo grave e la situazione sembra essere in attesa di una svolta. C’era una volta il cinema dell’URSS che cantava incessantemente le glorie della resistenza all’invasore nazista. Pochi osavano narrare episodi che, anche solo minimamente, potessero intaccare l’immagine voluta dalla retorica di regime (che peraltro aveva dalla sua i 23 milioni di morti). Ci potevano provare solo i pochi autori pronti a subire l’emarginazione come Andrei Tarkovskij che con L’infanzia di Ivan cantò fuori dal coro denunciando l’irrazionalità di ogni guerra. Oggi il mercato della CSI sembra solo apparentemente più libero mentre è la censura di mercato a dominare il territorio. Quindi, ora come allora, sono necessarie delle voci libere per poter portare sullo schermo la guerra senza profondersi in sparatorie ma anzi evitandole ogni volta che ciò è possibile. Il compito se lo è assunto Sergei Loznitsa che ha adattato un libro di Vasily Bykov traducendolo in un film che supera la durata delle due ore ma che viene portato sullo schermo con soli 72 tagli di montaggio. Non è un film facile Anime nella nebbia ma riesce a far ‘sentire’ allo spettatore il crescere della spirale di un sospetto che ha attraversato sempre (anche se spesso accuratamente occultato) i movimenti resistenziali. Perché, messi nelle stesse condizioni, alcuni si salvano e altri soccombono? Quale sarà stata la loro attività di delazione e quanto sarà stata determinante per la loro sopravvivenza? Il regista riesce anche ad andare oltre questo assunto primario. Con il peregrinare nella foresta dei suoi protagonisti, alternato alla presentazione di flashback in cui operano collaborazionisti, offre un’ulteriore chiave di lettura ad un periodo storico in cui fa agire personaggi silenziosamente tormentati.
Alle ore 23.00 “No, i giorni dell’arcobaleno” di Pablo Larraìn: E’ il 1988 ed il dittatore cileno Augusto Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionali e a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenuto grazie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato da Salvador Allende). Per la prima volta da anni anche i partiti di opposizione hanno accesso quotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti. Pur nella convinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del NO si mobilita e affida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra. Pablo Larrain affronta in modo diretto una delle svolte nodali della storia cilena recente. Attua la scelta radicale di utilizzare una telecamera dell’epoca ed offre al film una dimensione del tutto insolita. Il passaggio dal materiale di repertorio (dichiarazioni di Pinochet dell’epoca) alla ricostruzione cinematografica diviene così inavvertibile. Tutto ciò all’interno di una ricostruzione che mostra, attraverso il personaggio di Saavedra, come la repressione fosse stata forte e come il regime fosse convinto che fosse sufficiente accusare qualsiasi avversario di ‘comunismo’ per poter vincere. Non manca però anche di sottolineare come tra i sostenitori del NO non fossero pochi quelli che non avevano compreso quanto fosse indispensabile impostare una campagna di comunicazione che andasse oltre la riproposizione delle pur gravissime colpe del dittatore per approdare a una proposta che parlasse di vita, di gioia, di speranza nel futuro e non di morte. Il personaggio impersonato con grande understatement da Gael Garcia Bernal si trova a muoversi consapevole, inoltre, della difficoltà di contribuire alla riuscita di un fondamentale cambiamento del proprio Paese partendo dalle proprie basi di eccellente imbonitore. Pronto, una volta ottenuto l’esito sperato, a tornare a promuovere telenovelas.
In sala 4, alle ore 17.30 sarà proiettato “Il camorrista” per la personale dedicata a Giuseppe Tornatore: irresistibile ascesa del “professore di Vesuviano” che in carcere si fa una cultura, diventa il capo della “camorra riformata”, tratta alla pari con politici, servizi segreti, affaristi americani e terroristi. Prodotto da Reteitalia (Fininvest) e Titanus al costo di 4 miliardi (con un’edizione TV di 5 ore che non andò mai in onda), tratto da un romanzo di Giuseppe Marrazzo, ispirato alle imprese di Raffaele Cutolo e sceneggiato dall’esordiente G. Tornatore con M. De Rita, è un affresco di sangue, violenza e abominio. In bilico tra cinema americano d’azione e la sceneggiata napoletana, il 30enne regista governa la materia narrativa con ritmo sostenuto, capacità di sintesi, cruenti colpi di scena. È un melodramma nero con trasparenti allusioni al caso Cirillo. Ottimo Gazzara di malefica grandezza tra una colorita galleria di personaggi minori. Fu ritirato nel 1986 dopo 2 mesi di distribuzione e querelato.
Alle ore 20.30 replica di “Benur – Un gladiatore in affitto” (ingresso libero) film di Massimo Andrei, adattamento cinematografico dello spettacolo teatrale Ben Hur.
Alle ore 22.45, cinema polacco di Krzysztof Zanussi con “Persona non grata”: a quando è morta la sua Helena, compagna di una vita, Wiktor non riesce più a conformarsi ai rigidi canoni dell’ambasciata di Polonia in Uruguay, cui egli stesso è a capo. L’ambasciatore, che ha creduto in Solidarnosc e nei suoi valori, è ora spiazzato dal trionfo delle “non regole” della società succeduta alla caduta del regime comunista. Ogni certezza e speranza sembrano essere crollate. Anche quella personale sul rapporto coniugale che sembrerebbe essere stato incrinato con una relazione con un diplomatico russo ora salito a livelli dirigenziali. Progressivamente Witia scopre che la realtà è stata ed è più complessa di quanto lui non abbia ipotizzato. Solo allora può trovare una libertà vera. Zanussi è sempre stato un anticomunista integrale (avendo vissuto sulla sua pelle l’oppressione anche culturale) e un cattolico non relativista. Questo non gli ha impedito di condannare (come d’altronde Giovanni Paolo II non aveva mai smesso di indicare) l’ateismo connaturato anche all’adorazione del denaro e del profitto priva di qualsiasi regola morale. Ce lo conferma in questo film recitato da un terzetto di grandi attori in cui gli ideali caduti (e delle “trasgressioni” come l’eutanasia sull’amato cane e la cremazione della moglie) non spingono al nichilismo ma rafforzano un discorso di fede che si fa ancora più forte. Una battuta del dialogo resta, in particolare nella memoria (in un film che ha peraltro il tema religioso solo come sottotesto). L’amico russo dice a Witia: “Voi cattolici credete in Dio soprattutto con la testa. Noi ortodossi con tutto tranne che con il cervello”. Meditiamo.
In sala 3 si parte alle ore 17.30 con “Le Chaos” film del cinema egiziano di Youssef Chahine: a Choubra, un cosmopolita quartiere del Cairo, regna Hatem. Poliziotto corrotto detta legge in maniera brutale e assoluta. Fino a quando non entra in azione il giovane procuratore Cherif di cui è innamorata (inizialmente non ricambiata) la giovane e timida Nour. La ragazza è oggetto delle voglie di Hatem il quale farà di tutto per poterla possedere anche se nel frattempo non dimentica di torturare in celle segrete quanti osano ribellarsi al potere. Leggiamo nelle note di regia:”Nel film cerco di mettere il dito sul destino dei miei connazionali, che hanno così poco da dire sugli affari del Paese. Privi di quasi tutto, educazione, mezzi di comunicazione, soffrono di una pesante repressione imposta dal potere. Certe dimostrazioni somigliano a piccole guerre dove alcuni dimostranti fronteggiano quattro o cinquemila celerini locali. Basta osservare la miseria nella quale vivono la maggior parte delle famiglie per realizzare che in tutte le autocrazie è il popolo che paga il prezzo più elevato”. Parole sottoscrivibili una per una. Peccato però che il Maestro Chahine (perché trattasi sicuramente di un Maestro del cinema egiziano) scelga, per raccontare tutto ciò, non la cifra stilistica di un Rosi o di un Costa-Gavras (solo per citare due degli innumerevoli esempi di cinema di denuncia) ma quella di un film bollywoodiano di basso livello. Qualcuno verrà a spiegarci con grande raffinatezza che non abbiamo capito nulla e che trattasi di preziosa ironia esercitata su un genere popolare. Anche se fosse così chi scrive ritiene che eventuali esercizi di stile possano essere sviluppati legittimamente ma senza ammantarsi delle pretese sociologiche di cui sopra. Le docce alla Gloria Guida, le smorfie alla Banfi di annata, le gag di Pippo Franco (e potremmo continuare a citare) mal si conciliano con la denuncia delle sofferenze della gente umile.
Infine alle ore 20.30 sarà proiettato per il ciclo “Le arti dello spettacolo”, l’opera di Franco Zaffirelli “Aida – Teatro della Scala di Milano”: opera in quattro atti di Giuseppe Verdi, Aida (Violeta Urmana), figlia del Re di Etiopia (Marco Spotti), vive a Menfi, come schiava, dopo esser stata catturata durante una spedizione militare degli Egizi, che tuttavia ne ignorano la vera identità. Suo padre organizza un’incursione in Egitto per liberarla dalla prigionia, ma sin dalla cattura Aida è però Amneris (Ildiko Komlosi), la figlia del Re d’Egitto.