PESCARA – Domani, mercoledì 8 luglio il Flaiano Film Festival al Multiplex Arca presenta in Sala 5 alle ore 18,00 “Pelo Malo” di Mariana Rondon in versione originale sottotitolata: Junior ha nove anni, un fratellino e una madre vedova con cui vive una relazione conflittuale nella periferia di Caracas. Disoccupata e alla disperata ricerca di un lavoro, Marta adora il figlio minore ed è ostile al maggiore, che pensa addirittura di ‘affidare’ alla suocera. Junior però non si arrende e insegue ostinato il suo desiderio di farsi amare e accettare da quella madre che non tollera la sua passione per la musica pop e la sua fissazione per i capelli lisci. Riccio e scapigliato, Junior vorrebbe stirarsi i capelli e vestirsi da cantante per fare bella figura nella foto scolastica. Frustrato dall’animosità della donna, frequenta una vicina di casa di pochi anni e grandi sogni e Mario, il ragazzo dei fiammiferi dai grandi occhi neri. Creduto per questo omosessuale, Junior cederà all’abuso (di potere) della madre, rinunciando in un gesto solo alla sua individualità.
Alle ore 20.30 è la volta di “Gemma Bovery” di Anne Fontaine: da sette anni Martin Joubert ha lasciato Parigi per la provincia dove è convinto di aver trovato equilibrio e tranquillità. Panettiere nella panetteria paterna, Martin ha una grande passione per la letteratura, Gustave Flaubert su tutti. Sereno fino alla noia, Martin impasta e ascolta France Culture, che ‘legge’ “Madame Bovary”, il suo romanzo preferito. Tra il pane sfornato e una pagina sfogliata, il panettiere bobo ancora non sa che la vita può avere più fantasia della finzione. Di fatto, una coppia di inglesi si trasferisce in Normandia nella casa adiacente alla sua, lei si chiama Gemma Bovery, lui Charles Bovery. Sorpreso ed eccitato da quella coincidenza, Martin diventa assiduo frequentatore dei coniugi, ma soprattutto fanatico ammiratore di Gemma che, bella e insoddisfatta, incarna l’eroina dei suoi sogni. Deciso a sapere di più di quella creatura precipitata dalle pagine di Flaubert, Martin ne spierà ogni respiro, disponendone il destino.
Alle ore 22,45 è di scena “Pasolini” di Abel Ferrara: alla maniera di “Petrolio”, romanzo incompiuto di Pierpaolo Pasolini, Pasolini è un film che non si può raccontare, perché nulla si svolge al suo interno eppure accade in continuazione qualcosa. L’impossibilità di narrazione non appartiene al film ma ad Abel Ferrara, che ‘ammette’ l’incapacità di restituire il vissuto del poeta. Perché ci sono cose, come sosteneva Pasolini e sostiene il suo doppio sullo schermo, che si vivono solo attraverso il corpo. Per quanto ci accaniamo a ricostruirle, immaginarle o interpretarle non sono più le stesse vissute attraverso un altro corpo. Ferrara denuncia subito lo scarto, la distanza che lo separa dal corpo reale del poeta friulano ed espone con pudore la difficoltà che ha incontrato. Un pudore commovente che dice bene del mistero, del mistero che è morto con Pasolini, di una continuità che si è interrotta con la sua morte. Se è vero che solo Pasolini poteva significare se stesso, nondimeno il regista lo mette in scena in un atto unico, aperto ai sensi e scaraventato dentro alla memoria e alle sue visioni personali. Lo afferra a intermittenza nei tratti spigolosi di Willem Dafoe e ricorrendo a frammenti, a visioni parziali del suo corpo nel teatro del delitto, alla sovraimpressione, alle immagini che non esistono mai isolate ma sempre in rapporto con le altre. Non immagini uniche ma dipendenti in cui si muovono i testimoni, i ‘partecipanti’ indispensabili a rendere leggibile il poeta.
In Sala 4 alle ore 18,00 sarà proiettato “Striplife-Gaza in a Day” di autori vari.
Alle ore 20,30 omaggio a Francesco Rosi con “Salvatore Giuliano” in versione restaurata: Luglio 1950, a Castelvetrano, viene ritrovato il corpo senza vita di Salvatore Giuliano che, cinque anni prima, era entrato a far parte dell’esercito separatista, un movimento indipendentista mosso dal risentimento verso un potere centrale da sempre disinteressato ai problemi della Sicilia. Avanti e indietro nel tempo, passando per la strage di Portella della Ginestra, quando i banditi spararono sulla folla riunita per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni regionali, fino all’arresto di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano, e al conseguente processo di Viterbo.
Lo scrupolo per la verità in sé, oggetto quasi alieno, chimerico, inavvicinabile, ha portato Francesco Rosi ad una modalità di racconto in cui gli elementi noti di una vicenda nodale della storia d’Italia sono esposti senza enfatizzazioni o forzature narrative. Quasi lo spettatore si trovasse a sfogliare un faldone prodotto da una commissione antimafia o immerso nella lettura di un articolo redatto dal giornalista più scrupoloso e capace in circolazione. Il come un film-inchiesta realizzato con tali premesse possa risultare tanto avvincente è legato ad una modernità espressiva che ha pochi uguali nel cinema degli anni Sessanta. Al massimo delle sue potenzialità artistiche, il regista napoletano mette a punto una sceneggiatura dove il thriller, il documento e la ricostruzione si mescolano in maniera perfetta grazie ad un geniale gioco di flashback. Il tono evocativo con cui si mette in scena il passato, il filtro da servizio fotografico usato per il ritrovamento del corpo, l’ottica cronachistico-televisiva del processo di Viterbo risultano fusi in una struttura saldissima che non ha bisogno né di un intreccio né di un personaggio.
Alle ore 22,45 “Rivoluzione digitale” di Christopher Kenneally: Danny Boyle, James Cameron, Christopher Nolan, Robert Rodriguez, David Fincher, Joel Schumacher, Martin Scorsese, Steven Soderbergh, Lars Von Trier, George Lucas, David Lynch, Vittorio Storaro. Questi sono solo alcuni dei nomi (i più famosi) tra coloro i quali hanno risposto alle domande di Keanu Reeves, coproduttore di questo documentario grazie al quale si cerca di rendere più chiara e accessibile al grande pubblico la fase di epocale passaggio che il cinema sta vivendo. La rivoluzione digitale che implica la progressiva (e ormai veloce) scomparsa della pellicola, in favore di una tecnologia sempre più innovativa, suscita (e continuerà a suscitare) le reazioni più diverse.
Ci sono documentari che si limitano ad illustrare prese di posizione e punti di vista differenti su un argomento. Questo, diretto da Christopher Kenneally, si presenta come una molteplicità di storie d’amore che hanno come partner la stessa figura al femminile: la pellicola. C’è chi non riesce a staccarsene perché la trova insostituibile e spera che l’avvento del digitale su così vasta scala non ne decreti la scomparsa definitiva. C’è chi è in una posizione di incertezza: l’ama ancora ma sarebbe anche disposto a separarsene per andare in cerca di nuove ed entusiasmanti avventure. C’è poi chi non vedeva l’ora di rompere la relazione ed ora si sente davvero libero.
In Sala 3 alle ore 18,00 “Sciarada” di Stanley Donen.
Alle ore 20,15 omaggio ad Hitchcock con “Intrigo internazionale”: Roger Thornhill è un pubblicitario newyorkese risoluto e dalla battuta pronta. In un giorno qualunque della sua vita frenetica, per un equivoco viene scambiato per un certo George Kaplan da due uomini che lo sequestrano e lo conducono in una villa fuori città. Là Thornhill viene minacciato da un uomo al quale cerca di spiegare con insofferenza la propria estraneità dalle accuse. Interpretando il suo atteggiamento come una risoluta mancanza di collaborazione, il rapitore lo costringe ad ubriacarsi e lo mette alla guida di una macchina cercando di simularne un incidente. Thornhill riesce tuttavia a destreggiarsi fra gli stretti tornanti della strada e guida ubriaco in piena notte finché non viene fermato dalla polizia. Quando riprende i sensi e racconta la sua storia, nessuno pare disposto a credergli e, tornato nella villa dove era stato condotto la sera precedente, trova una donna che sostiene di conoscerlo e giura di averlo visto bere durante un cocktail. Sfiduciato dalla polizia, dal suo avvocato e da sua madre, Thornhill non pare disposto a lasciar perdere e inizia un’indagine per trovare il vero George Kaplan e far luce sulla vicenda.
Alle ore 22,45 infine in versione originale sottotitolata “Era meglio domani” di Hinde Boujemaa: Tunisia 2011. Aida cerca un tetto per se stessa e per il figlio maggiore Faouzi, e lo fa anche per riprendersi i figli più piccoli, che ha dovuto affidare ad un’associazione perché incapace di occuparsene. Non fa caso agli eventi storici che le scorrono intorno, se non per approfittare del caos cittadino e provare ad occupare la casa lasciata sfitta da qualche straniero, o per limitarsi a sperare che la rivoluzioni cambi la vita della gente e la sua in particolare. Eppure Aida e la Tunisia hanno una cosa in comune: entrambe devono ricominciare da capo, dimostrare agli scettici di essere affidabili, di sapersi gestire. Per entrambe, però, il peso del passato è una zavorra e l’esito della rivoluzione un’incertezza che assume ogni giorno facce diverse.
L'Opinionista © 2008 - 2024 - Abruzzonews supplemento a L'Opinionista Giornale Online
reg. tribunale Pescara n.08/2008 - iscrizione al ROC n°17982 - P.iva 01873660680
Informazione Abruzzo: chi siamo, contatta la Redazione, pubblicità, archivio notizie, privacy e policy cookie
SOCIAL: Facebook - Twitter