Flaiano a tutto musical con ‘Into the woods’ e ‘Grease’; l’ultimo concerto di Fabrizio de Andrè tra le altre proposte
PESCARA – Programma a tutta musica quello di domenica 5 luglio per il Flaiano Film Festival al Multiplex Arca.
In Sala 5 alle ore 20,15 Meryl Streep è la protagonista del musical “Into the Woods” di Rob Marshall: in un regno lontano e ai margini di un bosco c’è un piccolo villaggio, dove tutti desiderano qualcosa che cambi la loro vita per sempre: Cenerentola sogna il ballo a corte, Jack una mucca che dia latte, Baker e consorte un bambino da allevare. Rassegnati a giorni sempre uguali, sarà la magia a esaudirli. Incarnata negli stracci di una vecchia strega astiosa, che ha perso da troppo tempo la bellezza dello spirito e del sembiante, la magia interviene a muovere e a cambiare i destini ordinari dei desideranti. Per ottenere quello che ha perduto la strega ha bisogno di una scarpetta d’oro, un capello color del grano, un mantello rosso e una mucca bianca. In cambio di un figlio i Baker, che scoprono la ‘sterilità’ opera di un sortilegio della strega, si mettono a caccia dei preziosi oggetti e infilano la strada del bosco, dove incroceranno le storie di Cenerentola in fuga dal principe, di Raperonzolo che vorrebbe fuggire col suo principe, di Cappuccetto Rosso ingollato dal lupo e di Jack arrampicato su un enorme pianta di fagioli. “I sogni son desideri di felicità” certo ma qualche volta bisogna stare attenti a quello che si desidera e a quanto lo si desidera. Parola di James Lapine e Stephen Sondheim che nel 1987 scrivono e mettono in note “Into the Woods”, un musical che combina quattro favole celebri (Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo, Jack e la pianta di fagioli) con i capricci di una strega senza bellezza e le speranze di una coppia di fornai senza figli.
Alle ore 18,00 cinema ragazzi con “I guardiani della galassia” di James Gunn: il giorno in cui sua madre muore, il piccolo Peter Quill viene misteriosamente risucchiato nello spazio. Yondu, un umanoide dalla pelle blu, non lo consegna a chi di dovere e lo alleva insieme alla sua squadra di fuorilegge noti come Ravager. Ventisei anni dopo, nel 2014, Peter è un audace avventuriero dello spazio che si fa chiamare Spacelord e va a zonzo su una nave lercia, dove ascolta sempre e soltanto la musicassetta che aveva con sé quel fatidico giorno del 1988. Entrato per caso in possesso di una sfera misteriosa, Quill scopre che il feroce Ronan è determinato ad averla per distruggere il pianeta Xandar e molto probabilmente non solo quello. Per sventare il piano apocalittico di Ronan, Peter si allea quindi con una squadra di ricercati come lui: il procione Rocket, mago della meccanica, il suo amico Groot, una creatura dalle sembianze d’albero, la bella e dannata Gamora e il grosso Drax, assetato di vendetta.
Alle ore 22,45 “Forza maggiore” di Ruben Ostlund: Tomas e Ebba sono i genitori di Vera e Harry. Tomas lavora molto, dunque questa vacanza sulle Alpi, hotel di lusso e giornate dedicate allo scii tutti insieme, parte con grandi aspettative. Ma accade un imprevisto. Mentre siedono per pranzo ai tavoli all’aperto di un ristorante panoramico, una valanga si dirige a grande velocità verso di loro e pare destinata a travolgerli. L’istinto di Tomas è quello di mettersi in salvo il più in fretta possibile, l’istinto di Ebba è quello di proteggere i figli ed eventualmente morire con loro. La valanga si arresta prima e i quattro rientrano sani e salvi. Ma qualcosa nella coppia si è incrinato ed è una crepa che è destinata ad aprirsi sempre di più. Basta questo breve resoconto dell’incipit del film per capire che siamo in presenza di un’ottima idea, che il regista svedese, già autore del notevole Play, sa sfruttare al meglio. Colpito dai risultati di una serie di ricerche che osservavano un incremento dei divorzi nelle coppie sopravvissute ad un’esperienza fortemente drammatica (un dirottamento o uno tsunami, per esempio), Ostlund raccoglie la suggestione e la trasforma in cinema, innescando un parallelismo tra il percorso inarrestabile di un’emozione e quello del tutto simile di una slavina.
In sala 4 alle ore 18,00 concorso italiano con “Vergine giurata” di Laura Bispuri: Hana, orfana albanese, viene accolta in casa da Gjergi, un montanaro con moglie e una figlia più o meno dell’età della ragazza, Lila. Ma la cultura arcaica che abita quelle regioni, seguendo il severo codice del Kanun, mortifica e reprime il femminile, e Hana si ritrova a compiere una scelta drastica: diventare una vergine giurata, ovvero giurare verginità eterna e assumere un’identità maschile. Da quel momento sarà Mark e condurrà la sua vita come un uomo, ovvero con maggiore autodeterminazione, ma al prezzo di un rifiuto radicale della propria femminilità. Molti anni dopo Mark si reca in Italia, dove ritrova Lila. Nessuno sa il perché della sua venuta, ma a poco a poco, in contatto con una cultura più aperta, Mark ritroverà in sé le tracce di Hana. Vergine giurata, lungometraggio d’esordio di Laura Bispuri, già David di Donatello per Passing Time e Nastro d’Argento per Biondina, esplora il tema dell’identità, non solo di genere, attraverso immagini essenziali, e allo stesso tempo rigogliose: i corpi sono descritti da vicino con un’intimità fisica quasi disturbante – carne, macchie, muscoli, pieghe della pelle. La regia di Bispuri ha una qualità ipnotica, soprattutto durante le sequenze acquatiche che stanno diventando un suo “marchio di fabbrica”. I dialoghi sono ridotti all’osso, ma la storia è resa esplicita dalla limpidezza della narrazione e dalla recitazione intensa e rigorosa di Alba Rohrwacher, interprete di una femminilità di confine priva di vanità, ma non di sensualità segreta.
Alle ore 20,30 replica di “L’estate sta finendo” di Stefano Tummolini.
Alle ore 22,45 sarà proiettato “The Look of Silence” di Joshua Oppenheimer: alla fine degli anni ’60 in Indonesia, a seguito dell’instaurazione di una dittatura, una terribile ondata di repressione contro chiunque fosse sospettato di comunismo (o in generale di essere un oppositore del sistema) ha portato ad efferati omicidi perpetrati da tutti i livelli della scala gerarchica militare. Questi omicidi negli anni non sono mai stati condannati ufficialmente e chi li ha commessi è ancora al potere. Oggi il fratello di una delle vittime gira con una troupe cinematografica per andare a parlare con i responsabili e cercare di ottenere da loro non vendetta, ma anche solo un’ombra di pentimento e assunzione di responsabilità.
In Sala 3 alle ore 18,00 ancora musica con l’intramontabile “Grease” di Randal Kleiser: Danny ha trascorso una vacanza estiva romantica con la bionda e dolce Sandy. La ragazza però è ripartita per l’Australia o, almeno, così avrebbe dovuto essere. Invece Danny la ritrova nella sua scuola media superiore. Sandy è rimasta negli States, ma Danny ha una fama da sciupa femmine da difendere e quindi quando la incontra deve fingere disinteresse. Ha inizio così un tira e molla tra i due attorno al quale si sviluppano altre vicende amorose. Prima fra tutte quella di Betty Rizzo, leader incontrastata delle Pink che, a sua volta si è costruita un’immagine spregiudicata ma che, come tutte, sogna l’amore che duri. Correva l’anno 1978 e John Travolta usciva dal successo planetario di La febbre del sabato sera. Grease costituì la conferma di una nuova star proveniente dal pianeta Hollywood.
Alle ore 20,30 é di scena l’indimenticabile Fabrizio De Andrè protagonista di “Faber in Sardegna & L’ultimo concerto” di Fabrizio De Andrè e G. Cabiddu: A fine anni ’60, con l’idea di abbandonare le scene e intraprendere un’attività agricola e di allevamento, Fabrizio De André decise di trasferirsi in Gallura insieme alla compagna Dori Ghezzi. Acquistò la tenuta dell’Agnata, località a pochi chilometri da Tempio Pausania (Olbia Tempio), dove nascerà la figlia Luvi (nel ’77) e la famiglia si insedierà nel 1978. L’anno successivo la Ghezzi e De André furono sequestrati a scopo di estorsione dall’anonima sarda e rilasciati dopo quattro mesi. Com’è noto l’esperienza darà vita all’album senza titolo, ma noto come L’indiano (1981), scritto con Massimo Bubola, in cui il cantautore ritorna attraverso metafore su quell’episodio tracciando un parallelo tra i locali e i nativi americani.
Alle ore 22,45 infine “Un uomo da marciapiede” di John Schlesinger in versione restaurata: uno dei migliori film americani degli anni Sessanta, diretto dall’inglese in trasferta John Schlesinger. Protagonista è un biondo e atletico texano piovuto nella grande città con l’intenzione di far carriera come gigolò per le signore abbienti. Ma è uno sprovveduto che colleziona solo fiaschi. Ridotto quasi all’accattonaggio, stringe amicizia con un barbone zoppetto. I due decideranno di andarsene dalla grande città per raggiungere la calda e accogliente Florida…