Pedro Almodovar grande protagonista con il suo ultimo film “Julieta”
PESCARA – Domani 25 giugno al 43° Flaiano Film Festival grande portagonista sarà Pedro Almodovar con il suo ultimo film, “Julieta” che sarà proiettato nella Sala 5 del Multiplex Arca alle ore 20,45: Julieta ha deciso di lasciare la Spagna per il Portogallo, dove si trasferisce l’uomo che ama. Sgombra la casa e ingombra i cartoni di cose e ricordi, tracce forti di un passato che riemerge implacabile.
L’incontro casuale con Beatriz, amica d’infanzia di sua figlia, la convince a restare a Madrid. Quella riunione è un segno, quello che aspetta da tredici anni, il tempo che la separa da Antía. Figliola prodiga partita per sempre, Antía ha fatto perdere ogni traccia di sé a quella madre senza colpa che incolpa. Julieta attende come Penelope appesa a un filo e a un diario che svolge la sua storia. Poi il destino le consegna una lettera. Qualcosa è cambiato nel cinema di Pedro Almodóvar.
Niente pastiche hollywoodiano, nessuna effusione narrativa o profusione di personaggi, intrighi, situazioni, segreti rivelati, Julieta è un film secco, semplice, essenziale. In Julieta non c’è che la vita, nuda e cruda. Con la finzione e la sua messa in scena Almodóvar fa i conti nel prologo e in un primo piano su un tessuto rosso che evoca il drappo di un sipario. Ma l’illusione dura un attimo e quello che sembrava panno pesante si rivela stoffa leggera su un cuore che batte. Il cuore è quello di Julieta che aspetta, aspetta da tutta la vita che sua figlia ritorni come Ulisse. Ispirato a tre racconti di Alice Munro, già Premio Flaiano nel 2008.
Sempre in Sala 5 alle ore 18,30 sarà presentato “S is for Stanley” di Alex Infascelli: nel 2008 il regista Alex Infascelli incontra Christiane Kubrick, moglie del celeberrimo Stanley per un’intervista legata a uno speciale televisivo. In quell’occasione apprende da lei che per tre decenni il factotum del marito è stato Emilio D’Alessandro, un italiano emigrato a Londra nel 1960, a 18 anni, e tornato definitivamente nella natìa Cassino solo nel ’99, anno della morte dell’autore di Shining. Infascelli approfondisce la ricerca attraverso Stanley Kubrick e me (Il Saggiatore, 2012, in seguito anche blog), il libro scritto dallo stesso D’Alessandro insieme a Filippo Ulivieri, fiero conservatore dell’opera kubrickiana e co-sceneggiatore del documentario. E da ammiratore del genio del regista, imbastisce un film-intervista in cui Emilio mette a disposizione le innumerevoli tracce di una collaborazione prestigiosa e ammantata di mistero: foto, biglietti personali, oggetti di scena. La sorpresa, nell’avvicinarsi così tanto a tali frammenti di immaginario, è che il dato tecnico passa in secondo piano, o meglio si mette a servizio di quello umano.
Alle ore 22,45 “Dio esiste e vive a Bruxelles” di Jaco Van Dormael: Dio esiste e vive a Bruxelles con una moglie timorosa e una figlia ribelle. Il figlio, più celebre di lui, è fuggito molti anni prima per conoscere gli uomini più da vicino, morire per loro e lasciare testimonianza e testamento ai suoi dodici apostoli. Egoista e bisbetico, Dio governa il mondo da un personal computer facendo letteralmente il bello e il cattivo tempo sugli uomini. Ostacolato da Ea, decisa a seguire le orme del fratello e a fuggire il ‘suo regno’, la bambina si ‘confronta’ con JC (Jesus Christ) ed evade dall’oblò della lavatrice. Espulsa dentro una lavanderia self-service infila la via del mondo, recluta sei apostoli e si prepara a combattere l’ira di Dio, a cui ha manomesso il computer e di cui ha denunciato il sadismo, spedendo agli uomini via sms la data del loro decesso.
La programmazione della Sala 4 prevede alle ore 19,00 per il concorso italiano “Per amor vostro” di Giuseppe M. Gaudino con Valeria Golino: Anna è stata una bambina spavalda e coraggiosa. Oggi è una donna che vive nella sua Napoli e che da vent’anni ha smesso di vedere quel che davvero accade nella sua famiglia, preferendo non prendere posizione, sospesa tra Bene e Male. Per amore dei tre figli e della famiglia, ha lasciato che la sua vita si spegnesse, lentamente. Fino a convincersi di essere una “cosa da niente”. La sua vita è così grigia che non vede più i colori, benché sul lavoro – fa la “suggeritrice” in uno studio televisivo – sia apprezzata e amata, e questo la riempia di orgoglio. Anna ha doti innate nell’aiutare gli altri, ma non le adopera per se stessa.
Non trova mai le parole né l’occasione per darsi aiuto. Giuseppe M. Gaudino realizza con Per amor vostro il suo film più ambizioso perché la ‘storia’ che racconta si vuole allargare a uno sguardo che coinvolga non solo coloro che agiscono al suo interno, ma si applichi alla complessa città in cui si dipana, alla sua storia, alla sua cultura ancestrale. Perché Anna, con le sue incertezze e la sua caparbietà, la sua incommensurabile generosità e il suo bisogno di essere compresa e di avere qualcosa che sia solo per sé è in fondo la summa della coscienza profonda della città che attraversa con il suo passo nervoso e una vita in bianco e nero pronta a colorarsi nei momenti topici in cui la sua anima si sente più fragile.
Alle ore 21,30 infine “Veloce come il vento” di Matteo Rovere con Stefano Accorsi e la giovanissima e brava Matilda De Angelis: Giulia De Martino vive in una cascina nella campagna dell’Emilia Romagna con il fratellino Nico. Sua madre se ne è andata (più volte) di casa e suo fratello maggiore Loris, una leggenda dell’automobilismo da rally, è diventato un “tossico di merda” parcheggiato in una roulotte. Quando anche il padre di Giulia, che aveva scommesso su di lei come futura campionessa di Gran Turismo usando come collaterale la cascina, la lascia sola, Giulia si trova a gestire lo sfratto incipiente, il fratellino spaesato e il fratellone avido dell’eredità paterna.
Ma la vera eredità dei De Martino è quella benzina che scorre loro nelle vene insieme al sangue e quel talento di famiglia, ostinato e rabbioso, per le quattro ruote. Matilda De Angelis, al suo esodio cinematografico, è perfetta nei panni di una 17enne che ha il motore nel dna, ma anche responsabilità adulte e piedi ben piantati per terra. Il suo sguardo sotto il casco mescola terrore e adrenalina, il suo corpo acerbo comunica fragilità e determinazione. La sua recitazione sobria e autentica, che ben si sposa con quella di Grazioli e del piccolo Giulio Pugnaghi nei panni di Nico, fa da contraltare e da contenitore a quella sopra le righe di Stefano Accorsi, che sulle prime pare gigioneria e invece conquista gradualmente dignità e carisma, per diventare la brillante caratterizzazione di un uomo in equilibrio su un crinale scosceso, un perdente glorioso degno di quell’universo epico e spaccone che è il mondo delle corse, siano esse su circuito di Formula Uno o su strada sterrata.