PESCARA – Si è svolta ieri,in piazza Garibaldi, a Pescara la Cerimonia di celebrazione della Festa della Repubblica.Presenti, tra gli altri, il sindaco Albore Mascia,il Presidente della Provincia di Pescara Guerino Testa, il Prefetto Vincenzo D’Antuono, il vicesindaco Berardino Fiorilli, gli assessori comunali Nicola Ricotta e Massimo Filippello, il consigliere regionale Alessandra Petri, i consiglieri comunali Armando Foschi e Vincenzo D’Incecco, l’onorevole Vittoria D’Incecco, oltre alle Autorità Militari, con i rappresentanti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, e centinaia di cittadini, tra cui gli studenti del Liceo classico ‘d’Annunzio’ con la dirigente Luciana Vecchi.Il sindaco Albore Mascia ha detto:
“I valori della patria, della libertà, della democrazia, strettamente connessi a quelli della Repubblica italiana che dobbiamo celebrare quale baluardo di quei principi che hanno dato vita e ossatura alla nostra Costituzione. Ma soprattutto un appello rivolto a tutte le Istituzioni a prestare massima attenzione alle criticità sociali, come la disoccupazione e il disagio sempre più diffuso, individuando soluzioni tempestive alle pressanti istanze del territorio, e utilizzando le risorse pubbliche per avviare una nuova fase di sviluppo e di coesione sociale. Sono questi i principi costantemente ribaditi dal Presidente della Repubblica Napolitano e che oggi più che mai facciamo nostri, in un momento storico in cui l’Italia ha bisogno di ritrovare la propria unità per superare le difficoltà che stiamo vivendo. E solo dall’unità l’Italia potrà trarre la forza più autentica per risorgere e riprendere il proprio cammino di crescita e sviluppo”.
La Cerimonia si è aperta con l’ingresso in piazza Garibaldi del Corpo dei Bersaglieri a riposo, delle Autorità, dei Labari e il Prefetto che ha passato in rassegna i Corpi militari. Alle 11 in punto la Cerimonia dell’Alzabandiera con gli studenti del Liceo Classico ‘d’Annunzio’ di Pescara sulle note dell’Inno Nazionale, eseguito dal Coro Polifonico della Polizia municipale, quindi la lettura della Preghiera della Patria da parte di Mario Diracca, Presidente dell’Associazione dei Martiri Giuliano-Dalmati, seguito da Il Piave e da Il Silenzio.
Infine l’Onore ai Caduti e l’intervento del sindaco Albore Mascia: “Noi tutti corriamo il rischio di proporre come effettività perenne e indiscutibile l’assetto dello Stato italiano così come lo conosciamo, di supporre che i principi di democrazia individuati dai nostri Padri costituenti siano comunque stabili e inamovibili, di immaginare che bufere politiche interne ed esterne non possano mettere in discussione in alcun modo i valori e l’esistenza stessa dello Stato. In tempi di crisi, come quello che viviamo, poi può subentrare una sensazione di impotenza, di resa a situazioni che abbiamo la percezione di non poter controllare. Rischiamo allora una sorta di deresponsabilizzazione collettiva, di delega in bianco a chiunque abbia la forza, la prontezza e la sollecitudine di assumere la responsabilità di governo a tutti i livelli istituzionali. E allora, mentre ci stringiamo al Monumento che ci vede raccolti in piazza a celebrare tutte le ricorrenze patriottiche della città, dobbiamo riscoprire una nuova coscienza e consapevolezza del tempo straordinario che la nostra Nazione sta attraversando. Rivendico per tutti noi il diritto a un nobile atto di amore e di autocoscienza, più che mai necessario in questa giornata anniversario, vissuta con sobrietà ma non in tono dimesso. Orgogliosamente, settant’anni fa, durante il secondo conflitto mondiale, gli italiani, con coraggio consapevole, hanno trovato la forza di non accettare la resa, ma, anzi, scagliando se stessi, i loro cuori e le loro vite, hanno riaffermato la determinazione di non cedere a chi in quel momento sembrava più forte. Oggi siamo costretti a combattere contro nemici più subdoli e striscianti, ma ugualmente micidiali, che si manifestano attraverso la manipolazione dell’Economia. Ora, allo stesso modo, dobbiamo tutti scoprire il coraggio e l’orgoglio di combattere contro la resa a una comoda accondiscendenza, all’adeguamento, al compromesso. In questa solenne giornata, vorrei proporre a noi stessi e ai ragazzi che ci ascoltano e a cui lasceremo il testimone della nostra Italia, una riflessione sulla nostra società, al fine di ritrovare stimoli forti, coraggiosi e senza sconti. Come sindaco, sento il privilegio e l’onore di fare appello all’onestà intellettuale di noi tutti. La nostra società ha commesso formidabili errori, e parlo di società e non solo di classe politica. Una sorta di acquiescenza morale ha consentito, infatti, che più volte il sistema convivesse con una consuetudine politica scostumata che spesso è stata diretta conseguenza della disattenzione o, peggio, della disaffezione dall’impegno dei cittadini, nei confronti della ‘cosa pubblica’, la quale è la realizzazione giuridica e istituzionale della fonte di ogni diritto codificato, cioè la nostra Repubblica. La storia ci insegna che questo tempo difficile si supera solo attraverso una spietata, ma costruttiva analisi, degli errori commessi e con la riaffermazione dei valori che sono alla base della nostra Civiltà nazionale. La disattenzione e la disaffezione possono produrre mostri istituzionali, che si manifestano sotto le furbesche sembianze dell’aspirazione a grandi e necessarie trasformazioni sociali. Dobbiamo opporre allora il rifiuto assoluto e consapevole a una generalizzata e sterile criminalizzazione della Politica e della classe politica, poiché essa produrrebbe l’efferatezza dell’antipolitica. Da altissime fonti istituzionali perviene a tutti noi l’invito a non alimentare e ingigantire campagne di opinioni demolitorie e a non indugiare in rappresentazioni unilaterali in senso distruttivo del mondo dei politici e delle Istituzioni in cui essi si muovono. Ciò ovviamente non deve impedire, per una malintesa auto indulgenza, di riconoscere quanto urgenti e necessarie siano le Riforme vere, concrete, della nostra organizzazione istituzionale. Ma devono essere realizzate attingendo alle grandi riserve di risorse umane, morali, e di lavoro di cui la nostra società nazionale è ricchissima. La nostra Nazione deve allora ritrovare i tratti determinanti della sua storia, il suo orgoglio nazionale e affermare le capacità delle sue donne e dei suoi uomini, facendo assegnamento sulle proprie grandi doti umane e di intelletto, frutto di secoli di civiltà e di umanesimo”.
La cerimonia si è conclusa con la lettura dei Messaggi istituzionali del Presidente Napolitano e del Ministro della Difesa e con l’uscita dei Labari.