PESCARA – Sabato 12 dicembre 2015 alle ore 17.30 presso il Mediamuseum – Le Arti dello Spettacolo, la Fondazione Edoardo Tiboni per la cultura, l’Associazione culturale Ennio Flaiano ed i Premi Internazionali Flaiano ricordano Gabriele Ferzetti, premiato con il Pegaso d’oro due volte, la prima nel 1990 per il cinema e nel 2004 per il teatro, attraverso un incontro e la proposta di due film nei quali l’attore di origini atriane interpreta ruoli di grande spessore.
Ferzetti venne a Pescara anche nel 1995, per la ricorrenza del centenario del cinema, quando il Premio Flaiano organizzò la Mostra “L’Abruzzo e il cinema”, e pure in quell’occasione l’attore partecipò con interesse ed entusiasmo alle giornate di studio organizzate nella sede dell’ex Università di Piazza Primo Maggio, dove fu allestita la Mostra con cimeli, proiettori, memorabilia ed altri oggetti che costituirono il primo nucleo di quello che è oggi il Mediamuseum-Le Arti dello Spettacolo di Piazza Alessandrini.
I film attraverso i quali verrà tratteggiata la figura di Ferzetti saranno “Camilla”, pellicola diretta da Luciano Emmer nel 1954, con soggetto e sceneggiatura di Ennio Flaiano e Rodolfo Sonego oltre che dello stesso regista, dove Ferzetti interpreta il medico Mario Rossetti, “un film intimista, giocato sulle mezze tinte, curato nei particolari, azzeccato nelle psicologie e nella descrizione di un ambiente, di un costume …”, e “C’era una volta il West” di Sergio Leone, film nel quale Ferzetti veste i panni del cinico magnate delle ferrovie Morton, individuo senza scrupoli deciso a costruire una ferrovia che attraverserà il West dall’Atlantico al Pacifico, uno dei pochi ruoli di “cattivo” ricoperti dall’attore.
Dirà Ferzetti di quell’esperienza e del suo rapporto con Sergio Leone in un’intervista ripubblicata nel volume “L’Abruzzo e il Cinema” di Edoardo Tiboni e Paolo Smoglica: “… E’ stato uno dei pochi registi con cui ho potuto lavorare bene. Era uno che amava gli attori, una rarità ”; “… Aveva un sistema molto bello. Prima ti spiegava la scena e tu cercavi di interpretarla al meglio, poi era lui a prendere il tuo posto e a rifarla mettendo insieme le sollecitazioni che tu gli avevi suggerito con le sue e altre ancora che vedendo rappresentata la scena, gli venivano. Nel teatro, ad esempio, vorrei sempre avere un doppio simile a me per statura e modi, per potermi vedere. Quando penso a quegli attori che fanno la regia di se stessi, non capisco come facciano. Un regista non so fino a che punto possa tirarti fuori certe cose, se tu non riesci a rivederti. Tornando al cinema, se Leone non avesse amato gli attori non avrebbe fatto tutto quello che ha fatto per cavar fuori il meglio da noi. Era un sistema molto bello sapeva rispettare i tempi che erano molto giusti”.
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