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Al via “Ennio Flaiano nella cultura italiana degli anni del boom”

da Redazione

Prende il via stasera alle ore 21.00 la manifestazione in via delle Caserme a Pescara

Ennio FlaianoPESCARA – Prende il via stasera alle ore 21.00 in via delle Caserme a Pescara “Ennio Flaiano nella cultura italiana degli anni del boom”, la manifestazione  promossa dalla Regione Abruzzo, il Comune di Pescara con l’Associazione Culturale Flaiano.

Cinema, musica ed incontri si alterneranno in una serie di iniziative dedicate al grande scrittore e sceneggiatore pescarese da oggi al 14 luglio.

Questa serà sarà proiettato “La dolce vita” di Federico Fellini: a Roma, in pieno giorno, compare nel cielo una statua di Gesù Cristo trasportata da un elicottero. La visione suscita l’interesse di gran parte della popolazione, dai ragazzi delle periferie alle ricche signore degli attici del centro storico, e un cronista, Marcello Rubini, ne approfitta per far immortalare le scene dai suoi amici fotografi e dal fedele fotoreporter d’assalto Paparazzo. Marcello è un aspirante scrittore che lavora per un giornale scandalistico, stazionando ogni sera di fronte ai locali di via Vittorio Veneto in cerca di qualche pettegolezzo o foto sensazionale sulle frequentazioni di personaggi del mondo dello spettacolo, di ricchi borghesi o di nobili in cerca di eccessi. Nonostante conviva con una donna molto gelosa e depressa, Emma, Marcello ha frequentazioni con donne di ogni tipo e di ogni ambiente. Nel giorno in cui arriva a Roma un’importante attrice svedese, Marcello accompagna la delegazione in un locale all’aperto tra le rovine romane e poi scappa con la donna per le vie del centro di Roma. Nel 1960 in Francia nasce la Nouvelle Vague e in Italia muore il Neorealismo. I fondamenti di quel cinema dell’indecidibilità del quotidiano, su cui molti giovani turchi dei Cahiers hanno concepito un’etica rigorosa e un’estetica radicale, vengono completamente riformulati da un’opera che allo sguardo stretto e ravvicinato delle “piccole voci” del Dopoguerra sostituisce la visione allargata del boom economico, soppiantando l’attenzione per miserie e indigenza con una panoramica che attraversa trasversalmente più classi sociali. La dolce vita impone un nuovo modo di guardare alla realtà: traccia un quadro più ampio e trasfigurato, capace di trattenere il respiro di un’intera epoca, al punto da diventare il paradigma non solo poetico ma soprattutto storico del suo immaginario. In una Roma rifigurata attraverso le pagine dei rotocalchi, la frenesia del divismo e il razionalismo dell’urbanizzazione, Fellini – con Tullio Pinelli e Ennio Flaiano (e Pasolini non accreditato) – fanno muovere in lungo e in largo il personaggio di Marcello Rubini, giornalista bello e amato quanto invisibile e inetto. Mastroianni crea la figura di un viveur tragico e insoddisfatto: un intellettuale meschino che vive nella mondanità e sulle spalle di essa, tanto frustrato dall’imbastardimento delle proprie aspirazioni letterarie quanto indolentemente appagato dall’incapacità a opporvi resistenza. Fellini si serve di Marcello per stabilire una continuità fra una serie di episodi senza un preciso legame narrativo, se non quello, più stretto, che racconta l’involuzione del personaggio e quello, più ampio, che cerca di dipingere un affresco delle varie realtà socio-economiche di Roma.

Domani sera, 5 luglio sempre alle ore 21,00 in via Delle Caserme sarà invece presentato “I vitelloni” di Federico Fellini: in una cittadina di mare che potrebbe essere Rimini vivono cinque giovani: Moraldo (Interlenghi), Alberto (Sordi), Fausto (Fabrizi), Leopoldo (Trieste), Riccardo (Fellini, fratello del regista). Le loro sono piccole storie, secondo le possibilità offerte da un posto come quello. Fausto corre dietro a tutte le donne e non ha voglia di lavorare, trova un posto da commesso, gli altri ridono di lui. Si sposa ma non cambia. Alla fine il padre lo picchia con la cinghia, come un bambino. Alberto ha problemi in famiglia, la sorella se ne va con un uomo sposato. Lui si ubriaca. Riccardo non ha personalità, è un po’ la spalla di tutti. Leopoldo scrive commedie che nessuno legge. Quando arriva un attore in città che sembra interessarsi ai suoi scritti, in realtà si interessa… a lui. Moraldo è il più serio, è buono e generoso. Alla fine sarà l’unico ad andarsene.

Era il quarto film di Fellini e fu quello che mostrò per primo le sue attitudini, in sostanza ci si accorse che il regista aveva davvero qualcosa in più. Nessuno meglio di lui conosceva la vita di quella provincia sonnolenta, dove succedono sempre le stesse, pochissime cose, dove se hai un lampo di fantasia particolare dovrai soffrire anche di più perché non ci sarà comunque uno sbocco. Come sempre, come farà anche in futuro, Fellini si smarrisce, e si spaventa davanti al tempo che scorre e che costringerà a crescere e a fare delle scelte. Perché non ci saranno scelte da fare. Più tardi il regista butterà tutto sulla fantasia, sull’impegno e la ricerca.

Quando uscì il film parve ad alcuni semplicemente l’istantanea “realista” della provincia, ma c’era molto di più, c’era il mondo ricreato di un autore unico in quella pratica, con sequenze di poesia ben oltre il “realismo”, come la passeggiata “stanca” sulla spiaggia di tutti gli amici, o l’intero episodio del gruppo di avanspettacolo, un mondo per il quale Fellini ha sempre avuto un debole, e nel quale faceva rispecchiare, in grottesco, l’intera rappresentazione della vita.

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