Home » Pescara » Alberghiero ‘De Cecco’ incontro con Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia

Alberghiero ‘De Cecco’ incontro con Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia

da Redazione

Secondo appuntamento promosso nell’ambito del Progetto ‘Educazione alla Legalità 2017

PESCARA – “Quandincontro con Don Aniello Manganiello, parroco di Scampia, per ‘Progetto Legalità’o a Scampia mi sono arrivate le minacce quello che più mi ha fatto soffrire è stata l’indifferenza di chi doveva condividere con me le mie battaglie e denunce, per tutelare i più deboli; mi ha fatto soffrire l’essere lasciato solo, e questo non solo perché mi sono sentito esposto, ma anche perché ho trovato accanto a me gente incapace di mettersi in gioco, di difendermi per contrastare il male. Ecco perché oggi dico ai ragazzi di superare gli individualismi, di non pensare solo al proprio orticello, di non affidare il proprio futuro alle raccomandazioni, al nepotismo, ma di riscoprire il senso della comunità, dell’identità e dell’appartenenza, ovvero della Legalità”. Sono le parole che Don Aniello Manganiello, per 16 anni parroco di Scampia, oggi fondatore dell’Associazione ‘Ultimi’ ha rivolto agli studenti dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ e dell’Istituto Comprensivo n.4, scuola media ‘Michetti-Pascoli’, nel corso del secondo appuntamento promosso nell’ambito del Progetto ‘Educazione alla Legalità 2017 – Occorre sempre fare il proprio dovere’.

Il Progetto è stato ideato e realizzato dall’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ e dall’Associazione ‘Falcone e Borsellino’.

Tema dell’incontro odierno ‘La Mafia Siamo noi’ e a coordinare i lavori è stata la Dirigente scolastica Alessandra Di Pietro, alla presenza di Daniela Morgione della Dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo n.4, di Gabriella Sperandio, Presidente dell’Associazione ‘Falcone e Borsellino’, e della docente Maria Rosa De Fabritiis, referente del progetto per il ‘De Cecco’. In platea gli ex Provveditori agli studi provinciale e regionale, Sandro e Nino Santilli, il Dirigente della Squadra Mobile di Pescara Pierfrancesco Muriana e il Presidente del Rotary Club Pescara Luca Romani e la Presidente del Lions Host Maria Elena Degli Eredi.

“La scuola – ha ricordato la dirigente Di Pietro – è in prima fila per combattere l’illegalità che non è solo criminalità organizzata, ma è soprattutto corruzione in ambito amministrativo, sociale, lavorativo: la corruzione morale è ormai il male endemico della società. La scuola non è solo il luogo della formazione didattica, ma è anche lo spazio in cui si formano personalità ricche e integre, capaci di riconoscere e mettere in pratica valori sani. In tal senso è fondamentale l’incontro tra gli studenti e i testimoni della legalità, perché solo attraverso l’esempio i principi enunciati diventano modelli di comportamento. Di qui il valore di testimonianza di Don Aniello Manganiello, che dal 1994 al 2010 è stato parroco in uno dei quartieri più difficili di Napoli e, attraverso il suo impegno e il suo esempio tenace e determinato, ha strappato tanti giovani alla criminalità. Il suo è un messaggio positivo, di forza e di speranza”.

“I nostri ragazzi – ha aggiunto la Dirigente Morgione – devono riacquistare il senso di appartenenza, acquisendo la capacità di discernere tra il bene e il male. Nella scuola Pascoli-Michetti abbiamo affrontato un percorso di legalità realizzando anche uno spot sul tema ‘Legalità è futuro’”. Dal presidente del Premio Borsellino, Gabriella Sperandio, è arrivato l’appello ai ragazzi “a contrastare anche gli atti di bullismo, a vivere spinti sempre dal buon senso”.

Quindi la parola è passata a Don Aniello Manganiello, sceso subito tra i ragazzi: “La legalità conviene, rispettare le regole conviene perché c’è sempre una positiva ricaduta sociale. Purtroppo la nostra società italiana rischia di essere sempre più individualista, ognuno si cura del suo orticello, senza avere attenzione per il bene comune. E pensare solo ai bisogni della propria famiglia, a trovare un posto di lavoro ai propri figli, anche attraverso la raccomandazione, è sbagliato, è devastante per il senso di comunità, nella chiesa si chiama nepotismo. Legalità significa recuperare il senso della comunità. Tacito diceva che uno Stato che ha molte leggi e continua a produrne è uno Stato corrotto, perché una buona Repubblica non si fonda sulle leggi, ma sui comportamenti virtuosi dei cittadini. Oggi ad esempio è scoppiata la moda delle slot, che sono appannaggio delle 4 maggiori Organizzazioni criminali d’Italia e muovono circa 560miliardi di euro l’anno. Don Giuseppe Puglisi diceva che se non tocchiamo il portafogli della criminalità organizzata, gli facciamo un baffo, quindi tocca a noi cittadini prendere le distanze e ridurre gli incassi della criminalità. Don Ciotti sosteneva che l’individualismo è direttamente proporzionale alla crisi della legalità: se l’individualismo è esasperato, se si punta solo a raggiungere obiettivi in modo egocentrico, automaticamente si è disposti a calpestare gli altri pur di farsi strada. La corruzione, la raccomandazione ruba il futuro ai giovani, perché elimina il merito come criterio di selezione dei migliori. La raccomandazione – ha proseguito Don Aniello – è ciò che alimenta la furberia, il voler aggirare gli ostacoli prendendo scorciatoie. Ecco perché dobbiamo recuperare il senso della comunità, del gruppo, dell’Associazione; le scuole devono educare i giovani al volontariato, dobbiamo recuperare la bellezza dell’aggregazione, dello stare insieme. E poi la cultura: Don Lorenzo Milani diceva che un ragazzo senza istruzione è come gettare nell’aria un passerotto senza le ali e per questo ha creato una scuola per i ragazzi delle famiglie povere. I ragazzi devono studiare per non farsi strumentalizzare, per essere in grado di dialogare e per ‘inventare’ il proprio futuro. Ai giovani dico di non farsi prendere dalla sindrome del bonsai”.

Rispondendo alle domande dei ragazzi poi Don Aniello ha detto che “nella vita ho affrontato i camorristi perché avevo delle ragioni profonde, ossia il Vangelo di Gesù di Nazareth e l’amore per la mia gente che mi chiedeva aiuto perché la paura aveva chiuso loro la bocca”.

Sullo scrittore Roberto Saviano Don Aniello ha ricordato che “l’ho incontrato una sola volta al Premio Borsellino, a Roseto degli Abruzzi, nel 2010, e con me c’erano Procuratori ed esponenti di spicco della lotta alla mafia. Ricordo che è entrato dalle quinte, scortato da circa una decina di Carabinieri, ha parlato per 3 minuti per i diritti televisivi, e poi se n’è andato senza salutare alcuno. Ma i miei interventi critici su di lui vengono da lontano, perché ha identificato l’immagine di Napoli con quella di Gomorra, una città biblica distrutta da Dio perché era disperata, non c’erano 10 giusti, c’erano solo violenza e corruzione, ma Napoli non può essere identificata con Gomorra”.

La giornata si è chiusa con le letture dei due attori Fabio Di Cocco, che è anche scrittore e regista teatrale, ed Enza Paterra e con la proiezione di un video sulla legalità realizzato dal gruppo di Secignano di Don Aniello.