Ambiente

Parco della Costa Teatina, le associazioni scrivono a Gentiloni e Mattarella

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WWF, Legambiente, FAI, Italia Nostra, Pro Natura e Mare Vivo : “Il mancato varo del Parco della Costa Teatina allontana i cittadini dalle istituzioni”

CHIETI – I  responsabili abruzzesi di WWF, Legambiente, FAI, Italia Nostra, Pro Natura e Mare Vivo, nella convinzione che i ritardi favoriscono soltanto cemento e petrolio e non l’economia verde, tornano a sollecitare  la conclusione dell’iter istitutivo del Parco Nazionale della Costa Teatina, in lista d’attesa ormai da ben 16 anni e scrivono al Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Nella lettera, inviata venerdì scorso con posta elettronica certificata, le associazioni ricordano che una analoga nota era stata indirizzata nel gennaio dello scorso anno all’allora presidente Renzi nella quale, sostanzialmente, si chiedeva anche a lui semplicemente di rispettare quanto disposto da leggi dello Stato.

WWF, Legambiente, FAI, Italia Nostra, Pro Natura e Mare Vivo hanno ricordato a Gentiloni che gli ostacoli di volta in volta frapposti al varo di questa importante area protetta, portati avanti in nome di una visione politica miope e di una idea ottocentesca dell’economia, sono stati di fatto superati dalla nomina di un commissario ad acta per la perimetrazione che ha svolto il suo lavoro in tempi rapidi. È del tutto inconcepibile e illegittimo che neppure questo sia bastato per far uscire il provvedimento dalla palude in cui resta confinato da oltre tre lustri.

“Non crede, Presidente, – scrivono le associazioni – che un simile comportamento delle Istituzioni dello Stato, che bellamente ignorano persino le leggi, possa allontanare sempre di più i cittadini da coloro che oggi rappresentano quelle Istituzioni?”

Il mancato varo del Parco serve soltanto a chi, ignorando le speranze di rinascita di un territorio da troppi anni in crisi e “dimenticando” che il solo settore in grado di contrastare questa crisi è quello dell’economia “verde”, continua a scommettere su petrolio e cemento, risorse del passato e non certo del futuro, bloccando l’opportunità di creare una nuova dimensione di gestione e pianificazione territoriale, in modo da porre fine all’aggressione continua del nostro litorale.

Un tratto di costa che potrebbe finalmente parlare di un futuro economico, sociale e ambientalmente sostenibile con l’istituzione del Parco, rafforzando la strategia della Via verde e della Bike to coast, si trova invece a fare i conti con progetti datati e dannosi per il territorio, fuori da ogni visione innovativa di gestione. Ci riferiamo, tra l’altro, ai sequestri legati alla cementificazione selvaggia, alle annose speculazioni legate al porto di Ortona a al ritorno del progetto di VASTOCEM (oggi seguito da una nuova ditta) a ridosso della riserva naturale di Punta Aderci, terza spiaggia più bella d’Italia.

Quest’ultimo progetto è casualmente sostenuto da Mario Olivieri, che fu uno dei proponenti, con Abruzzo Civico, della “risoluzione urgente” contro il lavoro dell’allora commissario Giuseppe De Dominicis approvata nel 2015 dal Consiglio regionale. Lo stesso consigliere regionale che si propone oggi, in un suo recente intervento a favore dell’insediamento industriale accanto all’area protetta, di presentare insieme al gruppo locale “Il Nuovo Faro” una proposta di riorganizzazione dell’area portuale vastese “in grado di garantire la salvaguardia ambientale con la tutela degli investimenti”, dimenticando di evidenziare che il leader del Nuovo Faro, Edmondo Laudazi, è il tecnico che ha firmato il progetto originario di VASTOCEM.

Al di là di questo e di altri progetti rischiosi per l’ambiente e per la collettività, che sulla Costa dei Trabocchi non mancano, le associazioni tornano a denunciare il nanismo politico che nel suo insieme esprime una palese incapacità di raccogliere (e forse anche di vedere) le sfide del nostro tempo, incapace di innovare e di migliorare la qualità della vita dei cittadini e che dà vita a una tragicommedia che, con responsabilità trasversali e con la pochezza di tanti, tiene all’angolo l’istituzione del Parco nazionale. Il risultato è che si permette a pochi di violare il territorio, complice l’inedia di chi continua a consentire che il provvedimento resti nel limbo nel quale è assurdamente confinato da oltre tre lustri.

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