PESCARA – Riceviamo e pubblichiamo la nota dell’Arta:
“Circolano sui social network false informazioni circa l’impiego dell’acido peracetico negli impianti di depurazione. In particolare, viene riportato che tale sostanza è impiegata per disinfettare l’ambiente idrico in caso di sversamenti di liquami nel fiume e nel mare. Tale errata informazione ha determinato, di rimbalzo, una ridda di calunnie, allarmi e più gravi falsità da parte di chi dice di occuparsi della tutela delle acque e unisce invece all’ignoranza dei temi per i quali sfoggia competenza e saccenteria, una prassi di speculazione politica e diffamazione nei riguardi delle istituzioni.
Per talune di queste gravissime e infamanti affermazioni postate sui social-media, Arta si riserva di inoltrare formale denuncia-querela in difesa della dignità dell’Istituzione e dei propri operatori che con professionalità e rigore si prodigano incessantemente per l’applicazione, alla lettera, delle leggi e delle procedure tecnico-analitiche a tutela della salute pubblica.
Di quanto letto su Facebook segnaliamo le seguenti menzogne:
a) “L’acido peracetico verrebbe usato poco prima (48 ore) dei campionamenti delle acque di balneazione”;
b) “l’Arta avvisa, l’ACA sversa”;
c) “negli altri giorni facciamo il bagno nelle torbide batteriche acque fluviali”;
d) “Alessandrini può togliere i divieti, i balneatori sono contenti, i cittadini sono nella m…da”.
A tal proposito si tiene a precisare che:
1) L’impiego di acido peracetico negli impianti di depurazione biologici a fanghi attivi è una cosa assolutamente normale, costante e prescritta dalla legge.
L’uso è connaturato con il normale funzionamento dell’impianto. Una delle varie fasi della depurazione degli scarichi infatti è la disinfezione finale ed è attuata sulle acque trattate nell’impianto immediatamente prima di essere avviate allo scarico. Per il depuratore di Pescara la disinfezione è operata con tre modalità sequenziali: con micro-filtrazione (tramite grandi filtri rotanti), con raggi ultravioletti (UV) e infine con l’aggiunta di acido peracetico.
2) Arta non avvisa alcun soggetto dei controlli, che per legge sono effettuati sui grandi impianti di depurazione mediamente due volte al mese, senza date né orari precisi, utilizzando un campionatore automatico, con prelievi sia istantanei che protratti per 24 ore. L’avviso sarebbe persino inutile, vista la frequenza elevata dei sopralluoghi. L’affermazione, diffamatoria, è dunque priva di fondamento.
3) Per quanto riguarda il fare il bagno negli altri giorni nelle acque batteriche fluviali, l’infondatezza è dimostrata dal numero delle volte in cui Arta ha fornito risultati analitici che hanno imposto l’emissione di ordinanze di divieto di balneazione da parte dei sindaci.
4) Sull’ultimo punto ribadiamo che Arta non ha interessi, agisce con rigore e terzietà, non deve “accontentare” né i sindaci, né i balneatori e nemmeno chi fa politica su questi temi. L’unico interesse dell’Agenzia è la tutela della salute e dell’ambiente, che l’Agenzia persegue con rigore scientifico applicando le norme cautelative esistenti e ad essa demandate.
Per chi avesse necessità o voglia di approfondire l’argomento rinviamo alla nota tecnica che segue e si allega.
1) L’impiego di acido peracetico negli impianti di depurazione biologici a fanghi attivi è una cosa assolutamente normale, costante e prescritta dalla legge.
Infatti nelle Norme Tecniche di Attuazione (N.T.A.) del Piano Tutela delle Acque, vigente in Abruzzo, all’Art. 32 recante “Prescrizioni e limiti per impianti a servizio di agglomerati superiori a 2.000 a.e.” al comma 10 è disposto che:
“Entro il 31/12/2014 i sistemi di disinfezione a clorazione devono essere sostituiti da sistemi di disinfezione alternativi quali l’impiego di ozono, acido peracetico, raggi UV o altri trattamenti di pari efficacia purché privi di cloro”.
La normativa aggiunge che “Tali sistemi di disinfezione sono sempre obbligatori per ….(omissis)… gli scarichi di depuratori recapitanti in acque marino costiere o in tratti di fiume entro 10 km dalla linea di costa. In questi ultimi casi i sistemi di disinfezione devono consentire, per il parametro Escherichia coli, entro il 31/12/2014, parallelamente all’attuazione della disposizione di cui al comma 10 del presente articolo, il rispetto del limite allo scarico di 3000 UFC/100ml.
Ne consegue che l’acido peracetico è normalmente impiegato per la disinfezione degli scarichi, prima che questi siano immessi nell’ambiente idrico del fiume e del mare.
Ricordiamo che la corretta depurazione delle acque negli impianti biologici a fanghi attivi (come quello di Pescara) si attua con diverse fasi sequenziali che riassumiamo in sintesi: grigliatura grossolana (per togliere i corpi solidi buttati in fognatura), grigliatura fine, dissabbiatura-disoleatura, sedimentazione primaria (per togliere il terriccio in sospensione), ossidazione biologica (ove i cosiddetti “fanghi attivi” estraggono dall’acqua la sostanza organica di cui si nutrono), sedimentazione secondaria (per separare i fanghi attivi dall’acqua depurata), disinfezione finale e scarico (tralasciamo le altre parti, come la linea-fanghi dell’ impianto che ha una elevata complessità).
La disinfezione delle acque trattate e avviate allo scarico nell’impianto consortile di Pescara è operata con una micro-filtrazione (con grandi filtri rotanti), per irraggiamento operato da 110 lampade a raggi ultravioletti (UV) e infine con l’aggiunta di acido peracetico.
Conclusioni: l’acido peracetico è una delle componenti del NORMALE ciclo di trattamento delle acque, usato a dosi minime costantemente e non una “diavoleria” per ingannare il sistema dei controlli.
2) Perché la normativa in Abruzzo, in Italia e in Europa dispone l’impiego dell’acido peracetico per la disinfezione degli scarichi negli impianti di depurazione biologici a fanghi attivi.
Dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso fino all’entrata in vigore della Direttiva Quadro sulle Acque (60/2000/CE) la disinfezione delle acque in uscita dai depuratori biologici era effettuata ovunque con cloro (sotto forma di ipoclorito di sodio -la comune varecchina- o con il biossido di cloro). Queste sostanze sono in grado di abbattere il 99,99% di tutta la carica microbica presente in un’acqua ma presentano gravi inconvenienti pratici ed ecologico-ambientali. Infatti il cloro reagisce istantaneamente con le sostanze organiche presenti inevitabilmente, anche se in tracce, nelle acque di scarico con due conseguenze:
Occorre immettere dosi abbondanti di cloro per uccidere i microbi, in quanto una parte di esso di “consuma” reagendo con la sostanza organica residua nello scarico;
Quello che si “consuma” reagendo con la sostanza organica dà origine a prodotti cloro-derivati casuali, generalmente stabili, non degradabili, che comprendono sostanze tossiche per la vita acquatica e molte delle quali sono in grado di dare bioaccumulo nelle carni dei molluschi, dei pesci, dei mammiferi e degli uccelli acquatici.
Per questo motivo il cloro nella disinfezione è stato messo al bando e sono stati introdotti, per legge, sostituti innocui, biodegradabili quali l’acido peracetico!
L’acido peracetico, nei dosaggi consigliati, è usato in definitiva proprio perché blando ed innocuo: esso in sostanza si compone di acido acetico (principale componente dell’aceto di origine biologica che mettiamo sull’insalata) ed acqua ossigenata che libera ossigeno divenendo comune H2O.
3) L’impiego dell’acido peracetico negli eventi incidentali.
Proprio perché l’azione dell’acido peracetico, a differenza del cloro, non si annulla all’istante in presenza di sostanza organica, esso può essere utilizzato temporaneamente, in emergenza, in caso di incidenti che comportino sversamenti di liquami fognari non depurati.
Anche questo è disposto dalla legge. Infatti al comma 6 del citato art. 32 delle N.T.A. è stabilito che: “gli scarichi di impianti di depurazione di acque reflue urbane a servizio di agglomerati con carico generato pari o superiore a 2.000 a.e., ad esclusione degli impianti di trattamento che applicano tecnologie naturali quali fitodepurazione e lagunaggio, devono essere dotati di un trattamento di disinfezione da utilizzarsi in caso di eventuali emergenze relative a situazioni di rischio sanitario.”
4) Come fa Arta a controllare che non vi sia un abuso nell’impiego dell’acido peracetico.
Si ribadisce intanto che sia nelle vicende della rottura della condotta di via Raiale che in condizioni normali di esercizio, l’acido peracetico non risulta essere stato mai immesso nel fiume e nel mare, ma solo nella fogna da disinfettare e ben a monte del punto di sversamento (così che la sua azione si svolgesse esclusivamente all’interno della tubazione fognaria e al momento dello scarico fosse completamente espletata e l’acido non venisse immesso nell’ambiente).
Ciò premesso c’è da dire che questa sostanza non ha un limite massimo specifico di concentrazione fissato nella legge. Potrebbe pertanto verificarsi un eccesso di uso dell’acido nello scarico, che potrebbe interessare l’ambiente naturale.
Per controllare che quest’ultima ipotetica evenienza non sia posta in essere, Arta effettua analisi dei perossidi (l’acqua ossigenata liberata dall’acido peracetico è appunto un perossido) e test di tossicità sensibilissimi, sullo scarico del depuratore. Se tali test mostrano (come finora hanno mostrato nel corso dei numerosi controlli svolti negli anni) la non tossicità dello scarico per la vita acquatica, significa che in esso non vi sono residui di disinfettanti di una qualsiasi significatività.
Altre prove che in condizioni ordinarie il depuratore di Pescara attua la disinfezione costante sono il fatto che sono stati effettuati controlli analitici a sorpresa da parte di forze di polizia e che comunque il monitoraggio del fiume Pescara nei punti a monte e poi a valle dello scarico del depuratore non ha mostrato incrementi degni di nota, della carica batterica che già proveniva massicciamente da monte.”