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Bimbo investito da un treno a Pescara, ammesse le prove

da Redazione

Processo tribunale sentenzaCHIETI – Ha preso il via oggi davanti alla Corte d’Assise di Chieti il processo a carico dei genitori e del nonno del bimbo di tre anni morto il 24 maggio 2014 dopo essere stato investito da un treno regionale in prossimita’ della stazione San Marco, a Pescara. La madre del piccolo e’ accusata di abbandono di minori, mentre il padre e il nonno sono accusati di concorso in omicidio colposo. I tre sono difesi dagli avvocati Antonio Valentini e Luca Sarodi.

Oggi la Corte, presieduta da Geremia Spiniello, ha ammesso le prove testimoniali e si e’ riservata sulla richiesta dell’avvocato Sarodi di effettuare un esperimento giudiziale con sopralluogo sul posto della tragedia. Nello specifico, l’accusa, rappresentata dal pm della Procura della Repubblica di Pescara, Andrea Papalia, ha chiesto e ottenuto di ascoltare 32 testimoni, mentre la difesa ha citato a testimoniare 5 persone: il pediatra del bimbo e alcuni famigliari degli imputati.

Per quanto riguarda la richiesta dell’esperimento giudiziale, la Corte sciogliera’ la riserva all’esito dell’esame dei testimoni. Presenti oggi in aula i genitori del bambino. La prossima udienza e’ stata fissata per il 14 marzo. Il giorno della tragedia la piccola vittima era in compagnia del fratellino di due anni e pochi giorni dopo era stato lo stesso pubblico ministero all’epoca titolare dell’inchiesta, Giuseppe Bellelli, insieme agli uomini della polizia ferroviaria, a effettuare un sopralluogo, ripercorrendo il percorso seguito dal piccolo e dal fratellino uscendo da un buco del recinto di casa, che si trova a poca distanza dal tracciato ferroviario.

Secondo l’accusa, la madre avrebbe dovuto porre attenzione ed evitare che, indisturbati, i bimbi potessero allontanarsi. Il padre e il nonno, proprietario della casa dove abita la famiglia, sono sotto accusa per la mancata riparazione di un buco nella recinzione. Il nonno e’ accusato di non aver provveduto a riparare la recinzione del box dei cavalli, mentre il padre avrebbe permesso che i figli rimanessero incustoditi a giocare nell’area retrostante l’abitazione che aveva un’apertura direttamente collegata con la sede ferroviaria.

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