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Biodiversità del Lago di Barrea, collaborazione Parco – Enel

da Redazione

potamogeton perfoliatus

Il direttore del Parco: “Ciò che serve davvero è uno sforzo, concettuale e pratico al tempo stesso, per poter riportare l’uomo e le sue attività all’interno dei processi ecologi naturali che regolano la vita sul Pianeta Terra”

VILLETTA BARREA – La conservazione della natura è spesso una questione dinamica: il valore ed il significato di alcuni luoghi possono mutare con il tempo adattandosi a situazioni, contesti e cambiamenti, siano essi naturali o prodotti dall’uomo. Il Lago di Barrea, che ha un’origine artificiale, nel 1952 ha modificato una parte di territorio del Parco, trasformando quello che una volta era un’area agricola, intensamente coltivata, in un vasto invaso artificiale.

Come spesso accade per alcuni bacini idrici artificiali, i cambiamenti che si apportano non sempre sono di carattere assolutamente negativo per la natura. Moltissime specie di uccelli infatti, hanno fatto del Lago di Barrea, una tappa delle loro migrazioni o un luogo sicuro per la nidificazione. Dal 1977 il Lago è riconosciuto come zona umida d’importanza internazionale, inserito nell’elenco della Convenzione di Ramsar che tutela le aree palustri del mondo.

Per questo, 4 anni fa, il Parco ha avviato una collaborazione con ENEL, gestore della diga di Barrea e dell’invaso, per modificare la fluttuazione delle acque del bacino, al fine di migliorare i livelli di biodiversità del lago e il funzionamento dei suoi ecosistemi.

chara vulgaris

Infatti, le grandi fluttuazioni del livello dell’acqua, tipiche dei laghi artificiali, impediscono quasi sempre lo sviluppo delle “macrofite”, ossia della vegetazione acquatica formata da alghe di grandi dimensioni e da piante sommerse o galleggianti. Tuttavia, queste specie rappresentano un tassello fondamentale per il buon funzionamento degli ecosistemi dei laghi, ambienti importantissimi per la biodiversità e minacciati dalle attività umane e dai cambiamenti climatici. Le piante acquatiche, inoltre, sono validissimi indicatori della “salute” di un lago essendo molto sensibili all’inquinamento.

A seguito dell’accordo tra il Parco e l’ENEL, negli ultimi 4 anni le variazioni di livello del lago sono state ridotte entro un massimo di 7 metri. Inoltre, l’abbassamento del livello del lago avviene nel solo periodo autunnale, contrariamente ad altri bacini che vengono svuotati in estate, e comunque mai al di sotto di un livello concordato, così da assicurare il mantenimento dell’habitat.

Una prima valutazione degli effetti della nuova gestione è stata svolta durante la scorsa estate dai botanici delle Università della Tuscia e della Basilicata, che stanno realizzando la nuova carta degli Habitat del Parco protetti dalle Direttive Europee. Nel corso dello studio, infatti, sono stati campionati i fondali del Lago a varie profondità.

“Abbiamo trovato ben nove specie di macrofite, tra piante acquatiche, muschi sommersi e alghe di grandi dimensioni” – spiega Leonardo Rosati, docente di Botanica all’Università della Basilicata – “Si tratta di un risultato sorprendente; ci aspettavamo di trovare quasi solo fango, come generalmente avviene nei laghi artificiali. Tra i 2 e i 4 m di profondità rispetto al livello dell’acqua estivo ci sono addirittura delle vere praterie sommerse dell’alga Chara vulgaris, tutelata dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea”.

Molte di queste piante non erano mai state menzionate per il Lago di Barrea negli studi precedenti sulla flora del Parco, e in molti laghi artificiali appenninici non sono presenti, pertanto i ricercatori ritengono che lo sviluppo di questa vegetazione nel Lago sia un processo recentissimo e tuttora in corso.

“Con molta probabilità questa ricchezza di specie è collegata alle nuove modalità di gestione del livello dell’acqua, richieste dal Parco e concordate con l’Enel” – ipotizza Goffredo Filibeck, botanico dell’Università della Tuscia, che coordina il rilevamento degli Habitat del Parco.

Lo stato di salute di queste comunità vegetali verrà ovviamente monitorato nei prossimi anni attraverso indagini mirate anche a capire l’evoluzione della biodiversità nel bacino artificiale.

“Speriamo che questo “piccolo caso” di collaborazione tra due enti pubblici – afferma il Direttore del Parco – possa davvero essere d’esempio a tante altre realtà simili giacché è la dimostrazione di come in alcuni casi, si può conservare la biodiversità, o addirittura permettere un suo incremento, con soluzioni a costo quasi nullo. Ciò che serve davvero è uno sforzo, concettuale e pratico al tempo stesso, per poter riportare l’uomo e le sue attività all’interno dei processi ecologi naturali che regolano la vita sul Pianeta Terra!”.

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