BUSSI SUL TIRINO (PE) – Il Comitato Bussiciriguarda ha dichiarato, in una nota, che “La posizione del Ministero dell’Ambiente che ha annunciato la revoca della gara d’appalto per la bonifica delle discariche cosiddette 2A e 2B in Bussi sul Tirino, è incomprensibile e inaccettabile”.
“Si tratta di un’area sita a monte dello stabilimento chimico e del complesso dei siti contaminati -si legge nella nota- sovraflusso rispetto allo scorrimento delle acque per cui una volta bonificata, si sarebbe raggiunto finalmente un risultato definitivo e stabile nel risanamento almeno di una parte di territorio. L’iter per pervenire alla gara d’appalto (tra indagini, progettazione, pareri di ministeri, Arta e Regione… avviso pubblico, valutazione ecc..) è durato ben 10 anni, si era concluso finalmente con l’aggiudicazione e mancava solo la firma del contatto per iniziare i lavori.
Col provvedimento del ministro Costa -prosegue la nota– dobbiamo registrare che, alla distanza di ben 16 anni dalla scoperta della contaminazione industriale, nulla è stato avviato concretamente in termini di bonifica nell’intero SIN e quel che era in procinto di essere avviato – mediante atti svolti sempre per intero nella competenza del Ministero Ambiente – è stato annullato per ripensamenti non chiari e nonostante il rischio di pagare penali al raggruppamento di imprese aggiudicatarie. Perché? Non abbiamo sentito una sola argomentazione convincente.
Se escludiamo l’esistenza di cose ritenute riservate dal Ministero per motivi che non conosciamo (es. errori, irregolarità procedurali), l’unica certezza è che a poter beneficiare della revoca operata dal ministro Costa può essere solo EDISON, che è stata dichiarata con sentenza definitiva “responsabile della contaminazione” e quindi obbligata a pagare gli interventi risanatori secondo il principio “chi inquina paga”.
Il progetto andato in appalto e poi bloccato prevedeva la rimozione totale dei rifiuti da quelle aree, con l’impiego di circa 50 milioni di € allocati nella legge per gli interventi per la ripresa economica nelle zone terremotate e vincolati alla destinazione “bonifica e reindustrializzazione”. Oggi, se l’onere di intervenire è lasciato ripartendo da zero a Edison, è difficile e assai improbabile che essa continui a prevedere la rimozione dei rifiuti, operazione assai costosa, ma sceglierà la messa in sicurezza permanente lasciando tombati i rifiuti in loco. Fatto che farebbe risparmiare una bella cifra a Edison ma comprometterebbe la libertà delle aree per essere reimpiegate con nuovi insediamenti. Non sappiamo se questa possibile lettura sia quella giusta, date le poche informazioni che trapelano.
Certo è che le operazioni per quell’area ripartono da zero, perdendo altri lustri prima che si incominci a bonificare effettivamente, e che esiste il rischio – quasi certezza – che quelle aree non saranno mai liberate dai rifiuti.
Nel frattempo i 50 milioni di euro sono tornati nel congelatore della legge che li ospita: non possono essere revocati (se non con una legge) né utilizzati per altro scopo al di fuori di “interventi di bonifica e reindustrializzazione”.
Non è accettabile che il Ministero, che ha gestito tutto l’iter amministrativo e tecnico di questa vicenda, -si conclude la nota- oggi smentisca sé stesso revocando l’esito del proprio operato degli ultimi 10 anni. Proceda invece sul percorso della bonifica e nella causa civile in corso, a rivalersi in danno per le spese sostenute nella stessa”.
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