In quegli ambienti urbani, lasciati momentaneamente dai suoi abitanti, capita anche di incontrare qualcuno, uno dei pochi che ha ripreso a vivere nel cuore della città. Scendendo lungo via San Martino, in un contesto primariamente cosmopolita in cui un tempo abitavano edili e mercanti lombardo-veneziani, incrocio un conoscente. Pensavo
Quei fabbricati antichi che si susseguono l’un l’altro hanno la forza di offrire dei tesori nascosti agli occhi dei più. Guardando da un’apertura interna di quell’abitazione si può ammirare uno splendido cortile cinquecentesco. Mentre, affacciandosi dalle finestre esterne lo scenario cambia: fabbricati danneggiati e palazzi cantierizzati si susseguono quasi indistintamente. Tutto intorno, alcuni muri delle case sono lordati da scritte e i portali emanano cattivi odori per via dei soliti urinatori di passaggio che scambiano quelle zone appartate per vespasiani. Il signore aquilano è un vero e proprio pioniere del “Centro”. Non è facile viverci, però ci prova. E’ un esempio di chi rivuole la città a ogni costo. Certo è una scelta non facile. Intanto, il sole, che va gradualmente levandosi, prova a portare un po’ di tepore e inizia a cassare la brina che imbianca il selciato della città.
Più giù, accanto a palazzo Margherita, c’è l’artista Piero Boschetti intento a poggiare un cavalletto che pubblicizza la mostra dei suoi presepi intagliati nel legno e scolpiti su pietra. Dalla loro bellezza trapelano amore e arte. La manualità nel creare tali scenografie natalizie è un dono di famiglia che si tramanda da decenni. Piccoli capolavori che possono essere ammirati al Palazzetto dei Nobili. Simili esposizioni sono state allestite da altri artisti anche nella ristrutturata chiesa di San Bernardino. La volta della basilica, artisticamente decorata, copre un immenso spazio in quel momento privo di fedeli. C’è solo il sacrestano che, scopa alla
Più su, a piazzetta Regina Margherita, un paio di giorni prima, a partire dalle ore nove, una marea di giovani si era data appuntamento nel locale “degliju Boss” per consumare un aperitivo. I quindicimila (così citano le cronache, forse un po’ esagerando), che si sono avvicendati nell’arco di una giornata, hanno lasciato una montagna di rifiuti sparsi nella piazza e nelle vie circostanti. Uno spettacolo indecoroso di cui in futuro faremo volentieri a meno. A volte basta un po’ di educazione e un minimo di organizzazione per evitare simili indecenze! Potremmo, dunque, definire
L’Aquila la città degli eccessi: il silenzio e lo schiamazzo; l’immobilità e il movimento; l’incuria e l’arte. Una cosa è certa: i giovani hanno bisogno del “Centro”. Per adesso frequentano i bar e i pub. In futuro, chissà, torneranno per aprire uffici e negozi. L’Aquila di oggi è anche questo. Un piccolo mondo in cui tutto è possibile. Anche che la realtà incontri la fantasia, financo a superarla.
(a cura di Fulgenzio Ciccozzi)
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