CITTÁ SANT’ANGELO (PE) – Cristian Borruto, chiamato anche “El Cobra”, parla di se partendo dalle sue aspirazioni sportive, della sua carriera e del rapporto con tutte le persone che lo hanno fatto sentire come a casa sua. Nato tra quei palazzi e quei “draghi di cemento” che lavorano il petrolio e sbuffano fumi ventiquattrore al giorno, dove è cresciuta gente come Javier Zanetti. Quartiere Avellaneda Dock Sud, centro petrolchimico del porto di Buenos Aires. Zona popolare, 35mila abitanti, dove il pallone e la strada sono rispettivamente il miglior amico e la scuola dove crescere e diventare grandi il più in fretta possibile.
“Voglio vincere sempre, voglio arrivare in alto e regalare soddisfazioni a mia moglie e mio figlio, alla mia famiglia. Ho giocato nel Portero, squadra del quartiere, ma solo per poco. Non sono un tifoso, non seguo nessuna squadra. I miei amici impazzivano per il Racing Avellaneda, io andavo con loro allo stadio ma non mi emozionavo. A 19 anni un amico, Hernan Caruso, mi ha portato all’Independiente per provare con il futsal. Lì ho avuto due maestri, Tola e Pacheco, e sono arrivato immediatamente in Nazionale. Vincere per me è una droga, io gioco sempre con quel chiodo fisso. E qui ho un gruppo che la pensa come me. La gente, i dirigenti, i tifosi: qui tutti mi fanno sentire a casa. Mio figlio Leon è nato a Pescara quindici mesi fa, e anche mia moglie Camila adora questo posto. Speriamo di rimanere in questa città più a lungo possibile”.
Una parentesi sull’esperienza di Madrid con l’Inter Movistar:
“Gli allenamenti erano simili ai nostri, ma lì io e la mia famiglia eravamo soli. Non c’è l’affetto che mi danno a “casa”… Non pensavo fosse così dura allontanarmi”.
Un pensiero sulle sensazioni provate con i due gol al Real Rieti:
“É stata una grande emozione, entrare e segnare. La dedica è per Leon e Camila, ma anche per tutti quelli che qui mi vogliono bene. Sentire i tifoso che gridano il mio nome dagli spalti è stato splendido. Esultanza dedicata alla gente che parla del sottoscritto senza sapere. Mi piace scherzare e stare con i compagni. E mi piace mangiare: qualsiasi cosa, a tutte le ore. Sono capace di prendere un panino e un cappuccino anche prima di allenarmi”.
Sabato torna a Napoli, la sua prima tappa italiana nel 2008:
“In realtà la sede del vecchio Napoli era a Benevento. Abbiamo vinto uno scudetto Under 21, ma è stata un’esperienza difficile per tanti motivi”.
Lì c’era anche Maxi Rescia, connazionale ritrovato in nerazzurro:
“É stato bello ritrovarlo. Cuzzolino, invece, a quei tempi giocava nell’Arzignano ed era mio nemico”. Ora i tre argentini (che a marzo potrebbero essere convocati per il torneo sudamericano Odesur) sono riuniti per spingere l’AcquaeSapone verso un titolo. Borruto, che si è tatuato sul corpo il logo dell’Uefa e dello scudetto (ha sette tattoo in tutto), ha già trovato lo spazio per imprimersi sulla pelle il prossimo trofeo. “Posso farne ancora tanti di tatuaggi, prima pensiamo a vincere”.
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