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Calcagnì: “L’Italia deve accelerare nella prevenzione sismica”

da Donatella Di Biase

Giovanni Calcagnì tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi  è intervenuto ieri a Bari al Congresso dell’ ANIDIS su “L’Ingegneria Sismica in Italia” evidenziando che dal 1968 ad oggi  sono 4600 i  morti e 500.000 i  senza tetto per terremoti

BARI – E’  in corso di svolgimento, dal 18 al 22 Settembre, a Bari  il XIV Congresso dell’ ANIDIS  (Associazione Nazionale di Ingegneria Sismica) su “L’Ingegneria Sismica in Italia. Il convegno è un’occasione di incontro tra  professionisti, ricercatori e operatori del settore che hanno l’opportunità di confrontarsi su conoscenze , tecniche  e risultati di  recenti ricerche.

Ieri è intervenuto al Congresso Giovanni Calcagnì ,tesoriere del Consiglio Nazionale dei Geologi, che ha puntato il dito sulla inadeguatezza della  prevenzione sismica o meglio sul ritardo con cui i risultati della ricerca sismica vengono applicati. Bisogna dunque potenziare l’ adeguamento sismico delle strutture esistenti e farlo al più presto perché dal 1968 ad oggi  sono 4600 i  morti e 500.000 i  senza tetto per terremoti.

Ha detto Calcagnì:

non è nella ricerca sismica che l’Italia soffre, ma nell’applicazione dei risultati raggiunti. E su questo, rispetto ai paesi più virtuosi nella prevenzione sismica, siamo indietro di 15 anni, come evidenziato dall’Ocse (progetto GEM – Rui Pinho, segretario GEM Foundation), indicando nel mancato adeguamento sismico delle strutture esistenti il punto più dolente per il nostro Paese, dove l’investimento di risorse economiche ed umane resta insufficiente. Le applicazioni geologiche e sismiche finalizzate alla definizione puntuale delle pericolosità di sito è quindi uno dei settori da incentivare al massimo. I suddetti ritardi hanno determinato, dal solo 1968 ad oggi, circa 4600 vittime e 500.000 senza tetto (Belice ’68, Friuli ’76, Irpinia ’80, Marche-Umbria ’97, Molise-Puglia 2002, Aquila 2009). Da ciò è derivata una spesa pubblica per l’emergenza e la post-emergenza che si calcola pari a circa 150 miliardi di euro in soli 40 anni. Di contro, in prevenzione sismica, lo stato ha inteso investire “solo” 300 milioni dall’86 al 2003, e 750 milioni dal 2003 a oggi, soprattutto per adeguare edifici pubblici.

Nel territorio italiano sono state ricostruite dall’INGV ben 36 diverse zone sismogenetiche nelle quali, statisticamente, si originano circa 2000 terremoti l’anno aventi magnitudo superiore ai 2.5 gradi Richter. Di essi almeno un evento all’anno, sempre statisticamente, è sopra la soglia del danno significativo, compreso quindi tra 5 e 6 gradi ed uno ogni 10-20 anni è gravissimo, tra 6 e 7 gradi Richter. La faccenda dunque è assolutamente seria. Se a quanto sopra aggiungiamo l’alta vulnerabilità sismica da cui è caratterizzata una significativa percentuale dell’edificato esistente in Italia, sia pubblico che residenziale, risulta che ancora oggi ogni evento sismico di una certa intensità determina nuovi lutti e danni enormi, anche quando trattasi di eventi che, per la loro magnitudo, dovrebbero dare effetti molto più ridotti. L’Aquila 2009 ha purtroppo ancora una volta confermato tutto ciò. Dopo il sisma dell’Aquila, la legge 77/2009 ha previsto circa 960 milioni da investire fino al 2016 in valide ed innovative azioni di prevenzione, perché oltre agli edifici pubblici si investe in microzonazione sismica, nell’adeguamento di edifici privati, nella educazione sismica.

Tutto ciò è apprezzabile, ma rappresenta solo l’uno % di quanto si stima che occorrerebbe in totale per completare la prevenzione sismica in Italia. E speriamo che la scure delle varie manovre finanziarie non tagli tali già esigui fondi.

Calcagnì ha evidenziato poi  che mai come in questo settore e come in questo momento debbano attuarsi  sinergie sostanziali tra le conoscenze e le applicazioni della geologia e dell’ingegneria nel rispetto e valorizzazione reciproca dei ruoli e delle competenze, considerando che un efficace progetto strutturale, per essere tale, non può che fondarsi su adeguati modelli e analisi geologiche e sismiche di sito. In tale visione una parte importantissima è quella che compete agli enti pubblici preposti, in primis l’apparato nazionale e locale della protezione civile, che sta lavorando sodo su questi temi, ma anche le Regioni, l’Accademia e gli Enti/istituti di ricerca del settore.

Ha concluso Giovanni Calcagnì:

la pericolosità sismica italiana è forte, soprattutto nei territori appenninici  ma anche nelle altre regioni, ed è causata dalla particolare posizione geostrutturale della nostra penisola, collocata in pieno nelle zone orogenetiche attuali, dalla sua relativa “giovinezza” geologica e morfologica, dalla sua diffusa “fragilità” litologica per la grande presenza, in appennino, di sedimenti terrigeni spesso caoticizzati dalla tettogenesi, ed in pianura da sedimenti spesso soffici e in falda.
Tutto ciò costituisce un brodo di coltura micidiale da cui derivano diffuse, intense e difformi amplificazioni locali dell’input sismico, oltre che fenomeni di instabilità locale durante i sismi, quali frane e liquefazioni. Osserviamo abitualmente infatti fino a 3 gradi Mercalli di differenza negli effetti di un sisma, tra zona e zona di uno stesso agglomerato urbano, pur con edifici comparabili dal punto di vista delle strutture portanti.

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