Calcio a 5

Calcio a 5: la seconda giovinezza calcistica di Fabiano Di Muzio in neroverde

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Il bomber, tornato a giocare a Chieti dopo un pò di anni, presenta con emozione la sua nuova avventura sportiva

CHIETI – Fabiano Di Muzio … professione bomber. Definirlo un “Highlander del Calcio a 5” è riduttivo. Professionalità, passione e voglia di rimettersi anno dopo anno in gioco sono da sempre la sua vera forza. Alla soglia dei 41 anni, con quasi 600 gol segnati in carriera nei campionati nazionali, la scorsa estate è arrivata per lui la chiamata alla quale era impossibile rinunciare, quella del Città di Chieti. Tornare finalmente a vestire dopo anni la maglia neroverde per Fabiano di Muzio ha rappresentato un sogno realizzato, lui che per quei colori ha vinto tante battaglie, lottando su ogni campo d’Italia, vestendo quella maglia con l’orgoglio di chi sa che la gente da lui si aspetta quel “quid” in più rispetto ad altri giocatori. Si dice in genere che “nessuno è profeta in patria”, ma questo non vale per un uomo e uno sportivo amatissimo a Chieti che ha dato tantissimo alla squadra della sua città portando in alto il nome della città stessa a livello sportivo.

Quest’anno per Fabiano Di Muzio dunque una nuova avventura che si preannuncia entusiasmante e ancora più emozionante del solito per uno che è abituato a calcare palcoscenici importanti, ma sa che stavolta sarà diversa e ancora più stimolante delle altre. Presente, passato e futuro di un vero esempio di sport per i ragazzi che si avvicinano al Calcio a 5 nella nostra intervista.

Che emozioni hai provato nel tornare a vestire la maglia neroverde del Chieti?

“Quando ho firmato la scorsa estate per il Città di Chieti e abbiamo fatto la classica presentazione, mi hanno fatto indossare la maglia neroverde numero 9: appena messa addosso ho avuto la pelle d’oca e anche adesso solo parlarne mi dà uno stimolo particolare forse perché mi ricorda il passato, quando ho iniziato e le vicissitudini degli esordi quando sono passato dal calcio a 11 a quello a 5, i molti sacrifici fatti, un anno da allenatore – giocatore, la fascia da capitano e poi mi fa tornare in mente ciò per cui vivo, i tanti gol fatti. Questo senza nulla togliere alle altre maglie che ho indossate e alle società dove sono stato, tutte fantastiche, squadre con le quali sono stato benissimo. È un’emozione forte essere tornato a Chieti che non pensavo di vivere. Anche quando sono sceso in campo per la prima partita ufficiale ero emozionato nel rivedermi con quei colori: abbiamo giocato con le maglie bianche, ma le bande neroverdi c ‘erano ovviamente. Ho avuto la fortuna di segnare ad uno dei miei primi palloni toccati, siglando alla fine del match una doppietta. Sono partito bene, è un bel momento per me. Sono sicuro che l’emozione di indossare di nuovo i colori neroverdi mi darà uno stimolo in più per fare ancora meglio”.

Cosa ti aspetti da questa stagione? La squadra è tornata ad avere il nome della città e dopo tanto tempo a Chieti torna la Serie B nel calcio a 5 …

“È motivo d’orgoglio trovarmi in una società importante e in grossa crescita che per la prima volta gioca un campionato nazionale. Il gol segnato da me contro la Dem in Coppa della Divisione è il primo ufficiale del Città di Chieti in una competizione a livello nazionale dunque è anche un pezzettino di storia. Mi aspetto una stagione importante, un campionato duro come la Serie B. La società ha operato bene in sede di mercato, è forte e stabile, ha scelto un allenatore di categoria superiore come Vinicius e in maniera ponderata giocatori giovani da inserire accanto a noi che siamo un po’ più esperti per facilitarne la crescita e l’inserimento, ma soprattutto dare un futuro alla squadra e a questo sport: prima o poi noi che siamo più “anzianotti” dovremo abbandonare, passare dall’altra parte della barricata e c’è necessità di avere giovani validi e seri che prendano il nostro posto”.

Nella squadra ritrovi un amico e compagno di tante avventure e battaglie sportive, Francesco Cornacchia, ma anche altri …

“Ne ritrovo tanti in realtà, a partire dal mister Vinicius, Cesar, Correggiari, Matteo Ciommi, persone con le quali ho condiviso, oltre che molte battaglie sportive, anche importanti situazioni di vita, basti pensare che Francesco Cornacchia è mio testimone di nozze, la figlia di Vinicius è stata battezzata da me. Con Francesco poi c’è un rapporto di una vita, entrambi abbiamo la maglia neroverde cucita addosso e questo, come ho detto, ci dà quel qualcosa in più quando entriamo in campo per difendere i colori della nostra città”.

Quando una squadra prende Fabiano Di Muzio si aspetta tanto in cambio: cosa prometti tu alla tifoseria neroverde che tanto ti ama?

“Non ho mai fatto promesse come numero di gol e siccome sono abbastanza scaramantico non ne faccio neanche in questo caso. Segnare mi è sempre riuscito bene, spero soprattutto che la condizione fisica mi assista. Sto bene, ho ancora tanta voglia, ma l’età comunque avanza e quindi devo centellinare meglio le energie essendo io un generoso. Assicuro che metterò le mie caratteristiche e la mia esperienza al servizio della squadra e dei giovani che sono ragazzi seri, rispettosi e propositivi che hanno voglia di imparare. Lo scorso anno ho finito il campionato con la Dem a 31 gol, raggiungendo quota 593 ufficiali. Quando arrivi a questi numeri e hai già segnato altre due reti in una partita ufficiale viene in mente di fare una bella maglietta con la scritta “600”, poi mi dico fra me e me che se mi fermo a 600 è poco dunque cercherò di superare il più possibile questa quota 600 … solo pensare al fatto di aver bucato la rete 600 volte ed aver esultato mi viene la pelle d’oca. È una cosa difficile da credere, è vero che sono stati circa venti anni, ma allo stesso tempo vuol dire anche 30 gol di media a campionato che sono tanti e ci tengo a precisarlo che l’ho fatto in campionati nazionali”.

Il calcio a 5 è uno sport un po’ in difficoltà, ma i giovani ci si avvicinano sempre più numerosi. Quanto lo vedi in difficoltà in Abruzzo?

“Il settore è in difficoltà esclusivamente perché negli anni passati sono state sbagliate delle politiche. Per me il Calcio a 5 sarebbe dovuto diventare uno sport professionistico a tutti gli effetti: lo è dal punto di vista pratico visto che le squadre di Serie A fanno sei o sette allenamenti a settimana, anche noi facciamo un mese di preparazione tutti i giorni e quattro allenamenti a settimana più la partita con partenze anche il giorno prima, dunque è uno sport che ad alti livelli è professionistico. Purtroppo non è stato mai fatto questo passaggio a livello burocratico e ciò significa che società che si buttano in questo mondo, nel momento in cui hanno problemi finanziari o di altro tipo, si tirano indietro e scompaiono, come è successo al Pescara, per parlare della nostra regione, o anche a squadre di categorie inferiori, il Loreto dove c’ero anche io o a Chieti con il Cus per motivi leggermente diversi.

Se non ci sarà prima o poi questa stabilizzazione burocratica come in Spagna, Brasile, Portogallo o altre grandi nazioni evolute a livello di Calcio a 5 potrà sempre succedere che una società va avanti ad altissimo livello per alcuni anni e poi deve fermarsi ad un certo punto perché non ha più voglia di investire o lo sponsor principale decide di cambiare aria. La situazione non è bella e di contro si vede che i giovani si avvicinano sempre più a questo sport che attira, è bello da vedere, sta aumentando anche la sua visibilità in Italia perché le partite vengono trasmesse su canali televisivi. Sono stati fatti passi importanti, ma non è nulla se non c’è il salto di qualità a livello generale”.

Con quali ambizioni si presenta il Città di Chieti al Campionato di Serie B?

“La squadra è stata costruita per fare bene, non ci sbilanciamo troppo perché la Serie B è un campionato starno nel senso si alternano annate in cui ci sono squadre forti e attrezzate e altre nelle quali il livello è in po’ più abbordabile. C’è da valutare poi il girone abbastanza eterogeneo: noi siamo stati inseriti in quello con squadre umbre, marchigiane, molisane e romagnole. Non conosciamo tutti i nostri avversari. Per noi la salvezza dovrebbe essere l’obiettivo minimo da conquistare poi l’appetito vien mangiando e dunque ciò che di buono potrebbe arrivare ce lo prenderemmo. La società non ha mai nascosto l’ambizione di riportare Chieti in tempi brevi almeno in quella prima lettera dell’alfabeto come categoria. Ho abbracciato questo progetto alla grande tanto da collaborare con la scuola calcio con i bambini perché sento di voler mettere a disposizione totalmente la mia esperienza e le mie competenze e capacità per aiutare la crescita di questa società che merita e ha una struttura importante ed è quella della mia città. Quando si è trattato di firmare abbiamo parlato pochissimi secondi con il presidente: c’è stata un’unione di intenti immediata”.

Cosa rispondi a chi ti definisce “l’Highlander del Calcio a 5”?

“Fino a quando mi divertirò e avrò voglia di giocare e allenarmi non smetterò. La mia grande fortuna, facendo i debiti scongiuri, è che non ho mai avuto dei grossi problemi fisici o infortuni traumatici. Aiutano tanto la voglia, la passione e soprattutto la volontà di fare ancora sacrifici a 41 anni, con due bambini, un lavoro. Ai ragazzi mi piace raccontare che quest’anno la preparazione del Città di Chieti è iniziata il 27 agosto: io e Francesco Cornacchia siamo stati al percorso vita a correre e allenarci già dal 20 luglio per farci trovare pronti perché sappiamo che ogni anno che passa è sempre più dura, ci sono tanti giovani che per caratteristiche e età vanno al doppio di noi, però noi mentre gli altri erano al mare eravamo ad allenarci sotto il sole.

Fino a quando ci sarà la voglia di fare certi sacrifici perché si dovrebbe smettere? I sacrifici secondo me pagano. Siamo andati anche la mattina prestissimo a correre al mare ed è anche dura vedere magari altri che stanno lì a divertirsi però io dico ai giovani: adesso un ragazzo di 19 anni inizia la preparazione già pronto per conformazione fisica, però col passare degli anni e se si vuole fare il salto di qualità bisogna fare una vita sana, divertirsi quando è il momento di farlo, ma senza esagerare. Sono discorsi che mi facevano quando ero giovane e ora sono arrivato all’età che li faccio agli altri. Credo di poter essere un esempio per un qualsiasi ragazzo che inizia a giocare a calcio a 5 … una persona di 41 anni che ha ancora la fortuna di calcare campi importanti e soprattutto la voglia rimettersi in gioco anno dopo anno”.

Ti piacerebbe ripetere l’esperienza di allenatore-giocatore in futuro?

“Prima dell’anno al Cus Chieti non era fra le mie aspirazioni fare l’allenatore, mi vedevo più o dirigente o responsabile del settore giovanile o a lavorare con una scuola calcio. Quella esperienza invece mi ha aperto la mente perché mi sono ritrovato quasi per caso e costretto a rivestire il doppio ruolo che poi in realtà facevo anche altro: l’ho fatto volentieri e con gran piacere. Venivamo dalla Serie A2 e ci siamo ritrovati in un batter d’occhio in C2: col senno di poi mi è servita tanto quell’esperienza perché mi ha aperto la mente alla volontà di provare anche un’eventuale carriera di allenatore nel momento in cui mi daranno la possibilità. Sul doppio ruolo allenatore-giocatore sono sempre stato un po’ scettico: fatto in maniera intelligente sapendo che fare entrambi i ruoli al 100% non è possibile allora si può fare.

C’è secondo me la necessità di essere affiancati magari da un preparatore di fiducia e uno o due giocatori che fanno da allenatori in campo e soprattutto con la convinzione che non puoi rendere in mezzo al campo come quando fai solo il giocatore. Non escludo a priori però di rifare questa esperienza, sarà che quella fu un’annata indimenticabile visto che vincemmo coppa e campionato realizzando il cosiddetto “Double”. Per un allenatore, a mio giudizio, è importantissimo, oltre al lavoro del campo, anche quello precedente, costruire cioè una squadra in cui vengano prese in esame, oltre alle caratteristiche tecniche dei giocatori, anche quelle umane perché se si fa gruppo i risultati vengono automaticamente”.

Puoi dire di aver ritrovato questo senso del gruppo nel Città di Chieti?

“Noi per scherzare a volte parliamo di “Cus 2.0”. Il gruppo è forte ed unito: i ragazzi che sono arrivati quest’anno si sono già integrati e la società è stata intelligente nel costruire una squadra di questo tipo. Sicuramente con il gruppo forte di solito 9-10 punti in più nel corso di un campionato si riescono a conquistare perché c’è volontà di aiutarsi, incoraggiare un compagno dopo un errore e non prenderlo a parole. Questi aspetti fanno la differenza. Complimenti alla società per la lungimiranza negli acquisti.

Sono felice perché ritrovo amici oltre che giocatori forti: è un ambiente per me ideale, con un’ottica diversa rispetto al passato mi metto a disposizione con la consapevolezza che, a differenza dello scorso anno in cui giocavo 40 minuti a partita, dovrò limitare il minutaggio perché è giusto che sia così visto che ci sono dei ragazzi che devono crescere e meritano e non ha senso che stiano a guardare seduti in panchina un quarantunenne in campo benché quest’ultimo abbia le caratteristiche per starci. Tutto in questo modo diventa più facile: credo che ci toglieremo delle belle soddisfazioni sia come squadra sia io a livello personale”.

Pubblicato da
Piero Vittoria

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