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Campo di Giove, vivere nei piccoli paesi al tempo del coronavirus

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CAMPO DI GIOVE – Tutta l’Italia in quarantena, spostamenti e uscite ridotti al minimo se non per comprovate necessità. Città vuote, movida spenta, il silenzio è l’unico re delle strade. I grandi centri diventano come piccoli borghi montani e si apprestano ad assaporare la “sfida” che ogni giorno, gli abitanti dei piccoli comuni sono chiamati ad affrontare, quella di vivere in solitudine e lontano dalla frenesia, con una vita quotidiana scandita da pochi gesti, semplici ma essenziali, poche relazioni sociali ma forti e sincere e tanta voglia di riflessione.

Già, perché i piccoli comuni italiani, popolati da anziani e pochissimi giovani si può dire che vivono quasi tutto l’anno “in quarantena”, anche qui ci sono piccoli eroi che resistono e sono i piccoli commercianti locali, quelli che, si impegnano, quelli che, non sono solo chiamati alla gestione di un locale commerciale, ma che sono chiamati a combattere una missione giorno dopo giorno che è quella di offrire un servizio alla collettività e all’utenza turistica. Vivere nei piccoli paesi implica sempre un grande sacrificio, ma è anche vero che ci porta a conseguire grandi risultati.

Da giovane imprenditore posso dirlo. Quante volte sentiamo ragionare i giovani su questioni come “ questo paese non offre niente” “è meglio andare via”, frasi queste che assumono un altro significato al giorno d’oggi, momento in cui tutti tornano ad apprezzare i propri paesi, rimpiangendo le piccole realtà, tranquille e incontaminate. Qui, nel piccolo borgo montano di Campo di Giove, incastonato sulla Majella, a 1100 mt s.l.m. in un’oasi incontaminata di aria buona e natura viviamo una vita tranquilla. La presenza degli anziani è molto importante nelle case e trasmette valori di una vita passata e dimenticata. Spesso mi piace assistere a scene di vita quotidiana del nostro piccolo borgo montano, dove la solitudine è un’abitudine, dove la frenesia prende il posto del silenzio tutto l’anno. Vedo mio nonno, al mattino presto preparare il legname per accendere la stufa e mentre il fuoco scoppietta prepara la colazione: rigorosamente una zuppa di latte fresco, miele e pane abbrustolito, dice che perde l’amido ed è più leggero. Fatta la colazione, verso il mezzogiorno, in un pentolino prepara il sugo e poi, si reca alla legnaia e, con un sacco di legna sulla spalla raggiunge la porta di casa con un bastone nella mano destra.

Il pomeriggio è il momento delle storie attorno al fuoco, si completa il quadro: mia nonna dietro la finestra, vicino la stufa intreccia il merletto e mio nonno inizia a raccontare le sue avventure di giovane pastore, quando la vita era piena di sacrifici e a soli 11 anni, doveva recarsi al pascolo con ben ottanta pecore al seguito. Mi racconta delle sue avventure del 1944, quando, insieme ad un gruppo di amici, il quattro marzo, raggiunse il fronte alleato con ben 4 metri di neve rischiando la vita alla volta del versante opposto della Majella, verso Casoli. Mi racconta la gioia del 1930 quando, arrivò in paese per la prima volta l’elettricità, con una sola lampadina per casa, installata in cucina. Mia nonna, fa memoria, commossa di una vita contadina fatta di sacrifici e lavoro, di trebbiatura, pascolo e raccolto, di forme di formaggio e campi di grano, del sapore della fatica.

Così le giornate si arricchiscono, assumono un altro significato. Una passeggiata all’aria aperta, il silenzio del vento che accarezza le punte della pineta, il cielo terso e la montagna madre che veglia sui suoi figli e in ogni stagione si veste di colori diversi, la magia del borgo antico, dove vive il mistero, pietre che raccontano storie, strade che narrano fiabe, il vecchietto che in posta ritira il suo lauto compenso, la madre di famiglia che si reca in negozio per fare la spesa, anche le anziane con il bastone su una mano non mancano al dovere: il macellaio, il panettiere, l’alimentari, il giornalaio. Ecco cos’è il paese, qualche pensionato che lascia ancora vivere qualche bottega e senti l’incudine che fa eco per le vie del borgo, e la voce flebile di uno scalpellino che si perde alla fine della strada. Ecco la vita di paese, una sfida, una vocazione che devi sentirti dentro. Vivere in paese significa trovare un equilibrio tra ambiente, natura e mente, quello che in città oggi è divenuta una necessità, nei piccoli borghi è sempre stata una sfida da vivere giorno dopo giorno in un contesto in cui si viene educati fin dalla tenera età al valore del sacrificio.

Riflessioni a cura di Marco Del Mastro

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