Chieti

Il Capitano Ettore Zappacosta uno degli Eroi dello “Sbarco in Normandia”

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Era rimasto, fino ad oggi, dalle praticamente sconosciute origini. Noi le abbiamo finalmente ricostruite. Il padre era nato a Tornano Nuovo in provincia di Teramo. La madre era nata a Rapino in provincia di Chieti.

RAPINO – Il Capitano Ettore V. Zappacosta nacque a Philadelphia 13 febbraio del 1915, da Camillo (nato il 20 giugno 1877 a Torano Nuovo in provincia di Teramo – figlio di Vincenzo e Angela Rosa De Martino – di professione sarto – giunse a “Ellis Island” nel 1906 – morì a Philadelphia il 6 aprile del 1956) e da Ernestina (o Esterina) Amoroso (nata a Rapino in provincia di Chieti – figlia di Eliseo e Giovina Costantini – giunse ad “Ellis Island” nel 1907 a bordo del piroscafo “Neckar” – morì a a Philadelphia il 15 Ottobre 1918). Oltre a lui in casa Zappacosta arrivarono altri due figli Angelo J. (n. 27 luglio 1911 – m. 1996 – fu supervisore della “Philadelphia Eletric Co.” – sposò Margaret Emanuela dalla quale ebbe tre figli: Eugene, Ernest e Camillo) e Edith (n.1913 – m. 1992 – sposò il dottor Frank Amari ebbe due figlie Gloria e Nannette). Dopo la prematura morte della madre, aveva poco più di trent’anni, il padre si risposò, assai probabilmente, con Palma Alessandroni.

Ettore Zappacosta era il capitano della Compagnia B del 116° Reggimento della 29ª Divisione dell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale. La sua compagnia si imbarcò, sulla nave da sbarco “SS Empire Javelin”, da Weymouth-Portland per dirigersi verso “Omaha Beach”. Era il 6 giugno 1944. Lasciata la “SS Empire Javelin” salirono sui mezzi da sbarco e il capitano Zappacosta era il primo uomo al fronte. Avvistata la spiaggia pare che chi la manovrasse, visto l’incessante fuoco nemico, disse: “: “Non posso andare oltre. Abbasso la rampa” e fu allora che il capitano Zappacosta avrebbe tirato fuori una Colt 45 dicendogli “Per Dio porterai questa barca dritta dentro” (Avrebbe costretto il pilota a avvicinarsi di più alla riva sotto il fuoco tedesco perché riteneva determinante poter percorrere il minor spazio possibile esposti al fuoco avversario). Quando la rampa fu abbassata il capitano Zappacosta fu il primo a scendere. Venne immediatamente colpito. Il medico Thomas Kenser lo vide sanguinare dal fianco e dalla spalla. Kenser, ancora sulla rampa gli gridò: “Cerca di farcela! Sto arrivando”. Ma il capitano era già morto. Sparì tra le acque e il suo corpo fu poi rinvenuto sulla spiaggia. Nelle motivazioni dei numerosi riconoscimenti “alla memoria” si leggeva: “Zappacosta condusse valorosamente i suoi uomini in battaglia sulla scia della devastazione di “Omaha Beach”. Il suo sacrificio finale portò alla libertà della Francia, dell’Europa e del resto del mondo”. Il Capitano Ettore Zappacosta riposa nel cimitero “Holy Cross” di Yeadon, in Pennsylvania.

A cura di Geremia Mancini – presidente onorario “Ambasciatori della fame”

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