La denunce risalgono a quest’estate, quando tre persone in tempi diversi si sono presentate nella Caserma di via Ricciardi a Chieti Scalo lamentando di essere stati truffati da un tale che asseriva di essere appartenente alle Forze di Polizia, M. B., si era presentato come un Capitano dei Nocs (Reparto speciale della Polizia di Stato) sovente impegnato in pericolose missioni sotto copertura e scorte a eminenti personalità dello Stato.
“I Carabinieri della Compagnia di Chieti, con i colleghi di Roma Centro e Civitavecchia – ha spiegato il Maggiore Federico Maria, Guglielmo Fazio – hanno tratto in arresto due soggetti con l’accusa di millantato credito, truffa e falsità. Uno dei due soggetti in particolare aveva la parte attiva nel sodalizio criminale, soleva spacciarsi per appartenente alle Forze di Polizia, in particolare come un Capitano dei Nocs, reparto di punta della Polizia di Stato. Mediante questa presentazione riusciva a carpire la buona fede degli interlocutori, verso i quali si poneva come mediatore verso alcuni personaggi del Tribunale Fallimentare di Roma, vantando conoscenze in modo da poter pilotare favorevolmente determinate attività per acquisire vantaggi nel corso delle mediazioni.
Il soggetto attraverso il tesserino falso riusciva a carpire la fiducia delle persone che si affidavano a lui per l’intermediazione, poi c’era il complice che faceva le telefonate simulando di essere il rappresentante del Tribunale Fallimentare che poi interagiva anche con i soggetti che venivano truffati assicurandole sul buon andamento delle transazioni, in cambio di regalie e di piccoli pensieri per poter aggiustare le cause. Le indagini sono durate alcuni mesi, sono iniziate alla fine dell’estate di quest’anno, attraverso anche la strumentazione tecnica si è riuscito ad individuare il soggetto principale, Rizzo, alias Capitano Ombra come si faceva definire, un soggetto senza fissa dimora la cui figura è stata in forse sin dal primo momento, ed è per questo che abbiamo dovuto svolgere un servizio su Roma”.
“Il modus operandi era quello di adescare delle donne in chat – ha aggiunto il Tenente Maria Di Lena – tramite loro introdursi nella cerchia di amicizie e scegliere la vittima ideale che molte volte era facoltosa, benestante ed altre volte in necessità di denaro, quindi ancora più sfruttata. Di solito prediligeva le persone facoltose per spremerle meglio. Dopodiché, sempre con l’ausilio di falsi tesserini, per il momento non siamo ancora in grado di dire come se le siano procurate, carpiva le buona fede delle vittime e man mano si faceva effettuare delle ricariche su post pay intestate anche a terze persone. Solo nella provincia di Chieti fino ad ora avevano truffato 20 mila euro”.
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