“Per il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria le condizioni di vita dei detenuti, in linea con le prescrizioni dettate dalla sentenza Torreggiani, sono migliorate in Italia – sottolinea Donato Capece, segretario generale del Sappe – Non si dice, pero’, che le tensioni del sistema penitenziario italiano continuano a scaricarsi sulle donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, quotidianamente impegnati a contrastare le tensioni e le violenze che avvengono nelle nostre carceri vedono spesso i nostri Agenti, Sovrintendenti, Ispettori picchiati e feriti dalle violenze ingiustificate di una consistente fetta di detenuti che evidentemente si sentono intoccabili”.
“I dati sono gravi e sconcertanti e sono utili a comprendere organicamente la situazione delle prigioni del nostro Paese: ometterli e’ operazione mistificatoria”, prosegue il leader del primo Sindacato della Polizia Penitenziaria con il segretario regionale Sappe d’Abruzzo Giuseppe Ninu. “Dal primo gennaio al 30 giugno 2015 nelle 8 carceri dell’Abruzzo si sono infatti contati 15 decessi per cause naturali in cella, 3 tentati suicidi sventati in tempo dai poliziotti penitenziari e 78 atti di autolesionismo posti in essere da detenuti. Ancora piu’ gravi i numeri delle violenze contro i nostri poliziotti penitenziari: parliamo di 41 colluttazioni e 16 ferimenti. Ogni giorno, insomma, le turbolenti carceri abruzzesi ed italiane vedono le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria fronteggiare pericoli e tensioni e per i poliziotti penitenziari in servizio le condizioni di lavoro restano pericolose e stressanti”.
“Ma il Dap queste cose non le dice”, denunciano infine Capece e Ninu: “l’unica preoccupazione, per i solerti dirigenti ministeriali, e’ evidentemente quella di migliorare la vita in cella ai detenuti. I poliziotti possono continuare a prendere sberle e pugni, a salvare la vita ai detenuti che tentato il suicidio nel silenzio e nell’indifferenza dell’Amministrazione penitenziaria”. Teramo e L’Aquila sono le due carceri abruzzesi con il piu’ alto numero di atti di autolesionismo (quando un detenuto si lesiona il corpo ingerendo chiodi, pile, lamette, o procurandosi tagli sul corpo), rispettivamente 40 e 20 casi.
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