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Carcere di Sulmona, il calvario di un poliziotto penitenziario

da Marina Denegri

Positivo sì, positivo no. Innamorato del suo lavoro ma due volte catapultato inutilmente nel dramma dell’incognita Covid

foto nardella

SULMONA – Quello occorso a B.V., un assistente capo di polizia penitenziaria di 44 anni di stanza al carcere di Sulmona, ha davvero dell’incredibile. Egli, infatti, per ben due volte si è ritrovato di fronte ad esiti di indagine alla positività al Covid completamente contrapposti nel giro di pochissimi giorni”. A raccontare l’incredibile vicenda è il segretario generale territoriale UIL PA polizia penitenziaria Mauro Nardella. 

Sottoposto a tampone il 17 novembre scorso, a B.V. gli viene refertato un esito dello stesso con la dicitura “dubbio” salvo poi risultare negativo 5 giorni dopo allorquando veniva nuovamente sottoposto a test molecolare.

Già allora la paura pervase l’animo di B.V., preoccupato come era (e come lo sono tutti coloro i quali vengono attinti da questa sentenza) delle possibili conseguenze che tale morbo avrebbe potuto causargli.Il tutto senza contare il fatto che l’isolamento in casa (e sarebbe stata già la seconda volta visto che ad Aprile ha dovuto sottostare a 14 giorni di isolamento fiduciario) avrebbe di lì a poco preso il posto di quella libertà che, ovviamente, nessun uomo e per nessuna ragione al vorrebbe rinunciare.

Tutto questo avveniva, inoltre, quando il dramma del covid all’interno del carcere di Sulmona non ancora si compiva e, soprattutto, quando non ancora si sapeva di due cinquantanovenni deceduti per Covid tra la fila di poliziotti penitenziari abruzzesi (seppur uno di questi in quescienza).

La situazione più eclatante e drammaticamente vissuta da B.V. doveva comunque ancora presentarsi.

L’11 Gennaio il poliziotto si sottopone, per via del protocollo attivato tra Asl ed Amministrazione penitenziaria, a nuovo test. Questa volta l’esito risulta ancora più drammatico. A B.V. viene attestata la positività al Covid. Per lui, neanche a dirlo, è l’inizio di un ennesimo, anche se più mal digerito, calvario personale. Questo per via dello stato d’animo stressato dai turni pesanti effettuati in conseguenza della sua professione svolta e notevolmente appesantiti dalle tregende che hanno caratterizzato, negli ultimi tempi, il clima penitenziario sulmonese in particolare ed abruzzese in generale.

Di Covid come si sa si può anche morire e questo il basco blu sulmonese lo sa benissimo. Tuttavia quello che viene poco considerato, stando a quello che lo stesso B.V. riferisce, è la paura che si vive quando l’esito che ti viene comunicato porta la nefasta dicitura :” positivo” o ” dubbio”. Solo chi è chiamato a sopportarlo di persona può capire cosa significhi essere etichettato quale soggetto affetto da coronavirus. Il tutto senza contare i risvolti personali, famigliari e anche in termini di procedure amministrative che tale condizione comporta.

Per la terza volta B.V. viene isolato dal mondo. Per lui questo significa vivere per l’ennesima volta una sorta di arresto domiciliare sanitario aggravato dalla paura di non potercela fare o quantomeno dalla sensazione di poter andare incontro a spiacevoli situazioni. La storia però non finisce qua. Il 15 di gennaio B.V. effettua un altro tampone che però da esito negativo.

La storia per lui si ripete. Questa volta a minare la sua psiche non è solo la paura dei risvolti che una condizione del genere può avere sul suo destino ma l’incredibile decisione dalla Asl presa di non concedergli, pur essendo sempre stato asintomatico, il lascia passare per il suo ritorno al lavoro. Quel lavoro che stante la peculiarità che avesse di porlo quotidianamente di fronte a enormi rischi di contagio (B.V. è stato uno dei tanti poliziotti che ha dovuto gestire i detenuti gravemente ammalati nei vari presidi ospedalieri) comunque non ha mai smesso di amare.

Insomma per B.V. un 2021 tutt’altro che iniziato sotto i buoni auspici anche se attraverso la sua esperienza nulla va dato per scontato.

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