L’AQUILA – Casamaina è un piccolo borgo dell’Abruzzo aquilano, 171 abitanti, una delle frazioni del comune di Lucoli, luogo di escursioni festive per gente comune, di vacanza estiva e invernale. Di un mese fa il provvedimento del Presidente della Regione Abruzzo che ha dichiarato zona rossa, con misure restrittive anti Covid, cinque comuni della provincia dell’Aquila, tra i quali Lucoli. Una settimana fa 5 casi di positività al contagio sono stati accertati nel territorio comunale, lo ha comunicato il sindaco di Lucoli. Tutto questo è stato sufficiente per far balzare all’attenzione della cronaca nazionale Casamaina e Lucoli, nel contesto della notizia d’una ripresa del contagio in Italia.
In paese la gente è sorpresa per questa “attenzione” nazionale da Covid 19, abituata com’è Casamaina ad altri tipi di meritate attenzioni, per le meraviglie della natura, per le bellezze ambientali, per la buona cucina ed altro ancora, non certo per la pandemia che sta martoriando il mondo intero. Una pubblicità non cercata e non voluta, della quale volentieri avrebbe fatto a meno. Un allarme per la comunità di Lucoli ed i suoi frequentatori per fortuna rapidamente rientrato. Casamaina merita altra pubblicità positiva, per la grande generosità della sua popolazione, per l’ospitalità premurosa, per la bellezza dei suoi luoghi irripetibili.
Tanti anni fa Casamaina era un borgo montano isolato per le condizioni climatiche impossibili, per questo ancor più ameno, con una strada sterrata che rendeva difficile raggiungerlo, l’ultimo di un comune molto esteso, Lucoli, e composto da molti piccoli borghi di poche anime, ma pieni di vita e di umanità, con un presidio di pochi carabinieri, il municipio, la condotta medica e ostetrica, la scuola elementare e nell’Ottocento toccato persino da episodi di brigantaggio.
Nel territorio comunale, a Campo Felice, fino ad allora un vasto altipiano di verdi pascoli per pecore, qualche mucca, qualche asino o mulo, fu scoperta la bauxite e venne aperta una miniera. Anche allora divenne luogo d’interesse nazionale, ed accaddero alcune cose fino a quel momento inimmaginabili: la strada provinciale asfaltata, l’andirivieni di camion carichi di minerale scavato diretto verso il porto di Pescara e con destinazione finale Trieste, l’occupazione per una popolazione dedita alla pastorizia ed alla produzione di carbone vegetale, le comunicazioni giornaliere con la città capoluogo. Insomma, l’apertura alla civiltà! Questa la situazione di allora.
Casamenaro era un tempo (e lo è ancor oggi per gli antichi valori che conserva) la persona adusa alla fatica, alla tribolazione, ma orgogliosa, instancabile e solidale. L’abitazione misera, a volte attaccata alla stalla dove qualche pecora, a volte un asino o una mucca contribuivano a mandare avanti a stenti la baracca familiare.
Negli anni successivi Casamaina si apriva al primo turismo della neve, qualche negozio e persino qualche pensione, un certo benessere cominciava ad affacciarsi. Intanto si esauriva però il commercio del minerale, non più redditizio, e iniziava l’esodo verso il capoluogo o i paesi d’emigrazione. Negli anni Settanta arriva l’autostrada Roma-L’Aquila e lo svincolo di Tornimparte-Campo Felice. La nuova strada bypassa la valle di Lucoli e di conseguenza il turismo, soprattutto da Roma, segue il nuovo percorso per raggiungere gli impianti da sci di Campo Felice. Ora però la situazione si è un po’ assestata, a Lucoli e nelle sue frazioni. C’è chi, avendo scoperto l’amenità del luogo, ha comprato o riadattato una casetta dove va passare in serenità, fuori dalle nevrastenie della grande città, i fine settimana e le vacanze.
La mia memoria torna agli anni Cinquanta quando Sirio Castellani, mio fratello e medico, per concorso si aggiudica la condotta di Lucoli, allora abbastanza numerosa di abitanti. Si sistema a Collimento, capoluogo del comune, sede della caserma dei carabinieri – cinque o sei unità al comando di un brigadiere -, presenti sul posto anche un nucleo di agenti del Corpo forestale, l’ostetrica condotta, l’ufficio postale. Bisogna inoltre aggiungere che Lucoli era ed è residenza di un abate nelle prestigiosa Abbazia benedettina di San Giovanni, a Collimento. Ricordo anche la presenza, a Casamaina, di un giovane parroco molto vivace, don Valente, legato con incommensurabile affetto alla gente e punto costante di riferimento della popolazione.
Le comunicazioni con Casamaina erano sempre state problematiche. Spesso il medico, soprattutto nel periodo invernale, per arrivare in paese doveva ricorrere al supporto dei carabinieri, alla jeep in loro dotazione. A tal proposito c’è da dire che l’inverno a Lucoli era lungo e la neve ben abbondante. Ricordo che in un inverno particolarmente rigido una partoriente a termine che doveva essere ricoverata in ospedale, da Casamaina richiese per l’impercorribilità della strada l’intervento del Soccorso alpino. Alpinisti di notoria fama discesero la puerpera in taboga fino a Collimento. Là un’ambulanza l’aspettava per portarla in ospedale, dove il parto avvenne in tutta tranquillità. Questo episodio, che mi fu raccontato da mio fratello Sirio, ebbe anch’esso risonanza della stampa nazionale.
Condizioni di lavoro sempre molto impegnative, la gente era restìa al ricovero ospedaliero, che avveniva solo in situazioni eccezionali. Sirio aveva un rapporto affettivo eccezionale con Casamaina e i suoi abitanti, gente generosa attaccata al suo medico. Egli la ripagava con una particolare dedizione. L’ambulatorio era sempre affollato – forsanche perché l’ambiente era riscaldato – pure perché i cittadini di Lucoli rinsaldavano con lui il contatto di fiducia, coltivando una familiarità davvero intensa. Tre giorni a settimana andava su a Casamaina. L’ambulatorio in un piccolo locale, un tavolino e due sedie, un letto da visita spartano e una piccola stufa a legna in ghisa, l’incontro con don Valente che lo ragguagliava sulle condizioni della gente, questo era il mondo di Sirio a Casamaina. C’era solo un negozietto nel paese, aveva il telefono, unico mezzo di collegamento. Quando Sirio mi portava con sé, mi lasciava in buona custodia dal gestore del negozietto, che mi riservava ogni premura e ogni volta mi deliziava con qualche caramella. Le traeva dai barattoli di vetro che contenevano i vari gusti di caramelle sfuse.
In quel tempo c’erano le varie mutue che erogavano l’assistenza gratuita per le diverse categorie di assistiti: INAM, Coltivatori Diretti, ENPAS, INPDAP, ARTIGIANI. Qualcuna sicuramente sfugge alla memoria. Ricordo che sempre si tornava da Casamaina con qualcosa che i pazienti visitati usavano offrire al loro medico, cose genuine e naturali che donavano con cortese insistenza: uova, piccoli formati di formaggio di pecora, frutta di stagione ed altri prodotti fatti in casa. Non potrò mai dimenticare – ancora il ricordo mi emoziona – un’anziana umile donna sola, visitata a domicilio, che condivideva con una mucca la sua unica stanza, divisa da un rudimentale tramezzo di legno. Alla fine della visita consegnò a Sirio un pacchettino molto profumato. Si trattava di una piccola saponetta che oltre al profumo emanava tutta la riconoscenza e l’affetto provati verso il suo medico. Un rapporto sempre vivo e cordiale che si rafforzava sempre di più.
II lavoro in miniera, l’esposizione alle polveri di calcare, il rischio di affezioni respiratorie sempre presente. Per diversi anni questo fu uno dei prevalenti impegni per Sirio, controllare le condizioni di salute dei suoi assistiti e approntare la documentazione medica a supporto della richiesta di riconoscimento di malattia professionale. Questo impegno assiduo cementò il rapporto degli abitanti di Lucoli con il loro medico condotto. Molti di loro, dopo mesi di traversie, ebbero finalmente riconosciuto il diritto a fruire dell’indennizzo del rischio, grazie alla solerzia del loro medico.
Nel 1968-69 arrivò l’asiatica. L’epidemia influenzale, dopo la poliomielite, si rivelò estremamente diffusiva, ogni strato di popolazione ne fu colpito. Allora non esisteva una particolare attenzione verso un evento pandemico che non sembrava particolarmente pericoloso, ma che invece si rivelò altamente dannoso. Nessuna terapia specifica, nessun vaccino, ma solo il tentativo di prevenirne le possibili complicanze. Comunque l’allarme e la diffusione dell’epidemia s’andava accentuando. Il medico condotto di Lucoli, come d’altronde tutti gli altri colleghi di altre zone, rispondeva alla numerose richieste di visita, soprattutto domiciliari, nei vari paesi del comune: Collimento, Lucoli alto, Le Piagge, Le Ville, Casamaina, Casavecchia. Giorno e notte. Sempre.
Sirio avvertì i primi malesseri, disturbi passeggeri. Poi sempre più insistenti, febbre e tosse. Il prof. Gianfranco Natali, primario all’ospedale San Salvatore, consigliò un controllo radiologico. Cardiomegalia, probabile versamento pericardico, ricovero ospedaliero, condizione stazionaria: una settimana, due settimane, tre settimane. In accordo con il prof. Natali si decise il consulto con il prof. Puddu, fondatore e primario del reparto di cardiologia dell’Ospedale san Camillo di Roma, fautore del recente sviluppo della cardiologia moderna. Il professor Puddu accettò l’invito. Venne a L’Aquila e, con la sua usuale cordialità, fu accolto dal prof. Natali e da tutti i medici del reparto di Medicina. Durante la visita condivise l’ipotesi diagnostica: pericardite d’origine virale ed il trattamento terapeutico in atto. Durante la misurazione della pressione arteriosa Sirio venne invitato ad alzarsi. Ebbe un episodio sincopale, con perdita di coscienza. Pur permanendo attività cardiaca efficiente, furono negativi i tentativi di rianimazione.
Venni allontanato dalla stanza. Probabile embolia polmonare massiva. Il virus dell’asiatica aveva portato via mio fratello Sirio, il medico condotto di Lucoli. Cordoglio unanime. Una folla immensa al funerale celebrato a Monticchio, luogo di residenza della famiglia Castellani, testimone della gioventù spensierata di Sirio. Un passato di cavallerizzo e di studente nel seminario di Chieti, compagno di molti aquilani, per poter emancipare la propria cultura con l’obiettivo di raggiungere la licenza liceale da privatista. Era la sola possibilità, a quei tempi, per conseguire il titolo di studio superiore e poi ambire alla frequenza universitaria.
Mi emozionai fino a commozione quando vidi arrivare a Monticchio un autobus con i suoi amici di Casamaina, venuti per dargli l’estremo saluto, al medico condotto, il loro medico di famiglia che aveva dedicato la vita intera ai suoi assistiti. Un grande tributo di riconoscenza da parte della sua gente, calorosamente richiamato dall’abate don Virgilio Pastorelli che volle, nel cimitero dell’abbazia di Lucoli, apporre una targa a ricordo di Sirio Castellani, medico condotto. Nel breve periodo che seguì mi sentii in dovere di continuare ad assistere i suoi “concittadini” di Lucoli, in attesa di un sostituto. Ebbi così la conferma, per diretta percezione, di quanto grande fosse l’affetto ed il legame che univa la gente di Lucoli, e in modo singolare quella di Casamaina, al loro medico condotto. A distanza di 50 anni dalla scomparsa ancora viva nella comunità lucolana è la memoria indelebile di Sirio Castellani.
A cura di Giorgio Ottavio Castellani medico cardiologo, già Primario dell’Ospedale San Salvatore, nel 2009 durante il terremoto dell’Aquila era direttore del Dipartimento di Emergenza. E’ stato Consigliere comunale nella città capoluogo d’Abruzzo, Presidente della Provincia dell’Aquila e docente presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica (ISEF).
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