Dopo oltre 30 anni di associazionismo in difesa del Gran Sasso, Legambiente chiede serietà e credibilità a tutte le parti in campo per affrontare il tema complesso della protezione di uno degli acquiferi più importanti d’Europa che alimenta circa 700.000 abruzzesi
Si legge nella nota dell’Associazione ambientalista:
La tutela di uno degli acquiferi più importanti dell’Abruzzo, da cui dipende l’approvvigionamento potabile di 700mila cittadini abruzzesi è il motivo che ha guidato l’impegno di Legambiente in tutti questi anni e che ci ha portato in piazza a Teramo insieme a migliaia di persone, la prima volta in cui la città si è trovata ad ospitare una manifestazione di tale portata.
Siamo scesi in piazza non contro la ricerca scientifica o paventando chissà quale tragico scenario connesso con le attività dell’esperimento dell’INFN denominato SOX. La nostra associazione infatti è sempre stata in prima fila nel ribadire l’importanza della ricerca e dell’importanza dei risultati raggiunti, per l’intero sistema Paese, che può vantare esperienze di eccellenza come quella del centro INFN del Gran Sasso. Così come è da sempre convinta che per trattare temi così complessi, occorre rigore e approfondimento per evitare di generare allarmismi e false notizie nella popolazione.
Anche in questa battaglia abbiamo fatto lo stesso. Ma al tempo stesso siamo convinti che l’attenzione ed il timore nei cittadini non nasce dai soli dubbi sollevati dalle associazioni ambientaliste, così come il fatto che cresce l’atteggiamento di diffidenza verso le attività di ricerca condotte nel centro, non può essere attribuito meramente alla disinformazione o alla strumentalizzazione di chi, per presunzione o interesse proprio, va oltre l’ambientalismo scientifico.
L’obiettivo che ci poniamo in questa battaglia è piuttosto quello di attivare una concreta ed efficace politica di tutela per le falde del Gran Sasso e per l’acqua “Bene comune”, richiamando ad una responsabilità condivisa per la sua tutela tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. Per ribadire che tutti abbiamo bisogno di acqua, non soltanto per bere, ma anche per generare e sostenere la crescita economica e la prosperità tramite attività quali l’agricoltura, la produzione energetica, l’industria manifatturiera, i trasporti o il turismo. L’acqua è un elemento centrale della nostra vita, degli ecosistemi naturali e della regolazione del clima.
Incidenti
Negli anni sono stati diversi gli incidenti o i casi di inquinamento della falda, provocati da cause diverse, che hanno portato anche all’interruzione del servizio di distribuzione dell’acqua potabile.
Basti ricordare l’episodio di maggio di quest’anno, quando fu rilevata la non conformità dell’acqua per “odore e sapore non accettabile”, o alla presenza dei solventi presenti nell’acqua del Gran Sasso captata dalla Ruzzo a scopi idropotabili, nel dicembre 2016.
Andando indietro nel tempo, nel 2002 si era verificato un incidente nell’ambito del progetto Borexino dell’INFN che provocò la sospensione temporanea delle attività ed il successivo sequestro preventivo di una delle tre sale dei laboratori, da parte della procura di Teramo in seguito ad un rapporto del ex Corpo Forestale che registrava una serie di carenze nei sistemi di sicurezza.
A riaccendere le paure degli abruzzesi in queste ultime settimane è stata la mancata comunicazione dell’avvio delle procedure legate al nuovo esperimento da parte dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e l’aver disatteso un protocollo istituzionale appena sottoscritto con la Regione Abruzzo.
Questi elementi, alla luce anche delle passate vicissitudini ed incidenti che hanno colpito l’acquifero del Gran Sasso, sono stati la goccia che hanno fatto traboccare il vaso, portando migliaia di cittadini in piazza.
“In vista del consiglio regionale di domani, che ha come oggetto l’esperimento SOX e l’acquifero del gran Sasso – dichiara Giuseppe di Marco, presidente di legambiente Abruzzo -, non ammettiamo più impegni a metà.
Per raggiungere l’obiettivo e avviare finalmente un’azione efficace di tutela della falda e di tutti quelli che dipendono dal suo utilizzo, a partire dall’ambiente e i 700mila cittadini abruzzesi, è necessario che la politica, attraverso le istituzioni interessate, mantenga e rafforzi il dialogo di recente avviato con i cittadini, le associazioni e tutte le parti in campo, per meglio precisare i problemi, le soluzioni e i relativi costi per garantire la messa in sicurezza definitiva del bacino acquifero del Gran Sasso.
Mantenere l’ascolto e favorire l’interlocuzione tra le parti sono i due aspetti fondamentali per costruire un percorso serio e costruttivo che garantisca che si arrivi alla soluzione di un problema complesso.
Del resto, anche tra gli stessi ricercatori che operano nel centro è stata riconosciuta la necessità di fare di più, di raccontare meglio le loro ricerche ed aprire le porte dei loro laboratori.”
“Solo fuori dall’autoreferenzialità – conclude Giuseppe di Marco -, e con il dialogo, sarà possibile ritrovare la fiducia del popolo abruzzese che ha messo al centro la protezione dell’acqua come sua necessità di sopravvivenza futura.”
Ci piace, in conclusione, ricordare lo scritto del giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre del 1990 in un agguato mafioso: “Alla fine non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili”.
Parole che aiutano a capire la nostra contemporaneità alla perenne ricerca della verità ma che spesso dimentica il valore fondamentale della coerenza. Quello che oggi si legge dell’esperimento SOX all’interno dei laboratori del Gran Sasso, da un lato denunciato come catastrofe nucleare e dall’altro quale allarmismo antiscientifico dannoso per un’eccellenza nazionale, è appunto il risultato di un credere rispetto all’essere credibili che vale per tutti.
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