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Il centro dell’Italia trema, e non c’è prevenzione

da Redazione

via San Bernardino L'AquilaL’AQUILA – Ci sono pagine di storia che non vorremmo mai raccontare. Sensazioni che non avremmo mai voluto rivivere. La notte del 24 agosto gli Aquilani hanno vissuto nuovamente le ansie che hanno travolto la città quella notte di Aprile del 2009. E’ stato troppo forte lo scuotimento e troppo lunga la durata perché potesse essere considerata la solita “botta” che ogni tanto risveglia le nostre paure. Il mostro è tornato nuovamente a bussare alle porte delle case del capoluogo abruzzese. Ci ha colti all’improvviso.

In un momento di distrazione, proprio mentre si entrava nel vivo della Perdonanza. Nulla lasciava presagire il verificarsi di un’altra scossa. Ore 3,36. Con i volti sconvolti, i capelli scompigliati, vestiti alla meglio, la gente si è accalcata lungo le strade e nelle piazzole per sfuggire al pericolo. Si udivano i grugniti dei motori delle macchine tolte dai garage per fungere da momentaneo ricovero. Via Giosuè Carducci, a L’Aquila, quella notte non era molto diversa dalle altre strade della città e del circondario. Si sentiva il rumore del ticchettio delle tastiere e gli squilli dei cellulari che si accavallavano alle voci concitate dei presenti mentre chiedevano ai familiari se stavano bene, cercando di capire se si erano verificati danni in qualche parte, in qualche dove. Questa volta no, i danni il mostro li ha arrecati in altri luoghi.

Amatrice è uno di quelli. La piccola cittadina, adagia nel versante appenninico dei monti della Laga, ha percorso un lungo tratto di storia insieme alla città sorella, ora gemella: L’Aquila. L’ombelico d’Italia, dopo sette anni, è tornato a tremare: stessa ora, stesso incubo, stessa tragedia! Dopo il terremoto che colpì la nostra città e le frazioni, mi è capitato di girare nei borghi limitrofi al cratere abruzzese. Piccoli centri costituiti per lo più da case vecchie. Ho avuto modo di fare una serie di riflessioni le quali mi hanno portato a sostenere, in base alla mia e nostra esperienza, che gli abitanti di quei posti avrebbero dovuto provvedere in qualche modo a rendere più sicure le loro case. Non bisogna permettere che la gente abiti in fabbricati non dotati dei minimi requisiti antisismici. E’ dannatamente pericoloso da queste parti. Gli ultimi tragici accadimenti hanno messo a nudo le debolezze di un’Italia incapace di fare una sostanziale opera di prevenzione. E’ importante adesso, più che mai, iniziare un lungo e concreto percorso di messa in sicurezza degli edifici (si parla del 70% circa del patrimonio immobiliare italiano).

Ci vorrà un progetto, innanzitutto. Ci vorranno anni, organizzazione, volontà. Sarà necessario affrontare delle spese, elargire contributi e sgravi fiscali. Non importa. La vita delle persone non ha prezzo. Iniziamo, dunque, questo lungo cammino che porterà gli italiani a riappacificarsi con la natura e, forse, con se stessi! Quanti morti dovremmo ancora piangere per capire che è ora di cambiare. Il Giappone insegna. L’Italia non ha che da seguire quella strada e se possibile fare ancora meglio, anche perché c’è un patrimonio artistico da tutelare (ove possibile). Ne ha la forza e le competenze. Solo così potranno essere superati gli ostacoli che si frappongono tra la vita e la morte. Importante è scegliere e, finalmente, iniziare!

(a cura di Fulgenzio Ciccozzi)

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