Chieti, Coldiretti lancia l’appello contro il finto made in Italy

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“Un furto da 60 miliardi di euro: ecco quanto vale l’imitazione del “nostro” agroalimentare”. Legnini (Csm): “Necessario coordinamento tra forze”

CHIETI – “Ammonta ad oltre 60miliardi il fatturato della contraffazione, la falsificazione e l’imitazione dei prodotti alimentari made in Italy nel mondo, e i prodotti abruzzesi non sono certamente al sicuro. Perciò bisogna approvare misure per rafforzare i controlli, tutelare e contrastare i reati agroalimentari e il furto di identità”. Ma soprattutto, come ha evidenziato Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, “è necessario promuovere “il maggiore coordinamento tra gli organismi deputati al controllo per una lotta coordinata ed efficace alle illegalità nel sistema agroalimentare”. E’ quanto emerso questa mattina dall’importante convegno su “Made in Italy: cibo sano e giusto” che, promosso dall Coldiretti Chieti e Osservatorio sulla criminalità in agricoltura con il patrocinio della Camera di Commercio si è svolto oggi a Chieti. Presenti, nella Sala Cascella dell’ente camerale, il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, l’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe e il presidente regionale di Coldiretti Abruzzo Domenico Pasetti, oltre al direttore regionale Alberto Bertinelli e ai vertici della federazione provinciale Sandro Polidoro (presidente) e Gabriel Battistelli (Direttore).

All’incontro – aperto dai saluti del presidente della Camera di Commercio Roberto Di Vincenzo e dall’assessore alle attività produttive Carla di Biase – sono intervenuti anche i magistrati Andrea Baldanza con una relazione tecnica su “Le competenze regionali sui marchi agroalimentari”, Cinzia Coduti di Coldiretti (area ambiente e territorio) con un intervento su “La tutela del made in Italy nell’agroalimentare” e Rolando Manfredini, capo area Sicurezza alimentare Coldiretti, su “I primati dell’agroalimentare italiano”.

Da qui, il confronto di idee e proposte, partendo da un dato di fatto: che oggi l’agroalimentare rappresenta un terreno privilegiato di investimento della malavita, che i reati legati al falso made in Italy sono sempre di più e che senza legalità e senza certezze sull’origine dei prodotti, non c’è salute per i cittadini.

“Oggi – ha evidenziato il presidente Polidoro ad apertura dell’incontro – le organizzazioni malavitose si stanno spostando sempre di più dai settori tradizionali di investimento illecito quali l’edilizia e i grandi appalti al mercato dell’agroalimentare. Business che riguardano l’acquisizione di marchi prestigiosi per produrre invece cibo spazzatura, l’orientamento dell’attività di ricerca scientifica, l’eco-business che priva l’agricoltura italiana di terreni sani e salubri a danno del consumatore finale”. Ma prima fra tutti, la contraffazione alimentare che, insieme al furto di identità, è il furto commerciale per eccellenza e può diventare frode sanitaria se il cibo è prodotto con materie prime scadenti. Una realtà sempre più attuale e temuta, che non risparmia l’Abruzzo, in cui vengono chiamati in causa produzioni tipiche quali scamorza, arrosticni, ventricina, olio e vino solo per citare alcuni.

“Siamo aggrediti da migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazioni e contraffazione, sono commercializzati, senza esserlo, come prodotti tipici italiani per un valore di 60 miliardi di euro – ha evidenziato Rolando Manfredini – Un pericolo, anzi una truffa, da affrontare con stringenti misure di rafforzamento dell’attività di controllo dei flussi commerciali e da una maggiore trasparenza sulle informazioni in etichetta circa la reale origine degli alimenti. Oggi più che mai sono necessarie norme uguali per tutti che colpiscano non solo le contraffazioni reali ma anche le contraffazioni in qualche modo consentite dalla normativa vigente”.

Da qui l’importanza del marchio e la tutela del made in Italy, come ha evidenziato Cinzia Coduti di Coldiretti, che ha tracciato lo scenario legislativo in materia di tutela del made in Italy, dei suoi punti di forza e delle sue criticità. Scenario condiviso dall’assessore regionale Dino Pepe, che ha poi ricordato che “l’economia agroalimentare abruzzese rappresenta volano di sviluppo territoriale e socio-economico” e che “il contrasto all’illegalità deve essere impegno non solo politico ma morale nei confronti delle imprese abruzzesi”.

Andrea Baldanza, dopo aver evidenziato gli obiettivi dell’Osservatorio in tre aree di attività (cultura della legalità, valorizzazione della filiera agricola e monitoraggio delle infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare) ha relazionato sulle “competenze regionali in materia di marchi agroalimentari” ricordando le esperienze di alcune regioni ed evidenziandone le criticità rispetto alla complessità della materia e in particolare del concetto di “made in” vincolato non solo alla lavorazione e alla trasformazione ma anche alla produzione della materia prima con la filiera legata ad un territorio circoscritto, e per finire conclusioni affidate al vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, che ha sottolineato come la tutela del made in Italy alimentare costituisca un obiettivo strategico per il paese, che è possibile conseguire reprimendo e controllando i fenomeni di illegalità connessi alla filiera agroalimentare” e che “nel mondo c’è una fortissima identificazione tra Italia e qualità alimentare ed è necessario che il paese sappia cogliere sempre più questa straordinaria opportunità”. “La magistratura – ha inoltre evidenziato il vicepresidente del Csm – e’ continuamente impegnata nell’azione di contrasto alla contraffazione ed adulterazione alimentare e di tutela dei marchi. Occorre stimolare maggiormente una specializzazione dei magistrati impegnati in tale attività e un maggior coordinamento tra le forze di polizia, l’agenzia delle dogane e la magistratura per una sempre più efficace lotta alle agro mafie e all’illegalità diffusa”.

Soddisfazione per l’incontro è stata espressa dal direttore di Coldiretti Chieti Gabriel Battistelli che ha evidenziato, a margine dell’incontro, l’importanza “della massima vigilanza sulle contraffazioni, anche in Abruzzo, in cui sono presenti ben 143 prodotti tradizionali, a cui si aggiungono i vini Doc e Docg e i prodotti Dop e Igp che vanno considerati primati internazionali conquistati nella qualità alimentare ma che possono essere oggetto di contraffazione”.

MADE IN TALY: IL “GIUSTO” OLIO ABRUZZESE

CHIETI, ALLARME FALSO EXTRAVERGINE

COLDIRETTI CONSIGLIA: OCCHIO ALL’ETICHETTA E SCEGLIERE FILIERA CORTA

“Occhio all’etichetta e attenti al falso extravergine abruzzese”. Non poteva mancare un riferimento all’Abruzzo, e in particolare alla provincia di Chieti, tra le principali province produttrici di olio, in occasione del convegno nazionale “Made in Italy: cibo sano e giusto”, promossa da Coldiretti Chieti in collaborazione con l’osservatorio nazionale sulle agromafie e Camera di Commercio per sensibilizzare cittadini e consumatori verso la tutela e la conoscenza della produzione agroalimentare nazionale. Così, nel corso della manifestazione, è stato fatto anche un particolare riferimento alla campagna olivicola abruzzese appena conclusa con ottimi risultati per produzione e qualità dell’olio, ma anche con un rischio preoccupante e inaspettato: l’aumento, l’aumento, a fronte del fabbisogno crescente di olio, di forme di commercio clandestino dell’extravergine, uno dei prodotti simbolo della Regione, seconda coltura arborea più coltivata dopo la vite, con una produzione olivicola pari a 120mila tonnellate (di cui 53% circa in provincia di Chieti e il resto tra Pescara (30%), Teramo (14%) e L’Aquila (3%) ed olearia di circa 14mila tonnellate per un totale di circa 42.000 ettari di terreno dedicato (57 % Chieti, 25% Pescara, 14 % Teramo, 4% l’Aquila), 6 milioni di piante e 25.000 aziende con un fatturato di circa 130 milioni di euro.

“Con un fabbisogno in crescita la produzione provinciale e regionale, come d’altronde quella nazionale, non riescono a coprire le esigenze del consumatore e questo facilita l’entrata di produzioni provenienti dal nord Africa e dal medio oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza – dice Sandro Polidoro, presidente Coldiretti Chieti – Una situazione che rischia di peggiorare ulteriormente dopo il via libera annunciato dalla Commissione Europea all’aumento del contingente di importazione agevolato di olio d’oliva dal paese africano verso l’Unione europea fino al 2017, con l’incremento del rischio che vengano spacciati come nostrani prodotti di altri Paesi, magari mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. In queste condizioni è altissimo il rischio di trovare sulle nostre tavole un olio spacciato per abruzzese, ma che abruzzese non è”. A questo si aggiunge il rischio – aggiunge Gabriel Battistelli, direttore di Coldiretti Chieti – Che entrino nel circuito della distribuzione alimentare prodotti fortemente adulterati, manipolati attraverso l’aggiunta di additivi o imbottigliati in maniera fraudolenta”. Ma come fare a regolarsi e a scegliere bene? Innanzitutto scegliere la filiera corta, sinonimo di garanzia e trasparenza. “Il nostro consiglio – sottolinea Coldiretti – è guardare con più attenzione le etichette ed acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane, o abruzzesi, o di acquistare direttamente dai produttori nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica. Sotto accusa è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicare per legge l’origine in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è però quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva. La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano all’italianità fortemente ingannevoli. I consumatori – conclude la Coldiretti – dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente. In attesa che vengano strette le maglie larghe della legislazione per non cadere nella trappola del mercato”. Coldiretti rimarca così che “la ricerca di qualità, correttezza e legame con il territorio è alla base del successo della rete di Campagna Amica che permette di sapere precisamente da chi e da dove proviene ciò che mangiamo. E in tal senso, se vogliamo un olio chietino, scegliendo Campagna Amica avremo sicuramente un olio che proviene dalla provincia teatina o comunque dalle campagne abruzzesi o italiane”.

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