CHIETI – In occasione dei novanta anni dalla scoperta della statua in pietra conosciuta come il Guerriero di Capestrano, i Musei archeologici nazionali di Chieti – Direzione regionale musei nazionali Abruzzo hanno festeggiato la ricorrenza con un incontro che si è tenuto, ieri mattina, a Chieti per celebrare le Giornate Europee del Patrimonio dedicate al “Patrimonio in cammino”. All’incontro, dal titolo “Il Guerriero di Capestrano fra Italici, Etruschi e l’Europa: percorsi, contesti e modelli a confronto”, intervenuto anche il presidente della Giunta regionale, Marco Marsilio. “Ci tenevo oggi ad essere presente a Chieti – ha esordito Marsilio – anche perché devo molto al professor Adriano La Regina, archeologo ed etruscologo di chiara fama, che ci onora della sua presenza, e che ha avuto un peso importante riguardo alla mia formazione culturale”.
A proposito del Guerriero di Capestrano, Marsilio ha ricordato che “proprio quest’anno, la Regione ha deciso di impreziosire il suo stemma inserendovi lo scudo sannitico con la forma stilizzata del Guerriero affidata alla sapiente arte del maestro Mimmo Paladino. Ringrazio anche la Sovrintendenza per il notevole lavoro effettuato – ha sottolineato – del quale si è giovato l’intero Consiglio regionale che, all’unanimità, è arrivato ad individuare un’icona fortemente rappresentativa della storia e della tradizione dei popoli che hanno abitato la terra d’Abruzzo sin dall’antichità dando così anche un segnale di unità di tutta la nostra regione”.
Ma il presente Marsilio si è voluto soffermare anche sulla polemica intorno ad una presunta non veridicità del Guerriero di Capestrano, ospitato nel museo di villa Frigerj, a Chieti.
“Sono stupito – ha confessato il Presidente- di quanto leggo sulle cronache locali secondo cui qualcuno sostiene che il ministero nasconderebbe addirittura le prove dell’autenticità del Guerriero o non vorrebbe mostrarle. Ritengo davvero molto curioso – ha aggiunto – che qualcuno nel ‘34 potesse aver realizzato un monumento, una statua di quelle dimensioni, di quello stile, di quell’altezza, l’abbia sepolta a Capestrano chissà perché e poi l’abbia tirata fuori inscenando la sceneggiata di un falso ritrovamento. Ovviamente, non sono un archeologo – ha chiarito – ma penso che la caratura scientifica, accademica e professionale di chi ha curato e continua tuttora a curare tutti gli aspetti legati ai ritrovamenti archeologici – ha proseguito – ci possa fornire ampie garanzie sull’autenticità di quest’opera e sul fatto che sia giusto assumerla come elemento identificante della nostra regione”.