CHIETI – Da Chieti arriva una notizia accolta con entusiasmo e che restituisce speranza a tanti malati. Nella giornata del 15 aprile cinque pazienti affetti da Coronavirus, in età compresa tra 45 e 80 anni, quattro maschi e una femmina, a distanza di poche ore, hanno lasciato la Rianimazione a Chieti per proseguire le cure in Pneumologia alcuni e in Malattie Infettive altri. Erano intubati, in condizioni molti gravi, quasi disperate. Ma hanno reagito bene alle terapie e, a poco a poco, il supporto ventilatorio è stato alleggerito fino ad accompagnare il recupero della respirazione in autonomia.
Salvatore Maurizio Maggiore, responsabile della Terapia intensiva di Chieti e direttore della Scuola di specializzazione in Anestesia e Rianimazione dell’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara non si sbilancia e dice che non ci sono evidenze scientifiche, fino a questo momento, tali da poter sostenere che un trattamento farmacologico sia risolutivo. Attribuirebbe piuttosto il recupero a una serie di fattori quali una predisposizione genetica tale da generare una risposta più equilibrata ai farmaci e permettere all’organismo di reagire in modo diverso e l’interazione di anticoagulanti, che potrebbe ridurre il numero di fenomeni trombotici massivi.
Maggiore ricorda che farmaci del tipo Remdesivir e Tocilizumab in alcuni casi si sono verificati efficaci, ma in altri non hanno portato a un epilogo felice, perciò occorre prudenza. Per lui invece é importante, dare il giusto supporto alle varie funzioni degli organi vitali, in modo da consentire all’organismo di reagire al virus nella misura giusta, e in Terapia intensiva ventilare i pazienti per periodi prolungati, anche di tre o quattro settimane, utilizzando tecniche avanzate di rianimazione respiratoria.
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