CHIETI – Duecento miliardi di euro che equivalgono a 12 punti di Pil. È la quantità di spesa pubblica che potrebbe essere oggetto di una concreta spending review. Una quantità di denaro che va andrebbe distribuita fra interventi per il pareggio di bilancio (50 miliardi) e per un taglio «feroce» alla pressione fiscale (150 miliardi). La ricetta è proposta dal Centro studi di Unimpresa nel giorno in cui il debito pubblico italiano ha toccato un nuovo record raggiungendo quota 2.146 miliardi di euro.
I suggerimenti di Unimpresa – che mirano ad arrestare il declino del nostro Paese e quindi a consentire all’economia di tornare a crescere – nel dettaglio, prevedono: 10 miliardi di tagli ai costi della politica, 45 a quelli della Pubblica amministrazione, 60 miliardi a quelli del sistema pensionistico, 35 miliardi su contributi alla produzione ed agli investimenti, prestazioni sociali extra previdenziali, aiuti, trasferimenti, investimenti, 12 miliardi di taglio al sistema sanitario e altri 16 ai costi del debito pubblico. Per finire 6 miliardi di tagli ai costi della difesa e delle forze armate e entrate per 16 miliardi all’anno da privatizzazioni.
Il piano nei prossimi giorni sarà sottoposto all’attenzione del presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, e inviato agli esponenti di partito e commissioni parlamentari.
«D’altronde – sottolinea il presidente di Unimpresa Chieti, Carlo Fedecostante – c’è un solo modo per vincere questa sfida: spendere meglio. Finora i soldi dei contribuenti sono sempre stati mal gestiti e sprecati e questo non deve più accadere. Serve un cambio di passo in qualche modo etico, ma prima è indispensabile ridurre la spesa soprattutto per dare una rapida sforbiciata al debito pubblico che è la vera zavorra per l’Italia.». Secondo Fedecostante, poi, «va detto un secco a no a qualsiasi tentativo di introdurre nuove tasse; la pressione fiscale è già sopra la soglia di sopportazione per le famiglie e per le imprese e gli interventi finora messi in atto, tutti indirizzati a inasprire la leva tributaria, hanno prodotto solo effetti negativi andando ad aggravare la recessione e con risultati insoddisfacenti pure per le casse dello Stato».
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