Lo afferma in un comunicato stampa Mauro Petrucci, sindaco di Ripa Teatina ed assessore provinciale Udc a Chieti,delineando la sua proposta politica
CHIETI – Mauro Petrucci, sindaco di Ripa Teatina ed assessore provinciale Udc a Chieti, lancia un appello ai colleghi di partito e agli esponenti politici regionali, sottolineando che l’Udc, senza lasciarsi condizionare dall’ obiettivo di qualche poltrona, può e deve essere quella forza responsabile e centrale che assuma un ruolo di arbitro e di notaio per certificare una “tregua istituzionale” tra le parti e lavorare nell’interesse dell’Abruzzo e degli abruzzesi.
Recita così la nota di Petrucci:
abbiamo bisogno di operare scelte politiche ed amministrative di emergenza, poiché la nostra è una situazione di emergenza, in parte simile a quella riscontrata nel Secondo Dopoguerra, quando, però, i nostri padri e i nostri nonni avevano davanti a sé una prospettiva di miglioramento, al contrario dei nostri figli e dei nostri nipoti, che invece vedono un futuro fosco e pessimista.
Occorre, a mio avviso, una generale assunzione di responsabilità sugli errori del passato, per i quali nessuno è esente da colpe ed aprire un tavolo di confronto e di concertazione con tutte le forze politiche, ed anche quelle sociali e produttive. Bene l’appello del governatore Gianni Chiodi, che ha aperto ad una maggiore partecipazione le scelte fondamentali della politica regionale, ma ora occorre rimboccarsi le maniche.
Petrucci pone poi l’accento su un rilevante aspetto etico. Infatti in un momento, come quello che stiamo vivendo, di crisi e di recessione, la gente è molto attenta ai comportamenti degli esponenti della classe politica e non tollera sprechi da parte di chi è chiamato a gestire l’amministrazione pubblica, piuttosto pretende un impegno forte e concreto verso la sobrietà e l’essenzialità.
Prosegue la nota:
È questo l’aspetto al quale recentemente ha richiamato i politici l’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte, e l’Udc, forte della sua tradizione storica di partito cattolico e vicino alle istanze espresse dal magistero della Chiesa, ed in particolare alla dottrina sociale, non può restare inerme e in silenzio di fronte ad un così alto e nobile appello.
Non va dimenticato, inoltre, che fare politica oggi in Abruzzo significa misurarsi con gli avvenimenti degli ultimi anni, in cui la magistratura, nell’esercizio delle sue funzioni, ha determinato – a prescindere dai verdetti che attendiamo e che saranno emessi a tempo debito – una riscrittura dei rapporti tra le parti politiche e in parte anche dei programmi elettorali.
Ultimo elemento da tenere in considerazione è l’influenza, sulle proposte progettuali che la politica presenta ai cittadini, del buco della Sanità, ormai commissariata, e dell’impatto economico e sociale del dopo-terremoto.
Di fronte a questo mutato quadro politico, sociale ed economico non è pensabile che i cittadini attenti alla situazione della cosa pubblica accettino il modo tradizionale di fare politica, che ci ha consegnato, negli ultimi venti anni, un gioco delle parti ormai inaccettabile, dove, a seconda se si è maggioranza oppure opposizione, si assumono le medesime posizioni (basti pensare al discorso della chiusura degli ospedali, dove le fasce dei sindaci che protestano cambiano a seconda di chi è al governo regionale).
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