PESCARA – «Quando una saracinesca viene abbassata per non essere più rialzata non siamo soltanto di fronte a un segnale negativo dell’economia: è l’immagine di un dramma che investe coloro che lavorano dietro quella saracinesca e delle famiglie che sono private di una fonte di reddito precipitando nell’incertezza del futuro. Per questo motivo il piano di ridimensionamento presentato dai commissari della Banca Popolare di Bari con esuberi e riduzione di filiali pesa in maniera insostenibile non solo sul nostro tessuto economico ma anche e soprattutto su quello sociale. In Abruzzo non riaprirebbero i battenti 39 filiali, pari al 40,2% degli sportelli.
Il dato numerico significa la perdita di posti di lavoro o lo spostamento forzato di tanti dipendenti fuori regione, facendo mancare un supporto all’economia locale. Pescara non può permetterselo, perché non può essere frenata in maniera così brusca proprio durante il processo di ripartenza che è stato da poco avviato sull’onda lunga della pandemia di Covid-19. Tutelare gli sportelli significa tutelare i risparmiatori e i livelli occupazionali. Pur a conoscenza della complessa e delicata vicenda della Banca popolare di Bari, non possiamo immaginare che la ristrutturazione per il salvataggio dell’istituto di credito possa venire pagata in maniera tanto sproporzionata dal nostro territorio al quale sarebbe inferto un ulteriore e immeritato colpo: un conto è infatti lo scorporo delle filiali, un conto la chiusura.
La crisi non può essere addebitata a una sola parte, perché la penalizzazione dei livelli occupazionali, legando le famiglie alle sorti dell’impresa, e l’indebolimento dell’economia creditizia, innescano un perverso meccanismo che incide in profondità sulla realtà economico-sociale. Occorre pertanto non lasciare nulla di intentato per impedire una deriva dalle pesanti conseguenze, che abbiamo il dovere di scongiurare: per i lavoratori, per le famiglie, per la città». Lo ha riferito in una nota il sindaco di Pescara, Carlo Masci.