REGIONE – Il terremoto Covid si abbatte sul mondo del vino italiano che per la prima volta in 30 anni registra una frenata dell’export con un calo del 3,2% in valore nei primi sette mesi del 2020 con una storica inversione di tendenza che non ha precedenti. Una situazione preoccupante anche per l’Abruzzo, che può considerarsi oggi tra le regioni in cui il vino – con particolare riferimento al Montepulciano – ha saputo imporsi fino a diventarne l’immagine di riferimento, con una filiera che costituisce il principale comparto agricolo regionale (21% dell’intera PLV, la più elevata incidenza tra le regioni italiane) e una produzione media di vino rappresentata dal 70% di vini rossi e da un restante 30% di bianchi. Un allarme emerso in seguito ad una analisi di Coldiretti che ha promosso oggi a livello nazionale l’incontro “Covid, la sfida del vino Made in Italy”.
“Con il moltiplicarsi dei Paesi che hanno adottato misure di contenimento con la chiusura di bar e ristoranti – sottolinea la Coldiretti – sale il conto dei danni alle esportazioni di vino italiano che è il più bevuto nel mondo. Germania, Stati Uniti e Regno Unito che rappresentano i principali mercati di sbocco delle bottiglie tricolori sono infatti in sofferenza – precisa la Coldiretti – per il rapido diffondersi della pandemia che rischia di compromettere anche gli ordini per la fine dell’anno”. “In Abruzzo – aggiunge Coldiretti Abruzzo – la situazione non è certo migliore e il vino ha difficoltà nei mercati tradizionali di riferimento quali Stati Uniti, Germania, Cina e Russia, giusto per citarne alcuni. Il terremoto sull’economia provocato dal coronavirus mette a rischio il fondamentale motore economico generato dal vino italiano che – avverte la Coldiretti – realizza oltre la metà del fatturato proprio all’estero. Lo scorso anno a livello nazionale le esportazioni del vino made in Italy sono risultate pari a 6,4 miliardi su un totale di 11 miliardi che hanno sviluppato 1,3 milioni di posti di lavoro lungo la filiera, ora in pericolo. Un duro colpo per l’Italia che ha una produzione di oltre 46 milioni di ettolitri nella vendemmia 2020, ma anche per l’Abruzzo in cui la vendemmia appena conclusa ha regalato un incremento produttivo di vino di circa il 6% rispetto allo scorso anno con 3.400 migliaia di ettolitri in più contro una media nazionale che registra invece un calo di circa il 2%”.
“Grazie all’azione di Coldiretti sono state adottate varie misure finalizzate a dare liquidità ai produttori e ridurre le giacenze di vini e di uve della nuova vendemmia ma anche sgravi contributivi, incentivi all’acquisto di vino e prodotti italiani” ha affermato il Presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “c’è incertezza e preoccupazione fra gli imprenditori, ma l’Italia ha le potenzialità per ripartire meglio degli altri”. “L’internazionalizzazione è dunque una scelta obbligata per il nostro Paese che deve cogliere questo momento di crisi per mettere a punto una strategia più incisiva di presenza sui mercati stranieri” ha continuato Prandini nel precisare che “vanno aiutate le imprese a superare questo difficile momento e va preparata la ripresa con un piano straordinario di internazionalizzazione anche con la creazione di nuovi canali commerciali e una massiccia campagna di comunicazione superando l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse puntando, in primo luogo, ad una regia nazionale attraverso un’agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo, valorizzando il ruolo strategico dell’ICE e con il sostegno delle ambasciate”.
“In questo contesto un primo obiettivo è stato raggiunto – continua Prandini – con la presenza di Josè Rallo come primo rappresentante agricolo nel consiglio di amministrazione dell’Ice che viene proprio dal mondo del vino ma anche con l’arrivo per la prima volta nelle ambasciate italiane della figura del Consigliere Diplomatico agricolo come abbiamo chiesto. Serve poi recuperare i ritardi strutturali e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno – conclude Prandini – rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export e una “bolletta logistica” più pesante per la movimentazione delle merci”.
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