Ispirato a “L’Arte della Commedia” di Eduardo De Filippo, lo spettacolo andrà in scena al Teatro dei Marsi di Avezzano il 4 maggio
AVEZZANO – Va in scena mercoledì 4 maggio, ore 10.30, ad Avezzano, Teatro dei Marsi, “Commedia, L’arte della finzione” con Cristina Cartone, Luca Settepanella, Ottaviano Taddei, testo e regia Ottaviano Taddei, musiche originali Alex Ricci, 2Moellers, scenografia e costumi Monica Galiffa, sartoria Lucia Pantoli, luci Alessandro Pediconi, scenotecnica Roberto Galiffa. Una nuova produzione del Teatro Stabile d’Abruzzo in collaborazione con Terrateatro.
“Commedia, l’Arte della Finzione” si ispira ad un’opera storicamente fondamentale del teatro italiano, “L’Arte della Commedia” di Eduardo De Filippo.
“Affrontiamo questa poetica – spiega il regista Ottaviano Taddei – perché sentiamo necessario riflettere, oggi come allora, sull’utilità del teatro nella società. La pandemia, le restrizioni pure necessarie per bloccare quanto più possibile il contagio, hanno messo in luce le mille contraddizioni di una società postmoderna dove prevalgono fortemente i rapporti virtuali. Il teatro, inteso come spettacolo dal vivo, dove la carnalità dell’incontro tra attore e spettatore, punto nodale del processo di scambio che quest’arte da sempre mette in gioco, ha pagato in prima persona l”allontanamento sociale’; e allora, oggi, ci viene spontaneo chiederci, così come faceva Eduardo allora, se il teatro può essere ancora considerato importante per la società e, ovviamente, per ciascun individuo.
E inoltre, è un problema di oggi quello di considerare il Teatro in crisi? Oppure lo era anche prima? Le difficoltà che si registrano soprattutto tra le compagnie di base, la mancanza di spazi, i finanziamenti sempre più risicati, hanno da sempre messo a dura prova gli attori e in generale i lavoratori del teatro. E’ cambiato qualcosa? Eppure, in questi mesi difficili, ci siamo ostinati a voler credere che l’arte teatrale ancora rimane un punto fermo nelle nostre vite, deve esserlo, affinchè la bellezza sia sempre caposaldo della nostra società. Ma è davvero così?”.
Nella vicenda, Campese è capocomico di una compagnia di attori girovaghi, rimasti bloccati in una piccola cittadina abruzzese dopo l’incendio del capannone utilizzato per dar spettacolo. L’attore si reca dal Prefetto De Caro per invitarlo a presenziare al suo spettacolo, ospitato in via eccezionale al teatro comunale. Ne nasce un vivace contraddittorio sui rapporti fra Teatro e Stato. Alla fine, indispettito, il Prefetto nega la sua presenza e offre un foglio di via. Al suo posto Campese prende, non volendo, la lista delle persone in attesa di udienza, che il Prefetto, insediato in quella Prefettura da poche ore, non conosce. In mano ai comici, la lista diventa una minaccia: quelli che si presentano, ciascuno con un caso drammatico, sono persone reali o attori travestiti? Neanche la morte di uno di loro, scioglie l’enigma: con la sua sola esistenza il teatro insidia la logica degli apparati.
I personaggi, colti nelle loro fragilità profonde, sempre in bilico tra finzione e realtà, provano ad uscire dalle contraddizioni che ognuno vive, ciascuno tentando di uccidere quel rospo interno, che ci toglie il sonno, che ci assilla senza tregua. Un rospo simbolico che rappresenta la difficoltà nel ribadire il proprio ruolo sociale, la propria, necessaria, rivalsa di fronte alla precarietà della vita.