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‘Controproposte al Piano sanitario regionale’

da Redazione

foto tavolo relatori6Ieri la conferenza stampa

PESCARA – “Una lettera indirizzata al Governatore D’Alfonso, Commissario ad acta per la sanità, e all’assessore delegato Paolucci con la quale abbiamo presentato le nostre controproposte per modificare il Piano sulla rete dell’emergenza-urgenza e salvare, quindi, gli ospedali della provincia di Pescara: in prima ipotesi, riconoscere anche alla nostra provincia il diritto a 1 Dea di primo livello, a Pescara, e a 2 ospedali di base, Penne e Popoli, al pari di quanto previsto, per esempio, per Teramo, tenendo conto del bacino di utenza di 350mila abitanti e dei 121mila accessi l’anno ai tre Pronto soccorso; o, in seconda ipotesi, riorganizzare il sistema Pescara con una rete di ‘Ospedali Riuniti Pescaresi’ in modo da poter comunque spalmare le emergenzeurgenze nei tre nosocomi. Il documento è stato sottoscritto da molti amministratori locali della provincia, perché il diritto alla salute e la difesa dei nostfoto tavolo relatori3ri nosocomi non conosce casacche politiche né colori di partito. Ora la parola passa al Presidente D’Alfonso chiamato a scegliere se penalizzare e massacrare la sanità pescarese o se difendere quello che è un diritto dinanzi al Governo Renzi”. A dirlo è stato il Capogruppo di Forza Italia, alla Regione Abruzzo, Lorenzo Sospiri nel corso della conferenza stampa di martedì avuta con gli amministratori della provincia di Pescara, dai sindaci di Pianella, Collecorvino, Scafa, Moscufo, Elice, Catignano, Montesilvano e altri, oltre che ai vicesindaci o assessori dell’area vestina, di Cepagatti e degli altri territori.
“Il Piano di riorganizzazione sanitaria predisposto dalla Regione, se vedesse applicato il Decreto Legge Renzi-Lorenzin, si tradurrebbe in un autentico massacro per i nostri territori, mettendo a rischio il diritto stesso alla salute della popolazione – hanno spiegato e scritto senza mezzi termini nella lettera gli amministratori della provincia -. Partiamo dai numeri: il Decreto prevede la riorganizzazione dell’offerta sanitaria sulla base di tre parametri: l’utilizzazione dei posti letto per ciascun abitante; gli accessi alla rete dell’emergenza-urgenza; i reparti di grande rilevanza, sempre considerando il bacino d’utenza. Sulla carta vengono riconosciuti i DEA di primo livello tra i 150mila e i 300mila abitanti; ospedale di base tra gli 80mila e i 150mila abitanti; deroghe per aree svantaggiate sempre con un bacino di utenza tra gli 80mila e i 150mila abitanti. E come primo atto si impone la riduzione dei Pronto soccorso. Ora: la provincia di Pescara ha un bacino di 350mila abitanti censiti, ma, dal Piano di riorganizzazione predisposto oggi, questo dato appare del tutto insignificante a discapito del nostro territorio. E infatti sono previsti 7 Dea di primo livello, ossia Pescara, L’Aquila, Chieti, Teramo, Avezzano, Lanciano e Vasto; 4 ospedali di base, ossia Sulmona, Atri, Giulianova e Sant’Omero; 1 area svantaggiata a Castel di Sangro. Scompaiono i Pronto soccorso di Penne, Popoli, Ortona, Atessa e Guardiagrele. Solo in seguito alle proteste si è avanzata l’ipotesi di chiedere una deroga come ‘area svantaggiata’ per l’ospedale di Penne, ma anche quest’ipotesi sembra destinata a fallire, visto che il riconoscimento di ‘area svantaggiata’ è già stato respinto lo scorso luglio. E comunque Penne non sarebbe mai un ospedale di base, ovvero avrebbe diritto solo a qualche ambulatorio e un Pronto soccorso sino ai codici verdi. A questo punto, fuori da ogni campanilismo, che però neanche intendiamo subire, si chiede perché la provincia di Pescara debba essere vittima di una evidente penalizzazione rispetto a un Piano che mostra delle palesi incongruenze rispetto ai trattamenti riservati alle altre 3 province: su L’Aquila verranno comunque garantiti 2 Dea di primo livello e 1 ospedale di base; su Teramo 1 Dea di primo livello e 3 ospedali di base; su Chieti 3 Dea di primo livello; su Pescara 1 solo Dea, prevedendo, chiaramente, di dirottare su un unico Pronto soccorso 150mila accessi annui (dato facilmente stimabile dopo la chiusura di Penne, Popoli, e Ortona). Una follia! E questo nonostante la Asl pescarese sia in perfetto pareggio di bilancio; non abbia eccedenze di posti letto, e per i Lea, ossia le eccellenze, siamo a metà classifica. Due, a questo punto, le nostre controproposte – hanno illustrato gli amministratori -: prima ipotesi, il riconoscimento per Pescara, ossia per un bacino di 350mila abitanti, di 1 Dea di primo livello e 2 ospedali di base, Penne e Popoli, esattamente come per Teramo. Inconsistente la contestazione dei numeri di accessi al Pronto soccorso al di sotto dei 20mila annui: va piuttosto considerato, infatti, che nel 2014 l’ospedale di Penne ha registrato un tasso di occupazione dei posti letto dell’84,38 per cento, Popoli del 97,71 per cento, a fronte del 73,59 per cento registrato dal nosocomio di Atri, o del 63,88 per cento di Sulmona. In seconda istanza, si chiede di predisporre che l’intera rete della sanità pescarese venga organizzata come ‘Ospedali Riuniti Pescaresi’ e che i 121mila accessi annui minimi nei tre Pronto soccorso (dato 2014: 95.696 Pescara; 14.415 Penne; 11.718 Popoli) siano pensati come ‘spalmati’ sui tre territori. Chiediamo ufficialmente che le nostre proposte siano inserite a modifica del Piano di riorganizzazione dell’assetto della sanità pescarese da presentare e difendere dinanzi al Governo Renzi, sanità, quella della nostra provincia, che non accettiamo venga strumentalmente ‘sacrificata’ in nome di logiche estranee al buon governo di un territorio”.

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