REGIONE – La fase di costruzione della democrazia dal secondo Dopoguerra ai giorni nostri. Nel 64esimo incontro della rubrica di Michele Fina “Dialoghi. La domenica con un libro” è stato presentato il libro “Storia dell’Italia contemporanea 1943 – 2019” (Il Mulino), assieme all’autore Umberto Gentiloni, professore ordinario di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, e all’onorevole Giovanni Lolli.
Per Fina il libro è “utile per leggere la fase attuale e affrontare i problemi di oggi. E’ un libro di storia che arriva alla cronaca. E’ un libro anche per non specialisti, sui problemi, sulle cesure, sulle questioni della storia e fa un servizio alla sua fruizione. Quello che spesso manca oggi è lo sforzo di usare la critica storica per interpretare il presente e decodificare il futuro”.
Giovanni Lolli l’ha definito un “libro acuto che ha diverse chiavi di lettura, tra cui racconto della democrazia come la storia di un tentativo di allargare continuamente, includere via via chi si sentiva escluso. C’è una fase ascendente che arriva fino agli anni Settanta del secolo scorso e una successiva. Nella prima fase questo processo è stato guidato dai partiti. Aldo Moro in particolare ha interpretato ogni tappa come il tentativo di allargare. C’era un disegno, che ha scontato ostacoli e opposizioni di ogni tipo. La morte di Moro coincide con un periodo diverso, il processo non è più guidato dalle classi dirigenti, che piuttosto hanno cominciato a seguirlo o a inseguirlo, come nel caso della riforma del Titolo V della Costituzione e dell’abolizione delle Province. In questa fase la periferia sociale e geografica si è sentita sempre più esclusa, un elemento dimostrato dal calo dell’affluenza alle urne che si riscontra a partire dagli anni Ottanta”.
Fina ha chiamato in causa le possibili analogie con la situazione attuale, con il momento in cui si viene fuori da una crisi paragonabile per alcuni versi a una guerra. Lolli ha concordato: “La pandemia potrebbe essere un nuovo inizio, ma ci sarà una classe dirigente che si comporterà come quella dei primi trent’anni della Repubblica? C’è stato già un momento di rottura in cui si potevano affrontare questi problemi già alla fine della Guerra Fredda, ma non vi ha corrisposto un disegno. Oggi siamo di fronte a una fase simile. L’Europa ci mette nelle condizioni di poter ridisegnare tutto, ma per me la questione della partecipazione è decisiva”, e perciò si potrebbe scontare, da questo punto di vista, il limite costituito dalle caratteristiche del governo tecnico.
Gentiloni ha spiegato: “E’ un libro pensato soprattutto per gli studenti. Una comunità nazionale vive e cresce se ha delle radici, infatti la molla principale che mi ha spinto a scriverlo è la crisi della cultura storica. La storia deve essere anche contemporanea, la cultura storica non si definisce sulla base della distanza dell’oggetto che si studia, altrimenti il rischio è che il racconto del passato avvenga in altro modo, anche attraverso le semplificazioni, le paure e le balle. La nostra storia è importante, questo Paese ha costruito fin quando è riuscito a farlo una democrazia di massa inclusiva. Fino agli anni Settanta le forze di governo e di opposizione vi hanno contribuito. La grande sfida è stata quella di permettere a uomini e donne di decidere della propria vita, l’idea nei 30 anni dopo la seconda guerra mondiale che i figli potessero vivere meglio dei genitori ha rappresentato il cammino dell’Occidente. Le conquiste affondano le radici nei sacrifici delle generazioni che ci hanno preceduto”.
Sullo stimolo offerto da Fina, l’autore ha detto: “Magari riuscissimo ad uscire da questa crisi come fatto dopo la guerra. La cosiddetta Prima Repubblica ha avuto una classe dirigente straordinaria, per coscienza e competenza. La classe dirigente del Dopo Guerra Fredda è stata guidata prevalentemente dal proprio interesse personale. Quella di oggi è una prova senza appello, gli errori sarebbero difficilmente riparabili. C’è bisogno di sintonizzare maggiormente l’Italia con il Mediterraneo, e di intervenire aggiornandoli sugli strumenti di partecipazione”, per coglierne le potenzialità”.
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