Nardella rileva che nel manicomio mancherebbero posti dove svestirsi dalla tuta e non sarebbero osservate le procedure di sanificazione
SULMONA – Riceviamo e pubblichiamo una nota pervenuta e firmata da Mauro Nardella segretario generale territoriale UIL PA polizia penitenziaria
“Sempre più critica si fa la situazione dei detenuti Covid del supercarcere sulmonese ricoverati presso gli ospedali della Regione.
A quelli già presenti all’interno del nosocomio peligno si sono aggiunti altri ricoverati presso gli ospedali di Pescara e L’Aquila.
Ed è proprio in quest’ultimo che, alle già evidenziate disfunzioni avutesi in ordine alla gestione in salubrità del servizio svolto presso l’ospedale ovidiano, si stanno avendo non pochi problemi su come affrontare in piena sicurezza sanitaria le attività svolte nel reparto blindato riservato ai detenuti ricoverati.
Arrivano notizie di mancanza di posti ove effettuare la più delicata delle operazioni inesistenti in ambito Covid vale a dire a svestizione della tuta utilizzata per difendersi dal contagio.
Sembrerebbe che nulla sia stato sinora fatto in merito alla formazione, informazione e regolamentazione della gestione in salubrità del servizio svolto nel repartino detentivo ospedaliero.
Addirittura non sarebbero state regolamentate le sanificazioni ambientali che mai come in questo caso andrebbero non solo implementate ma rafforzate in numero.
Pensavo che alleggerire il nosocomio Sulmonese inviando detenuti all’Aquila potesse rappresentare una valvola di sfogo per i tanti agenti impegnati a garantire sicurezza.
Se fosse vera la notizia pervenuta per voce di alcuni colleghi di stanza al carcere aquilano ci ritroveremmo di fronte ad una situazione davvero critica e che potrebbe portare a far pensare che il rimedio sia stato peggiore del male.
Invito la Direzione sanitaria dell’ospedale aquilano a farsi immediatamente carico della situazione e a trovare con urgenza una soluzione al problema prospettatomi.
Non oso immaginare cosa accadrebbe se da una cattiva gestione del protocollo ne derivasse una ripercussione in negativo sulla salute degli addetti”