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Decreto Sostegni, lettera del CNA Abruzzo ai parlamentari

da Redazione

Cna Abruzzo

Saraceni: “Con la nuova soglia, però, gli aiuti governativi potranno ristorare solo il 38% delle imprese che hanno riportato cali del fatturato nel 2020”

PESCARA – I parlamentari abruzzesi si battano nelle aule di Camera e Senato per modificare il “Decreto Sostegni” varato dal Governo Draghi: perché il testo varato dal consiglio dei ministri rischia di tagliare fuori dalla partita degli indennizzi una vastissima platea di piccole e micro imprese. A chiederlo, in una lettera indirizzata a tutti gli eletti nella nostra regione a Montecitorio e Palazzo Madama è il presidente di Cna Abruzzo, Savino Saraceni, secondo cui «il parametro di riferimento scelto per l’erogazione dei contributi dal testo, ovvero il fatturato, non è certo il più preciso per poter determinare l’effettiva sofferenza delle singole attività: a parità di fatturato, infatti, la marginalità dipende dalla struttura dei costi, che è estremamente variabile, ed in parte gode di interventi paralleli di sostegno pubblico, in primis attraverso il pagamento della cassa integrazione per i dipendenti».

Per la confederazione artigiana, però, non c’è solo un problema di parametri e strumenti scelti. Esiste, eccome, un problema ancora più grande, ovvero la platea dei potenziali esclusi: «Una riflessione va fatta in merito alla quota di imprese che avrà accesso al beneficio dei contributi a fondo perduto – argomenta Saraceni – perché la riduzione della soglia delle perdite dal 33%, valore inizialmente preso in considerazione al 30% ha permesso sì di ampliare del 13% la platea delle imprese in difficoltà che potranno fruire degli aiuti. Con la nuova soglia, però, gli aiuti governativi potranno ristorare solo il 38% delle imprese che hanno riportato cali del fatturato nel 2020: che sono invece il 40,8% nella manifattura, il 36,8% nelle costruzioni, il 38,2% nei servizi».

Dunque, per la Cna Abruzzo, i criteri scelti vanno rivisti, «pur valutando positivamente lo sforzo del Governo di ridurre di tre punti la soglia che dà diritto al ristoro». Perché, afferma ancora la nota inviata a deputati e senatori, «la grande maggioranza delle imprese, pur avendo registrato una significativa flessione del fatturato, rimarrà esclusa comunque dai nuovi indennizzi. Sarebbe quindi preferibile evitare la “tagliola” del 30% sostituendola con un meccanismo di décalage, che riduca il beneficio da una certa soglia fino ad annullarlo per i valori di perdita inferiore alla media». Sareceni, infine, chiede che sia riconosciuto «un importo non inferiore ai duemila euro di indennizzo minimo alle tante imprese che per effetto del criterio dei codici Ateco, adottato precedentemente, non hanno finora ottenuto alcun ristoro».

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