L’assessore alla cultura: “Il Comune non ha mai accettato il vincolo di “non poter spostare le opere pena restituzione”. Atto pubblico di accettazione e contratto sono difformi”
PESCARA – Si è svolta stamane una conferenza stampa dell’assessore alla Cultura Giovanni Di Iacovo, al fine di chiarire tutti i passaggi e gli aspetti relativi alla vicenda della collezione Paglione donata al Comune di Pescara e ospitata dal Museo Vittoria Colonna.
“Sarò lineare nello spiegare un “caso”, quello della restituzione della donazione della collezione delle 56 opere del mecenate Alfredo Paglione, che è semplice, ma che ci troviamo a dover chiarire in tutti i suoi aspetti vista la eco avuta sulla stampa e all’interno di Palazzo di Città, questo al fine di consegnare alla pubblica opinione una versione completa della storia – esordisce l’assessore Giovanni Di Iacovo – Per questa ragione ci è sembrato giusto fare una conferenza stampa su una vicenda che ad oggi non ritengo conclusa e che spero possa avere un esito diverso da quello fin qui prospettato.
Premetto che il Museo Colonna ospita diverse collezioni permanenti frutto di donazioni, e per le altre non abbiamo avuto mai questi problemi. Sottolineo che la città di Pescara ha di fatto un solo uno spazio deputato ad ospitare esposizioni artistiche degne di questo nome, ovvero il Museo Vittoria Colonna. Tutte le mostre comunali di alto profilo, da Chagall a Warhol a molte altre, si sono sempre tenute al Colonna.
La donazione. Ad aprile dell’anno scorso si è materializzata la vicenda della collezione Paglione perché, contrariamente alle altre donazioni, questa vantava un vincolo, ovvero la proibizione per qualsiasi amministrazione di spostare le opere, pena la risoluzione del contratto e la restituzione delle opere. Ma qui c’è un vizio di forma grave, che noi abbiamo solo ereditato, ma che ha creato il problema.
Alla luce della carenza di spazi adeguati, accettare questo vincolo significa non avere più luoghi per mostre nella nostra città, dover per sempre dire di no a chiunque voglia utilizzare quelle sale del nostro Museo senza il benestare del donante, quindi: non poter più offrire alla città mostre di nessun tipo.
A fronte della mostra di Fontana, dunque, e con largo anticipo, ho chiesto di poter spostare al piano di sotto la collezione Paglione, egli pur avendo riconosciuto il valore dell’antologica di Fontana ha ritenuto di non accordare tale permesso. Con lettere e interlocuzioni fittissime da allora ho cercato di convincerlo a non avere questo atteggiamento di chiusura, rilevando pure che la donazione che impedisce all’Amministrazione attuale di usare il museo cittadino era arrivata a aprile-maggio 2014 ossia nel “fotofinish” dell’Amministrazione precedente ed ho proposto altre sale del Colonna e altri luoghi (Aurum e Aternino) dove spostare le opere purché rimanessero alla città. Ma lui è stato irremovibile di fronte a tutto, malgrado lunghe interlocuzioni per risolvere la questione.
Tuttavia questa impossibilità di spostare le opere risulta oltremodo bizzarra guardando la documentazione ufficiale. Questo perché la delibera che accoglie la donazione di Paglione, quindi l’atto pubblico che la recepisce il n. 224 dell’11 aprile 2014, non prevede la risoluzione della donazione e restituzione delle opere.
Una linea che era chiara anche prima, al punto che il presidente dell’allora Commissione consiliare Cultura il dott. Augusto Di Luzio, in una riunione precedente alla delibera, presentò in Commissione la collezione e dichiarò che non vi era un obbligo salvo comunicazione all’artista, senza ulteriori vincoli all’azione, come si legge nel verbale.
Dunque nella delibera n. 224 dell’11 aprile 2014, atto pubblico di accettazione da parte del Comune, questa clausola non c’è. C’è però nell’atto firmato per la donazione, il 14 maggio 2014, dove compare all’articolo 4 una clausola che prevede la risoluzione per inadempimento in caso di spostamento delle opere che il Comune non ha mai accettato. Ecco perché questo contratto é in dubbio di validità, in quanto non conforme alla delibera di accettazione e difforme anche da quanto dichiarato in Commissione Cultura.
C’era abbastanza materiale per poter ritenere nullo il vincolo da parte del Comune. Nonostante questo ho scelto di non avere un atteggiamento burocratico nei confronti del dottor Paglione, di cui riconosco la generosità, il prestigio delle opere e il gesto e ho quindi continuato a proporre soluzioni, sempre sottolineando che il diritto a riprendersi le opere non c’è, non esiste perché il Comune, tramite l’atto di Giunta, non lo ha previsto.
Lui ha continuato a ritenere di rivolere le opere, minacciando l’apertura di un contenzioso in caso di mancata restituzione, per danni di immagine a una collezione che è sicuramente di grande importanza e pregio, ma che non è però mai stata stimata da un perito dell’Amministrazione per quantificarne il valore. L’unica cifra circolata è frutto di una stima da parte del donante e nell’ipotesi di un eventuale contenzioso c’era quindi anche la spesa per far stimare le opere, un’operazione che va affidata un perito e che rappresenta un costo considerevole vista l’entità delle stesse, che sono 56 e le condizioni economiche attuali dell’Ente.
Dovevo decidere se aprire un contenzioso pieno di oneri per il Comune per mantenere le opere al Colonna nonostante il donante fosse del tutto contrario, o acconsentire alla richiesta di Paglione di riavere le opere e risolvere la donazione pacificamente. Consultandomi con avvocatura dell’Ente e con i dirigenti, abbiamo deciso quest’ultimo percorso, che è anche quello più aperto ad una soluzione diversa dalla restituzione. Stamane stessa ho cercato due volte Paglione telefonicamente per tentare in extremis di ottenere che le opere potessero restare in città senza però paralizzare l’attività del museo, accettando la semplice evenienza che in caso di mostre di particolare rilievo, la collezione Paglione fosse temporaneamente esposta al piano inferiore del Colonna o, in caso di indisponibilità del Colonna, riproponendo alternative come l’Aurum o il Circolo Aternino proposte più volte e invitandolo a visitarle perché potesse fare un sopralluogo delle strutture.
Ritengo che se anche una sola opera d’arte viene tolta ad una città, questo sia un fatto doloroso, ma altresí non posso dichiarare alla mia città che mai più il Comune potrà organizzare o far organizzare mostre nel suo Museo cittadino”.