Home » Teramo » Il discorso del sindaco di Teramo per la celebrazione del 2 Giugno

Il discorso del sindaco di Teramo per la celebrazione del 2 Giugno

da Redazione

comune teramo stemmaTERAMO – Ieri mattina si è svolta a Teramo la celebrazione del 2 Giugno, Festa della Repubblica. Questo il discorso de sindaco, Maurizio Brucchi:

“Buongiorno a tutti; innanzitutto saluto il Prefetto, sua eccellenza Graziella Patrizi, che rappresenta solennemente lo Stato, la Repubblica Italiana; quindi saluto le autorità politiche e civili, i rappresentanti delle forze armate e dei corpi di polizia, le associazioni combattentistiche, le autorità religiose.

Un ringraziamento schietto ai piccoli ragazzi del coro, che rendono questa cerimonia ancora più vivace e brillante; un particolare saluto, poi, ai miei concittadini venuti oggi qui ad onorare l’anniversario della Repubblica italiana.

Quella odierna è una celebrazione che, assieme alla Festa della liberazione che si celebra il 25 aprile e alla Giornata dell’unità d’Italia e delle forze armate che si celebra il 4 novembre, costituisce il trittico di feste laiche che il Paese si è dato dal dopoguerra in poi.

Appuntamenti la cui finalità è di rendere unitariamente e concretamente evidente la consistenza dell’apparato istituzionale, fulcro e anima del nostro amato Paese.

Il 2 giugno italiano, è equiparabile alle feste e celebrazioni che si svolgono in altri Paesi, ovviamente in differenti date, che celebrano con uguale solennità significativi momenti della loro storia.

Noi italiani, oggi ricordiamo il referendum a suffragio universale che consentì di scegliere, nel 1946, la forma istituzionale da dare al paese, appunto la Repubblica. È una celebrazione, quella odierna, che ha una sua importante solidità, una sua significativa austerità, una irrinunciabile suggestione. Ne è prova il fatto che moltissime manifestazioni si tengono oggi in città grandi e piccole, tutte contraddistinte dalla solennità dei gesti, dalla partecipe adesione di istituzioni ed apparati associativi, dalla spontanea partecipazione di cittadini, studenti, giovani.

Tutto questo, assume il volto della naturalità, visto che proprio dal 2 giugno del ’46 scaturì la realizzazione della carta costituzionale che ancora oggi traccia i confini etici, giuridici, civili, istituzionali che contraddistinguono la nostra convivenza.

E tra i pilastri che la Magna carta ha inserito nelle sue preziose articolazioni, vi è sicuramente quello della solidarietà, una solidarietà che ha consentito all’Italia di crescere, seppur tra inevitabili contraddizioni e difficoltà, e di attestarsi nello scenario mondiale, come uno tra i Paesi socialmente più avanzati.

Oggi, questa capacità di sostenere chi è rimasto indietro e ha bisogno di aiuto concreto, fa appello ad una vicinanza e ad una partecipazione che un popolo unito e un corpo istituzionale responsabile non possono non manifestare.

Le istituzioni – che sono l’espressione di una comunità le cui tensioni sono l’unità, la condivisione, la compartecipazione, la solidarietà, il sostegno che è specchio di una vicinanza profonda – devono far sentire e devono marcare i propri ruoli e a propria presenza.

Intendo pertanto attualizzare il messaggio del 2 giugno, calando la sua portata nella difficilissima realtà che il nostro territorio sta vivendo. Sappiamo tutti che quanto accaduto in questi mesi, per cause naturali o talvolta per incuria dell’uomo, ha prodotto tra la nostra gente, uno stato d’animo pervaso di sconforto, paura, perdita della fiducia e talvolta della speranza in un domani più sereno. La forza dei drammatici accadimenti ha saputo minare le difese personali e collettive, determinando nebbia e avvilimento per ipotesi e scenari futuri.

Le istituzioni devono dimostrare che non è così. La Repubblica deve sostenerci, deve difendere questo territorio, sostenendo la sua rinascita, aiutandolo nella ripresa, affiancandolo nell’immane sforzo, concreto e morale, cui è chiamato.

La Repubblica – la “cosa di tutti” – ha il dovere di stare dalla nostra parte, di manifestare con le modalità appropriate, l’appartenenza condivisa al destino del Paese; ha il diritto – la Repubblica– di rendere più lievi le difficoltà dei suoi appartenenti; e ha il diritto-dovere di esigere per essi una visione condivisa degli sforzi da produrre, dell’impegno da profondere, delle garanzie da assicurare.

Potrei portare innumerevoli esempi, a prova del fatto che la Repubblica italiana, nei 71 anni che ci separano dal 46, si è distinta per il vincolo che si è creato tra lo Stato e cittadini.

Ora, non potrà mancare Teramo, in questo elenco.

Oggi più che mai abbiamo necessità di sentire la Repubblica come espressione di una concreta, tangibile, reale, compagna di strada, che ci sostenga in tutti modi possibili nel nostro immane sforzo.

Ci aspettiamo e speriamo che la fresca, ingenua, ridente e spontanea energia che si sprigiona dai piccoli che sono qui a cantare l’inno nazionale, sia non un mero espediente emozionale ma un inevitabile riferimento dei perché e del senso di ciò che è la Repubblica.

I primi sono la nostra ricchezza, l’altra è ciò che siamo. Tutti insieme.

Viva l’Italia, viva la Repubblica, viva Teramo.”

Ti potrebbe interessare