REGIONE – Distorsioni e involuzione del concetto e della pratica di umanità nel tempo che stiamo vivendo. Se ne è parlato nel 46esimo incontro della rubrica “Un libro, il dialogo, la politica”, curata da Michele Fina, a cui ha partecipato Marco Revelli, accademico e scrittore, autore del libro “Umano Inumano Postumano. Le sfide del presente” (Einaudi).
Il testo parte dalle reazioni crudeli, su Facebook, alla notizia del terribile naufragio nel Mediterraneo, il 25 luglio 2019, che causò oltre 100 morti. Revelli ha definito nel corso del dialogo “quella raffica di messaggi il simbolo della perdita di umanità avvenuta non in tempi atroci, come potrebbe essere il contesto di una guerra mondiale, ma in un momento di pace”.
Per Fina nel libro di Revelli “si parte dall’idea di umano come sinonimo di ragione, accorgendosi che oggi questo caposaldo non tiene più”. Forti i riferimenti e le connessioni con la pandemia: “Ha rivelato la fragilità dell’uomo, ha fatto cadere un’impalcatura che sembrava solidissima. E’ stato il contropiede della natura che ha determinato disumanità, come i dilemmi etici nel fronte brutale della crisi sanitaria”.
Revelli ha confermato: “La pandemia testimonia la continuità della catena della vita, è bastato che un organismo microscopico passasse il confine per far venire giù un’impalcatura di civiltà. Penso alla scelta di chi e come curare, all’età come riferimento di scelte, alle profonde diseguaglianze che ha messo in luce anche su questioni essenziali come il vivere e il morire”. Per l’autore tuttavia il concetto di umano nell’epoca contemporanea è messo in discussione anche da questioni più generali: “Nei tempi classici questo concetto stabiliva un dovere di rispetto dell’uomo nei confronti dell’altro uomo, si basava sull’idea di un eccezionalismo dell’uomo rispetto al resto del creato. Oggi questa idea sta venendo meno per gli effetti stessi del sapere, le nuove scienze ci dicono che la distanza tra noi e gli altri appartenenti dell’universo del vivente non è poi così grande. Anche il fatto che abbiamo cominciato a costruire delle macchine pensanti contribuisce ad accentuare questo aspetto: il confine è sempre più evanescente. Non si può dire che stiamo vivendo il punto estremo della reificazione descritto da Primo Levi, però in modo direi omeopatico quella disumanizzazione ci è entrata dentro. Mi riferisco a una ormai diffusissima debolezza del vincolo che ci lega ai nostri simili”.
Per Revelli il possibile antidoto per passare a un nuovo ordine deve partire dal “riconoscimento che non siamo separati da ciò che ci sta intorno. Siamo parte dello stesso tutto e tutti siamo responsabili della totalità in cui siamo immersi. Questo ci può portare a ridimensionare la deformazione dell’ego ipertrofico”. Fina in conclusione si è detto “preoccupato che si parli solo degli effetti della pandemia, ma la vera causa è l’uomo”.
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