Verso la fusione intercomunale come opportunità, anziché CON-fusione
MONTESILVANO (PE) – Il Partito Democratico è per antonomasia una forza politica aperta all’intera società civile, fatta da tante anime diverse, una squadra che nella pluralità trova la sua ragione di essere attorno ad un’adesione condivisa, che si confronta democraticamente e che è capace di darsi un efficace punto di sintesi per il bene comune dei propri elettori. Bene comune che possiamo trovare solo nel coraggio di andare avanti e non indietro, nel coraggio di trovare soluzioni oltre gli ultimatum e le rigidità e mettendo sul piatto “uno sforzo in più” da parte di tutti.
La stagione riformatrice del nostro governo a livello nazionale e regionale ci pone di fronte a momenti di cambiamento epocale ed è normale che possano esserci situazioni di diffidenza, ma la vera forza sta nel saper guardare oltre. Occorre davvero un impegno orientato verso soluzioni che contengano le richieste di molti, escludendo il meno possibile le richieste di ognuno.
Sta nella stessa accezione della parola partito, dal latino partire, il concetto di “parte” come qualcosa che è divisa dal tutto; l’azione elementare del “dividere” in politica ha, però, due implicazioni importanti. Ogni “partizione” attiva due processi fortemente correlati, ma che si sviluppano in direzioni differenti. Il primo, rivolto verso l’esterno, è diretto ad affermare e ad ottenere il riconoscimento di un’identità collettiva. Il secondo processo, invece, è rivolto verso l’interno ed è destinato a rinsaldare la tenuta e l’integrazione del gruppo politico. Ciò si concretizza attraverso l’identificazione degli individui con la loro “parte” e la conseguente formazione di lealtà e solidarietà durature. In questa incessante dialettica tra interno/esterno, tra riconoscimento e appartenenza, deve innestarsi l’equilibrio del nostro Partito Democratico anche a livello locale.
Assunto che la scomposizione di una comunità politica in parti tra di loro in contrapposizione o addirittura in conflitto presuppone l’esistenza di un tutto pluralistico, passibile di divisione, l’elemento di trait d’union deve essere insito nella capacità di sintesi tra la pluralità delle posizioni, che vada oltre l’atteggiamento passionale o al principio astratto o speculativo orientata da criteri utilitaristici e di negoziabilità degli obiettivi.
Posto che l’esito referendario non può rimanere inascoltato, il tema politico è capire tempi e modi per un processo di accorpamento. Se c’è una ragione per cui la politica ha senso è quella di prevedere, prevenire e prefigurare. E quindi, in questo contesto, al Partito Democratico corre l’obbligo di garantire la prefigurazione della realtà prima che accada, attraverso la definizione di un pensiero anticipatore, una linea di indirizzo all’interno della concretizzazione del processo di fusione, se nell’immediatezza come pratica prevista dal referendum o nell’introduzione di un principio di gradualità, come pratica a costruire convenienza per il nostro territorio.
Il Partito Democratico deve vivere, interpretare e far vivere alla comunità locale questo secondo percorso non come penalità bensì come opportunità: opportunità in termini di razionalizzazione ed efficientamento dei costi e dei servizi, nuove economie ma soprattutto opportunità di arricchimento per Montesilvano, quale città nella città del futuro, tracciando in proiezione la qualità di una realtà urbana nuova ed attrattiva che sia da stimolo anche per la nostra regione.
Su questa strada possiamo connotare la logica dell’identità, quale faccia espressiva del riconoscimento intersoggettivo e della nostra partecipazione all’organizzazione del Partito Democratico a livello locale.
E’ ovvio che l’identità del Partito Democratico non può di per sé costituire un’entità monolitica, ma piuttosto un processo complesso di bilanciamento tra esigenze diverse e, in ultima istanza, delle stesse aspettative degli individui che in essa si riconoscono. Tuttavia gli esiti di questo processo possono essere sia la modificazione dell’identità dei singoli ( e nel caso estremo l’uscita dal gruppo), sia la modificazione dell’identità del gruppo stesso (e nel caso estremo la dissoluzione dell’identità collettiva).
Credo che su questo ambito si possa dar inizio ad un ragionamento per l’elaborazione di una visione di città che muove le mosse dall’esito referendario per la costruzione delle identità che possono connotare il nostro partito a livello locale se non in forma unitaria quantomeno maggioritaria.
Purtroppo è atteggiamento consolidato a livello locale il procrastinarsi di irrispettosa considerazione dei luoghi deputati a fare politica e dei ruoli di dirigenza,con la logica conseguenza di generare l’anarchia politica e lo scollamento tra la compagine consiliare e il gruppo dirigente.
E’ ovvio che i problemi interni a Palazzo di Città e al partito devono camminare di pari passo e insieme devono essere risolti, riprendendo il dialogo e la coerenza delle azioni. Tuttavia in mancanza di condivisione di percorsi e con l’ostinazione a rimandare i problemi al domani, per usare un parallelo sportivo, pur se poco mi si addice, si rischia di passarsi la palla all’infinito senza che nessuno alla fine centri il canestro e quindi il punto.
Il nostro dovere politico è quello di affrontare seriamente e concretamente il tema fusione, consci delle difficoltà degli enti locali e delle loro strutture in termini di risorse umane e finanziarie e, senza oltremodo cadere nel populismo in voga in questo momento, cercare di capire qual è il livello ottimale con uno studio di fattibilità serio e scientifico per valutare impatti e vantaggi in termini finanziari e di opportunità per il territorio.
Affinché il processo che si avvia porti al meglio ad una funzionalità efficace per gli enti coinvolti, è fondamentale un percorso di cessione di sovranità il più graduale possibile e un progressivo processo di sintonizzazione unitaria dei servizi tra i territori (ciclo dei rifiuti, ciclo idrico, trasporto pubblico locale, committenze e della gestione dei contratti, gestione delle reti, politiche sociali, servizi scolastici, servizi demografici, patrimonio, riscossione tributi e polizia locale), che altrimenti, per diverse peculiarità ci esporrebbero al rischio di blocco dell’erogazione, con conseguente collasso territoriale. A ciò deve anche associarsi l’unificazione degli strumenti di pianificazione (pianificazione territoriale ed urbanistica, piano della mobilità sostenibile di vasta area, piano marketing turistico, piano spiaggia). Questo per non incorrere in un cammino parziale come nel caso dell’Europa, in cui è venuto meno un piano di convergenza chiaro e organizzato da parte delle istituzioni di abbandono della sovranità nazionale, rimasto enunciato nei trattati e nella visione politica dei padri fondatori,con le conseguenze che tutti sappiamo.
Citando De Rita ‘Non è detto che ingrandire significa crescere. Di solito un sistema procede per gerarchie, ma il mondo va altrove, non è più così, l’idea fisiocratica andava bene ai tempi di Menenio Agrippa ma in un sistema moderno è l’architettura distribuita che va oggi. Occorre controllo e conoscenza dei flussi, contatto con la gente, concentrazione degli interessi, bisogna conoscere questi tre fattori per andare avanti. Ma senza una rappresentanza consapevole non si fa nulla’.
Due sono le modalità in cui il processo di fusione può essere interpretato: guardare indietro e vedere cosa perdiamo in termini storici, senza però interpretare il cambiamento, oppure come una sfida nuova da costruire con solidità di contenuti in termini di opportunità. Ma per riuscire ad essere protagonisti di questa nuova stagione sarà prioritario vincere le pigrizie e le comodità dei luoghi comuni, mettere in relazione il concetto multidimensionale di cittadinanza con la progressiva evoluzione del processo di integrazione e confrontarci con la dimensione urbana più complessa d’Abruzzo. Montesilvano potrà portare in questa nuova entità urbana peculiarità straordinarie che Pescara non ha in una funzione di una dinamicità biunivoca a rafforzamento del valore dell’intera area, in termini di reti, servizi, attività e funzioni.
Il Partito Democratico cittadino intende dar corso al processo di fusione in maniera progressiva inaugurando nella fase di transizione non l’azzeramento delle preesistenze ma la creazione di moduli per ricevere la cessione di sovranità su alcune materie. E’ fondamentale un allineamento, in maniera temperata, che ponga attenzione al tema del domani, per non incorrere in una fusione a freddo, che genera solo con-fusione e non comporta opportunità per i territori interessati.
La sfida come partito è quella di recuperare la connessione al presente, percepire la nuova dimensione dei diritti di cittadinanza, la rete famiglia, gli anziani, i giovani, i bambini, i diversamente abili, avviare una governance multilivello, collocando il potere decisionale e gestionale ad un livello più efficiente, contribuire alla risoluzione dei conflitti attraverso la contrattazione costante e la ricerca di una soluzione ottimale per tutti.
Una sfida di tale portata abbisogna del contributo di tutti, con energia ed intelligenza nuove, ma mettendo a frutto anche le esperienze del passato. In questa ottica il Partito Democratico interpreterà con protagonismo i bisogni della nostra collettività, rispetto ad un governo arido di sensibilità e del tutto incapace quale quello del centro-destra in quasi dieci anni di amministrazione. E’ fondamentale dunque saper cogliere il mutamento dell’ampiezza e della qualità dei diritti e l’aumento delle aspettative dei nostri cittadini per la costruzione della nostra città del futuro.