Pubblicato dalla Di Felice Edizioni, casa editrice martinsicurese, il libro con traduzione dall’arabo di Sana Darghmouni. Ecco i dettagli
MARTINSICURO – È stato appena pubblicato per la Di Felice Edizioni (casa editrice fondata da Valeria Di Felice a Martinsicuro) il libro di poesie “Epicrisi” di Ashraf Fayadh, poeta, regista, fotografo, pittore e curatore di mostre di origini palestinesi nato in Arabia Saudita il 15 luglio del 1980.
È uno degli artisti di spicco ad Abha, la città in cui ha vissuto. Ha persino partecipato alla Biennale di Venezia, rappresentando l’Arabia Saudita. Nell’estate del 2014, Fayadh è stato processato in Arabia Saudita per la sua raccolta di poesie (che da allora è stata ritirata dalla circolazione) Le istruzioni sono all’interno, pubblicata a Beirut nel 2008, che commenta le questioni sociali nel mondo arabo, l’esilio, l’amore, la situazione dei profughi.
I tribunali sauditi lo hanno condannato a morte per il reato di apostasia e per la diffusione di idee blasfeme contro la religione e il profeta, ma dopo una grande campagna internazionale a suo sostegno e molta solidarietà da parte dell’opinione pubblica le autorità hanno commutato la pena a 8 anni di reclusione e 800 frustate. Fayadh sta scontando la pena in prigione nella città di Abha e sta ricevendo le frustate a più riprese. Epicrisi è la seconda raccolta del poeta.
La curatrice e traduttrice Sana Darghmouni (docente di lingua e letteratura araba all’università di Bologna) scrive: «Nelle poesie di Fayadh non mancano riferimenti a una patria assente sia fisicamente sia spiritualmente. Una patria ipotetica che passa davanti ai suoi occhi “calzando la scarpa della libertà”. Con la sua consueta ironia il poeta arriva a considerare fortunati i batteri perché “non hanno un vero problema a trovare una patria!”. L’esilio che soffre il poeta non è solo fisico, dovuto alle sue origini e alla sua storia personale, ma anche mentale. A nessun luogo sente di appartenere, i luoghi descritti sono spesso bui o desolati, stanze chiuse, magazzino vuoto, luoghi contraddistinti da noia, depressione, solitudine e monotonia cronica».