PESCARA – Un 2018 nettamente positivo per le esportazioni dei Distretti abruzzesi (+4,1%), evidenziando performance migliori sia dei distretti italiani (+2,2%), sia del manifatturiero regionale (+3,6%), fortemente sostenuto dall’Automotive e dalla Meccanica. Sono questi i principali dati che emergono dal Monitor dei distretti industriali dell’Abruzzo nel 2018 curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.
Crescono quattro distretti abruzzesi su cinque. Ottima performance per il comparto dell’Abbigliamento (+6% per il distretto nord-abruzzese e +15,6% per il distretto sud-abruzzese). Molto bene anche i Vini di Montepulciano (+5,9% la variazione tendenziale) e la Pasta di Fara (+1,4%), in controtendenza il Mobilio (-1,8%).
A contribuire positivamente all’andamento delle esportazioni dei distretti abruzzesi sono stati i mercati maturi (+5,7%), mentre sono rimasti sostanzialmente stabili i mercati emergenti.
In forte crescita Svizzera e Olanda; molto bene anche Regno Unito e Canada. Pesante riduzione dei flussi, invece, verso Cina e Hong Kong, Russia e Qatar.
“I Distretti industriali abruzzesi, nel loro complesso, nel 2018 hanno saputo distinguersi sui mercati internazionali, facendo leva sui valori di qualità e innovazione che sono alla base di questi risultati – spiega Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo -. Obiettivo del nostro Gruppo, che non a caso segue puntualmente tali dinamiche attraverso il lavoro della sua Direzione Studi e Ricerche, è appunto sostenere le imprese in queste sfide. É con questa finalità che Intesa Sanpaolo ha scelto di agevolare le imprese che investono semplificandone l’accesso al credito: nella determinazione del rating valorizziamo gli aspetti qualitativi come l’investimento in capitale umano e l’innovazione, l’appartenenza alle filiere e la sostenibilità. Nel 2018 – continua Nocentini – Intesa Sanpaolo ha erogato 280 milioni di euro alle imprese abruzzesi, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Ed uno strumento strategico per migliorare l’accesso al credito soprattutto alle piccole imprese, il Programma Filiere, in regione ad oggi conta 11 aziende capofila con oltre 1.700 dipendenti, 450 imprese fornitrici e un giro d’affari complessivo di 2,1 miliardi di euro”.
“In un quadro di rallentamento del commercio mondiale e di elevata incertezza legata alle tensioni geo-politiche presenti sui mercati internazionali, i distretti dell’Abruzzo si sono distinti per dinamicità” commenta Carla Saruis, della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo -. “Alla base di questo successo vi è la crescente presenza sui mercati più lontani e ad alto potenziale, basti pensare che il raggio d’azione delle imprese in 10 anni è mediamente aumentato di 643 chilometri”.
La provincia dell’Aquila, ferita duramente dal terremoto del 2009, mostra ad oggi un tessuto economico attivo anche se inevitabilmente condizionato dall’evento sismico, e da alcune importanti crisi aziendali che hanno interessato soprattutto il polo tecnologico. Emergono segnali positivi in alcuni settori come il tessile e l’alimentare. Molto bene anche l’elettrotecnica, la gomma e la plastica, la meccanica e la chimica.
Nel territorio provinciale vivono ad oggi 300 mila persone, quasi un quarto degli abitanti della regione Abruzzo e si registra un tasso di disoccupazione del 12,3%, leggermente superiore sia a quello regionale che si attesta all’11,7% che a quello italiano (11,2%).
Nella provincia sono presenti più di 23 mila imprese, in calo del 12% rispetto al 2008. Si tratta prevalentemente di micro e piccole imprese (che assorbono rispettivamente il 60,4% e il 18,3% degli addetti); un ruolo più contenuto è ricoperto dalle imprese di medie e grandi dimensioni, che assorbono rispettivamente il 15,3% e il 6,1% degli addetti. Il 73% degli occupati trova impiego nelle imprese di servizi, il 12% nell’industria, il 9% nel settore costruzioni e il 6% nell’agricoltura. Nel confronto con la media nazionale, emerge una maggiore vocazione verso agricoltura e turismo.
Gli addetti nel territorio aquilano pesano per il 15,5% sul totale dell’economia abruzzese; si scende al 12,7% se si considera solo l’industria manifatturiera. La provincia dell’Aquila, con il 7% dell’export regionale, risulta essere l’ultima provincia abruzzese per volumi di export. Non a caso la sua propensione all’export è particolarmente bassa e pari all’8,6%.
Il territorio presenta una forte specializzazione nel settore dell’elettronica concentrata nel polo tecnologico dell’Aquila che produce prevalentemente componenti e schede elettroniche. Nel Polo sono rimaste 18 aziende che occupano 1.678 addetti concentrati in una sola grande azienda (92%) e pari a più del 16% degli occupati nella manifattura aquilana. A livello settoriale, seguono per importanza i comparti alimentare, in particolare conserve e prodotti da forno, i prodotti e materiali da costruzione, la farmaceutica, le bevande, l’elettrotecnica, i prodotti in legno, la carta e il cartone e infine la chimica.
Negli ultimi quindici anni si è assistito a una drastica riduzione di unità locali e addetti. Il bilancio è molto negativo anche se si guarda l’andamento dei flussi di export: le vendite estere della provincia di L’Aquila, si sono sensibilmente ridotte rispetto al periodo pre-terremoto arrivando nel 2018 a 603 milioni di euro, in calo del 39,5% rispetto ai 997 milioni di euro del 2008. Il picco minimo è stato però toccato nel 2014 quando la provincia ha esportato solo 433 milioni di euro.
La riduzione più accentuata è dovuta soprattutto al polo tecnologico: nel 2018 l’export è sceso a quota 192 milioni di euro, il 39,5% in meno rispetto al 2008 (pari a 125 milioni di euro) dovuto al pesante calo di vendite negli Stati Uniti, principale partner commerciale del polo che assorbe tuttora l’87% del suo export. Su questo risultato ha pesato la crisi del principale operatore presente nella provincia. L’export del polo continua comunque a rappresentare una quota importante delle esportazioni aquilane, il 32% come nel 2008.
Il secondo settore per importanza in termini di valori esportati è quello della farmaceutica, che pesa il 23% del totale export aquilano. Anche in questo caso si è assistito a una forte riduzione dei flussi, scesi nel 2018 a 138,5 milioni di euro, il 48,5% in meno rispetto al 2008, a causa della contrazione delle vendite in Polonia, Grecia, Germania, Francia e Ungheria.
Un altro settore interessato da una crisi profonda è stato quello della metallurgia che, nonostante la lieve ripresa degli ultimi tre anni, ha subito un crollo delle proprie esportazioni in 11 anni. I valori di export, infatti, nel 2018 sono scesi a 21 milioni di euro, da 130 milioni nel 2008.
Emergono, però, alcuni segnali positivi: la crisi di alcuni settori particolarmente concentrati e vocati all’export è stata accompagnata dalla vivacità di alcuni comparti altamente dinamici come il tessile e l’alimentare. Il settore Alimentare dal 2008 al 2018 ha più che duplicato le esportazioni (salite a 16,1 milioni di euro), grazie alla forte crescita negli Stati Uniti e in Giappone dove vengono vendute soprattutto conserve. Nel tessile invece le esportazioni si sono portate a 22,9 milioni di euro nel 2018 (+19 milioni di euro rispetto al 2008), grazie a una buona presenza in Turchia, Germania, Grecia, Messico e Spagna.
Una buona evoluzione ha caratterizzato anche l’andamento delle vendite estere della provincia di elettrotecnica (57,9 milioni di euro di export nel 2018), gomma e plastica (40,9 milioni), meccanica (36,1 milioni) e chimica (34,4 milioni).
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