“Questa festa dovrebbe essere quindi una festa di pace e di ricordo delle madri e dei padri costituenti, capaci di scrivere una carta costituzionale di alto valore.
È stata annullata per il secondo anno consecutivo, a causa della pandemia, la retorica parata militare ai Fori Imperiali a Roma che costava alle casse pubbliche ben 2 milioni di euro. Dunque un’inutile e costosa esibizione di armi e muscoli, per uno sfoggio di militarismo fuori dalla storia. Questa giornata andrebbe invece riportata al suo significato più autentico, quello di festa popolare della Repubblica democratica antifascista e della Costituzione.
Rifondazione Comunista ha aderito all’appello promosso da ben 40 associazioni e movimenti cattolici e da una vasta rete di realtà territoriali, riviste culturali e gruppi da sempre impegnati per la pace, per chiedere a Parlamento e Governo la firma e ratifica da parte dell’Italia del Trattato Onu per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN). Aderiamo e condividiamo l’appello affinché l’Italia si liberi delle decine di testate statunitensi immagazzinate nelle basi militari a Ghedi (Brescia) ed Aviano (Pordenone) e cessi di addestrare i propri piloti militari al bombardamento nucleare uscendo dal programma “Nuclear Sharing” della Nato.
Il nostro Paese ha già accumulato pesanti responsabilità di guerre, dirette ed indirette, negli ultimi trent’anni e non ha certo bisogno, con l’acquisto di 90 cacciabombardieri F-35 per una spesa complessiva di 14 miliardi di euro, di aggiornare le sue capacità di lanciare un’offensiva atomica, ponendosi come avamposto di una possibile guerra termonucleare. Ogni aereo F-35 costa più di 100 milioni di euro. Con la stessa cifra si potrebbero acquistare più di 7000 respiratori polmonari o creare 3200 posti letto di terapia intensiva necessari per salvare migliaia di vite umane. Ma evidentemente, malgrado la pandemia e più di 126mila morti in Italia, le priorità sono altre.
Nelle scorse settimane Camera e Senato hanno dato il via libera alla destinazione di ben 17 miliardi del Recovery Plan in armamenti. Si tratta di una scelta in parte ereditata dal governo Conte e non ci si poteva aspettare che la mettesse in discussione un uomo della Nato come Draghi. Parliamo di 17 miliardi sottratti a sanità, scuola, servizi sociali, messa in sicurezza del territorio, trasporto pubblico, case popolari e mille altre esigenze. Non si dovrebbero aumentare il numero dei posti letto negli ospedali o sostenere l’industria farmaceutica pubblica nella produzione di vaccini, come fa la piccola Cuba, invece che sovvenzionare la produzione di strumenti di morte? Come al solito una scelta condivisa dalla destra e dal PD, dettata dall’assoluta subalternità delle forze politiche che stanno al governo agli imperativi di Usa e Nato oltre che delle lobby dell’industria bellica.
Queste insensate spese militari sono un’offesa ai valori della pace e della Costituzione. Non si ricostruisce l’Italia con le armi. La nostra sicurezza non dipende da quanti cacciabombardieri, carri armati o navi da guerra possediamo, ma dal numero di ospedali, strutture e personale sanitario pubblico di cui siamo dotati. La battaglia per esigere la rimozione degli ordigni nucleari statunitensi e l’uscita dell’Italia dalla Nato diventa quindi centrale per una ricollocazione strategica del nostro Paese all’insegna della neutralità, della distensione, del disarmo e della cooperazione. Ora più che mai, con una crisi economica e socio-sanitaria epocale che si somma a quella ambientale, abbiamo urgente bisogno di pace, giustizia sociale, uguaglianza e solidarietà”.
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