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Florian Espace, “L’Europa è qui”: lo spettacolo del 10, 11 e 12 novembre

da Redazione

a porte chiuse

Ritorno a Pescara dei Teatri di Vita, presenti nelle passate stagioni di Teatro d’Autore con gli spettacoli Jackie e le altre e Biglietti da camere separate

PESCARA – Nuovo appuntamento con Florian Metateatro, Centro di Produzione Teatrale presenta per Teatro D’Autore e altri linguaggi, direzione artistica Giulia Basel per il prossimo weekend del 10, 11, e 12 novembre 2017 alle ore 21.00.

Per “L’Europa è qui” al Florian Espace – Pescara Teatri di Vita in scena “A porte chiuse dentro l’anima che cuoce” uno spettacolo di Andrea Adriatico ispirato a Jean-Paul Sartre drammaturgia di Andrea Adriatico e Stefano Casi con Gianluca Enria, Teresa Ludovico, Francesca Mazza e con Leonardo Bianconi con l’amichevole partecipazione di Angela Malfitano e Leonardo Ventura una produzione Teatri di Vita, Akròama T.L.S. con la collaborazione di Teatri di Bari.

Graditissimo ritorno a Pescara dei Teatri di Vita, già ospiti nelle due passate stagioni di Teatro d’Autore con gli spettacoli “Jackie e le altre” e “Biglietti da camere separate”.

Dopo gli “inferni” di Copi, Elfriede Jelinek, Koltès, Beckett o Pasolini, Andrea Adriatico approda all’opera più esplicita riguardante la pressione sociale come fonte di sofferenza per l’uomo della nostra epoca. E lo fa in una coproduzione che vede coinvolti Teatri di Vita, Akròama T.L.S. e Teatri di Bari, nell’ambito del VIE Festival. Lo spettacolo rientra nel progetto Atlante: “progetto cervicale per chi soffre di dolori al collo, dolori da peso del mondo”, che si sviluppa attraverso gli spazi urbani. Dopo Bologna, 900 e duemila, prima tappa di Atlante negli spazi monumentali del capoluogo emiliano, ecco lo spazio tutto interiore e domestico di A porte chiuse, seconda parte del progetto.

Due donne e un uomo, rinchiusi in un salotto per l’eternità. Quel salotto elegante e perbene è l’aldilà, e la loro convivenza è la condanna dopo la morte, perché “l’inferno sono gli altri”. Jean-Paul Sartre scrive A porte chiuse (Huis clos) nel 1944, firmando uno dei capolavori della drammaturgia europea: un serrato dialogo fra tre morti che protraggono la loro pena semplicemente rigettandosi in faccia verità scomode.

Una metafora delle relazioni sociali e della stessa identità, formata dalla prospettiva degli altri. Un’intuizione che rimane sempre potente per la sua capacità di descrivere i rapporti umani, e dunque le aberrazioni e forzature del giudizio altrui, anche 70 anni dopo, nell’epoca in cui il “controllo” dell’altro passa impietoso e violento attraverso i media e i social network, definendo un “inferno globale” che è l’ambiente in cui viviamo.

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