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‘Giornata della Memoria’: gli eventi all’Aurum di Pescara

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PESCARA – Ieri presso l’Aurum  di Pescara  si è svolta la seconda giornata di eventi dedicata alla celebrazione della Giornata della Memoria e promossa dal Comune su iniziativa dell’assessore al Turismo Maria Grazia Palusci con Bruna Silvidii, Dirigente Psicologa del Dipartimento di Salute Mentale della Asl di Pescara e Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale ‘L’Oceano’, organizzatrice degli eventi, con il supporto del Presidente della Camera di Commercio Daniele Becci e del Direttore Generale della Banca dell’Adriatico Roberto Del Mas. Presenti gli studenti del Polo artistico ‘Misticoni-Bellisario’ e della scuola media Benedetto Croce e il vicesindaco Berardino Fiorilli.Proprio ai 200 giovani presenti  era indirizzata la testimonianza di Biagio Giurastante, figlio di una donna, Elisa Missaglia, sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz:

“La Giornata della Memoria non deve diventare un contenitore vuoto, ossia una sterile commemorazione passiva di una tragedia. Piuttosto dev’essere un momento per acquisire conoscenza e comprensione di quanto avvenuto per non permettere che in futuro l’olocausto possa ripetersi, com’è già accaduto in Siria, Bosnia o a Israele. La diversità non deve mai essere un problema, ma dev’essere un’occasione di arricchimento”.

Pescara – ha ricordato l’assessore al Turismo Palusci – ha voluto accendere i riflettori su una ricorrenza tanto drammatica, dedicandole una giornata intera di eventi presso l’Aurum. La prima parte, al mattino, è stata dedicata ai nostri studenti, un momento che si snoda attorno al tema portante del ‘Progetto Memoria’, ossia la necessità di mantenere sempre vivo il ricordo di quanto accaduto, e lo abbiamo fatto attraverso un percorso artistico-espositivo di partecipazione attiva del pubblico perché il nostro obiettivo è quello di lasciare un segno e offrire un momento di riflessione per far sì che la memoria storica resti”.

“Il 27 e 28 gennaio – ha ricordato Silvidii – si celebra la Shoah, ossia la liberazione degli Ebrei superstiti del campo di concentramento di Auschwitz, ovvero l’apertura dei cancelli mostrando al mondo quale tragedia abbia vissuto, ed è dunque una data importante, di forte valore simbolico soprattutto per la memoria. Ciascun individuo porta con sé la memoria ‘individuale’, che è la nostra linfa vitale, è il serbatoio dei ricordi utili per costruire il nostro futuro. Ma ancora più importante è la ‘memoria collettiva’ che è sede del patrimonio filogenetico dell’umanità, per il quale ci sono fatti storici che devono essere riconoscibili a tutti. Ovvero, ci sono lutti e traumi tanto profondi che devono avere una condivisione collettiva e i giovani devono poter avere nuove modalità conoscitive che li possa aiutare a capire le fonti della democrazia sui diritti umani sanciti e violati durante l’Olocausto, come la deportazione degli ebrei e lo sterminio che li ha visti inconsapevoli. Oggi purtroppo viviamo in un momento storico in cui è difficile per i ragazzi trovare l’empatia, e allora noi vogliamo aiutare i nostri studenti a capire che la creatività può essere un canale che li può distogliere dal male, come le dipendenze dalle nuove tecnologie avanzate, riattivando con la creatività il mondo emozionale, la sfera affettiva”.

La giornata si è aperta con la proiezione del film fornito dal Centro di Documentazione Ebraica, ossia ‘Gli Ebrei tra ‘800 e ‘900’, per poi lasciare spazio alla testimonianza di Claudia Orvieto, testimonial del Progetto Memoria del Centro di Documentazione Ebraica di Roma: “Sono nata il 9 giugno 1940, una data brutta perché è stato il giorno prima dello scoppio della guerra. Purtroppo già dal ’37 erano scattate le leggi razziali, con una campagna violenta nata dalla riedizione dei Protocolli dei verbali di Sion, che sono un falso storico, secondo i quali gli ebrei volevano sovvertire l’ordine del mondo, quindi rappresentavano un pericolo, un’idea che è passata anche in Italia dove ci si convinse della necessità di mettere da parte gli ebrei. Di lì si passò al censimento degli ebrei, fatto gravissimo, perché da quel momento si sapeva tutto di loro, dov’erano, cosa facevano, e quel censimento fu l’anticamera delle leggi razziali vere e proprie che imposero il divieto di mandare i bambini ebrei nelle scuole pubbliche. Gli ebrei non potevano più lavorare nel pubblico, né scrivere libri, né fare gli attori, vennero chiusi in un ghetto virtuale e cosa ancora più grave quelle leggi razziali vennero votate all’unanimità alla Camera dei Deputati, mentre al Senato solo dieci persone votarono contro, leggi dunque che passarono nell’indifferenza generale della popolazione. Mio zio, che faceva parte del gruppo dei Sionisti ed era di Livorno, decise che in un paese con quelle leggi razziali non restava e andò via in Palestina, un trauma per i miei nonni e per mia madre.

I miei restarono invece in Italia perché c’era il nonno paterno che non stava bene. Mia madre, in quegli anni, si doveva laureare, vivevamo a Bologna, e in effetti le fu consentito laurearsi, ma nel giorno della discussione della tesi fu messa in un angolo, separata dagli altri studenti, perché non avesse contatti e ovviamente, studentessa modello con tutti 30 e lode, ha ricevuto il minimo dei voti, altra forma di umiliazione. Mio nonno materno, dopo essersi cancellato dall’albo professionale, è riuscito ad avere un visto turistico ed è andato via in Palestina dalla figlia, trascorrendo un anno senza sapere se noi eravamo vivi o morti, dopo che mia madre riuscì a scrivere loro, nel marzo ’40, dicendo di non tornare in Italia. I miei genitori hanno visto tanti amici finire in prigione o nei campi di concentramento. Nel settembre del ’43 la situazione in Italia si era fatta tanto dura che mio padre capì che non potevamo più restare a Bologna: i miei genitori facevano parte della Resistenza, e i partigiani ci diedero dei documenti falsi per scappare. Abbiamo cambiato cognome, storia, passato, vivendo la fuga nei paesi dell’entroterra per sottrarci alla razzìa degli ebrei”.

Poi la parola è passata a Biagio Giurastante che ha offerto agli studenti la testimonianza di quella che è stata l’esperienza della madre, “Elisa Missaglia, una ragazza di soli 24 anni, operaia in una fabbrica metalmeccanica di Lecco, che il 7 marzo del ’44 ha fatto una cosa orribile in quel periodo e in quel regime politico: ha aderito a uno sciopero. E’ stata arrestata con altre persone, è stata segregata a Como, poi a Bergamo, finendo nel campo di concentramento di Auschwitz dove il suo nome è diventato il numero ‘76147’, tatuato sul suo braccio. Con l’avanzata degli alleati verso la Polonia, ha avuto la fortuna di essere trasferita in una fabbrica in Germania, sino alla liberazione: pesava solo 29 chili quando ha cominciato il pellegrinaggio per il ritorno a casa a fine agosto. Per anni mia madre non ha voluto raccontare la sua esperienza, non per pudore, ma per paura di non essere creduta, tanto assurde erano le torture cui sono stati sottoposti milioni di persone”.

La mattinata è proseguita con la lettura di brani dal Diario di Anna Frank e da testi di Primo Levi, intervallati dagli interventi musicali del soprano Antonella Trovarelli, con la partecipazione di Maria Elena Mae Carulli per l’allestimento di una mostra e il Coro di San Giovanni Teatino. La manifestazione è proseguita  presso l’Aurum con la proiezione del ‘Documentario-Memoria’ e di nuovo con gli interventi musicali del soprano Antonella Trovarelli.

 

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