PESCARA – “Ai ragazzi oggi dico di essere sempre attenti, curiosi perché è la curiosità che vi spinge a capire, a comprendere. E non credete a tutti quelli che parlano, ricordando che purtroppo nel nome della presunta ‘legalità’ tanti, troppi, hanno fatto carriera. Oggi c’è qualcuno che vuole far passare i 500 mafiosi fuori dal carcere come dei poveri ultrasessantenni che ormai non possono più uccidere e dunque non sarebbe più giusto arrestarli, e invece non è così, innanzitutto perché sono persone che hanno fatto centinaia di omicidi, in secondo luogo perché passa un messaggio sbagliato verso i giovani, che invece devono chiedersi se sia giusto che gente del genere stia fuori, libera per strada. Eppure vogliono far apparire noi familiari come degli ‘insensibili’. Noi vogliamo solo giustizia, che fino a oggi non è arrivata a me né agli altri familiari perché stiamo vivendo un periodo storico in cui tutto gira all’incontrario. Ma io non mi fermo, perché mio marito, Antonio Montinaro, ucciso a 29 anni nella strage di Capaci, ha fatto un giuramento dinanzi alla Costituzione e alla Polizia e ha dato la vita per cambiare le cose”.
Sono le parole che Tina Montinaro, moglie di Antonio Montinaro, uno degli agenti di scorta del giudice Giovanni Falcone, ucciso con il magistrato nell’attentato di Capaci, ha rivolto a una delegazione di dieci studenti dell’Istituto Alberghiero Ipssar ‘De Cecco’ che stamane ha ospitato il primo appuntamento della venticinquesima edizione del ‘Premio Borsellino’ negli spazi dell’Officina del Gusto.
Presenti la Dirigente Alessandra Di Pietro, il questore di Pescara Francesco Misiti, il questore vicario Alessandra Bucci, Gabriella Sperandio Presidente dell’Associazione ‘Borsellino’ con Leo Nodari, il Capo della Scuola di Polizia Francesco Zerilli e i docenti Rosa De Fabritiis, Rossella Cioppi, Renata Di Iorio e Roberto Melchiorre.
“Neanche il Covid-19 riuscirà a fermare il ‘Premio Borsellino’ che, seppur in modalità diverse, ricorrendo alle opportunità offerte dal digitale, si svolgerà regolarmente e sono onorata che sia la mia scuola a ospitare il primo appuntamento – ha sottolineato la dirigente Di Pietro – perché l’evento farà parte del programma di educazione civica per il quale i nostri studenti ormai da anni stanno svolgendo un percorso di legalità e anche l’incontro odierno con Tina Montinaro è stato registrato e sarà oggetto di dibattito in tutte le classi. Ho avuto modo di conoscere Tina Montinaro già come Presidente dell’Associazione Quarto Savona 15, nome preso in prestito dall’auto della scorta del giudice Falcone, che è stata a Pescara per due anni, una macchina che ha un significato simbolico straordinario perché è in realtà un ammasso di lamiere, è l’auto della scorta che rappresenta il simbolo stesso della legalità, è un ammasso di macerie che pure viaggia velocissimo verso il cambiamento, e Tina Montinaro è l’anima stessa della Quarto Savona 15, una donna che dal 23 maggio 1992 sta combattendo contro la mafia e contro l’illegalità in generale, è una testimone istituzionale, rappresenta la ribellione alla mafia, è una moglie e una madre che esprime con forza prorompente una carica di umanità che suscita emozione. E dalle sue parole arriva un messaggio chiaro ai nostri ragazzi, ossia sappiate scegliere nella vita da che parte stare, sappiate fare la differenza, non siate passivi o ignavi, non siate docili di fronte a ciò che è sbagliato”.
Quindi il docente, attore e regista Edoardo Oliva ha letto la lettera che nel 2017 la Montinaro ha virtualmente indirizzato al marito per passare la parola alla stessa Tina Montinaro: “Oggi l’Italia è la mia casa e sono i ragazzi che mi danno tanto. Spesso ai giovani diciamo ‘voi siete quelli che dovete cambiare le cose’, e lo diciamo perché noi non siamo stati bravi e dunque i giovani devono essere migliori di chi li ha preceduti, noi siamo stati indifferenti perché la strage non ci riguardava, se la sono cercata. E allora voi, i ragazzi, dovete fare in modo che non accada più, vogliamo un’Italia diversa, migliore. Nessuno potrà mai capire il dolore provato per un marito che ti salta in aria a 29 anni, ma la memoria di quella strage deve invece essere condivisa, deve appartenere a tutti, perché è la memoria che ti costringe a guardarti allo specchio. Quello che è successo quel 23 maggio è capitato a Tina Montinaro, ma non deve capitare mai più e per questo abbiamo bisogno di cittadini onesti che fanno il giusto tutti i giorni, non possiamo sempre delegare gli altri, che è più comodo. E i ragazzi devono essere le nostre sentinelle, perché oggi non è possibile scendere in piazza a manifestare per la legalità e poi si arriva tutti ubriachi o spinellati, o scendi perché ci credi o stai a casa. Né è accettabile assistere a episodi di violenza contro la Polizia e tutti dobbiamo interrogarci oggi su quanto abbiamo fatto se poi ci sono giovani che ammazzano solo per il gusto di farlo. Se oggi io giro l’Italia parlando di Antonio è un buon segno, vuol dire che la strage di Capaci non appartiene solo ai palermitani, vuol dire che anche i pescaresi ci sono accanto. Quando ho sposato Antonio – ha proseguito Tina Montinaro – aveva solo 24 anni e già faceva la scorta al giudice Falcone e ancora oggi mi riempie d’orgoglio raccontare quello che ha fatto, mio marito non era un eroe, ma solo un uomo che faceva il suo lavoro e il suo dovere, definirlo eroe è comodo perché lo pone su un livello diverso. Io ho avuto un grande marito e quando sposi un poliziotto tutta la famiglia entra in Polizia, non puoi tirarti indietro. Dopo la strage non ho mai pensato, per un solo minuto, di lasciare Palermo: io sono napoletana, mio marito era leccese, ma dovete sapere che quando arrestano i mafiosi, le mogli si vanno a nascondere nei propri paesi di appartenenza, ma quelle sono le mogli dei mafiosi, le mogli dei poliziotti non si devono vergognare, e devono restare sul territorio, la mia presenza, lì, deve dire tutto, ci devono guardare ogni giorno uscire di casa per andare a lavorare o fare la spesa e si devono vergognare. Ai ragazzi – ha infine detto Tina Montinaro – dico sempre di sentirsi ‘inappropriati’ davanti alle falsità della vita, non è vero che dobbiamo essere tutti belli e perfetti, la vita non è il Grande Fratello, l’Isola dei Famosi o Maria De Filippi, non siate mai parte del branco, ma siate sempre voi stessi”. Rispondendo poi alle domande dei ragazzi, un accenno alla serie televisiva ‘Gomorra’ “che è sbagliata perché rappresenta l’assenza dello Stato: non c’è mai, in alcuna puntata, un poliziotto né un Carabiniere, ed è grave perché attribuisce fascino al male. Eppure ‘Gomorra’ è stato scritto a Saviano che poi però, nella vita reale, si fa proteggere e scortare dai poliziotti, che allora ci sono, e un grazie nei loro confronti non guasterebbe”.
“Se ciascuno di noi facesse ogni giorno il proprio dovere – ha poi commentato il questore vicario Bucci – oggi non avremmo la necessità di dovercelo ripetere e ricordare come impegno civile e urgenza sociale”. A chiudere la mattinata il saluto di Leo Nodari che ha confermato l’appuntamento per la consegna del Premio Borsellino per fine ottobre.