Perché, a oggi, questa eccellenza sembra non avere ancora avuto un riconoscimento proporzionato alla sua storia immensa? Pensare che il suo valore si è mantenuto intatto attraverso i secoli: nel Settecento era un vero e proprio ambasciatore di quello che già si stava imponendo come stile italiano, e veniva esportato, in barili, su navi in partenza dai territori Piceni – in particolare dell’odierna provincia teramana – verso molti Paesi d’Europa che lo conoscevano, gradivano e desideravano.
Tutta la provincia di Teramo, dal mare fino ai piedi del Gran Sasso D’Italia, ha avuto a cuore la questione della fattura e conservazione del vino cotto durante tutto l’800, fino agli anni Sessanta del ‘900. Oltre a essere la bevanda reintegrativa preferita dai contadini durante i lavori sui campi, in piccole quantità veniva somministrato quasi come medicinale alle donne in gravidanza, ma anche come ricostituente tanto ai bambini quanto agli animali. Era uno dei prodotti principali sulle tavole delle famiglie teramane, anche durante le cerimonie. Veniva servito ai forestieri a fine pasto, insieme a una brocca di acqua purissima, in segno di ospitalità e vanto. E che dire delle botti in bella vista nelle case dei grandi proprietari terrieri abruzzesi, ma anche nelle famiglie contadine, in tutto il periodo che va dal Risorgimento d’Italia fino al termine del secondo conflitto mondiale? Un vero capitale domestico oggetto di spartizione ereditaria.
L’autenticità di una delle tracce più vere della nostra storia va assolutamente preservata. È con quest’animo che si è formata una squadra di ricerca che ha l’obiettivo di disciplinare il vino cotto teramano all’interno di una vera e propria Denominazione di Origine. Il titolare dell’Azienda produttrice del Cotto D’Amore Ezio Di Giacomo, che da vent’anni produce il noto e storico vino cotto, ha deciso di essere parte integrante del “Progetto di denominazione di origine” dell’Università degli Studi di Teramo.
Il Magnifico Rettore Luciano D’Amico si è subito dimostrato un solido alleato, così come alcuni docenti della Facoltà di Bioscienze e Tecnologie Agro-Alimentari e Ambientali, tra questo il Prof. Andrea Piva, Ricercatore e Docente Universitario per il settore scientifico-disciplinare, che ha fatto dello studio sul vino cotto una delle sue grandi missioni professionali, il Prof. Arfelli Preside e docente del CdL di Viticultura e Enologia per la chimica enologica; Prof. Mastrocola Prorettore Vicario e Tecnologo Alimentare e la Prof.ssa Suzzi Docente di Microbiologia. Progetto sostenuto dal delegato del Rettore, Prof. Corsi. Il gruppo si và così delineando per un lavoro di sicuro ed inedito interesse scientifico.
Ezio ripete il miracolo dopo ogni vendemmia. É dalla lavorazione delle uve autoctone di Montepulciano d’Abruzzo, Passerina, Trebbiano d’Abruzzo, Moscato e Montonico che si arriva alla lenta bollitura del mosto, a una riduzione drastica delle uve e all’antichissimo metodo della conservazione in botti di rovere. Il prodotto evolve lentamente raggiungendo la sua rotondità e morbidezza, e solo in questa azienda viene affinato con lo storico metodo Soleras, tendenzialmente utilizzato per i grandi vini liquorosi mondiali quali il Porto e lo Sherry, usato però con un procedimento metodologico custodito gelosamente dal produttore.
Il progetto di qualificazione e tutela del prodotto e della sua storia si lega all’Innovazione in diversi settori.
L’obiettivo sarà quello di dimostrare che non è “solo” una bevanda alcolica da dessert, ma capace di una declinazione assolutamente contemporanea quale la degustazione meditativa, capace di essere protagonista in cucina al servizio della sperimentazione culinaria in abbinamento con dolci ma anche con piatti salati. La scienza, specie quella microbiologica, tramite l’osservazione della fermentazione, della cottura e dell’affinamento permetterà di capire quali altre potenzialità ha in serbo ancora questo prodotto spettacolare.
Il produttore, ideatore del progetto per la denominazione protetta del vino cotto teramano, darà vita ad azioni atte al coinvolgimenti di tutti i produttori dell’area teramana interessati all’inserimento del prodotto, già compreso nella mappa dei prodotti tipici italiani della Regione Abruzzo, in un disciplinare che dapprima ottenga il marchio europeo di Specialità Tradizionale Garantita unitamente all’ Identificazione Geografica Protetta. A tal fine la associazione di produttori potrà offrirsi come interlocutore accreditato presso le Istituzioni locali e Regionali per l’ottenimento di una alleanza di scopo, forti della propria identità territoriale e storica.
I confini di attribuzione dei marchi saranno definiti in base all’appartenenza storico-enolo-geografica. L’area di attribuzione verrà individuata coinvolgendo le aziende a vocazione enologica che si occupano della produzione di vino cotto teramano strettamente collegate alla continuità storico- antropologica culturale attraverso il legame con il mondo antico in un ottica di sviluppo e di ricerca.
Altro campo sarà quello della giurisprudenza, perché il proposito è far sì che il vino cotto teramano possa raggiungere, oltre al riconoscimento già ottenuto di Prodotto agro-alimentare protetto, l’inserimento ufficiale come Denominazione di Origine nel Disciplinare territoriale della Regione Abruzzo e del territorio teramano. Tra i gli auspici c’è anche l’inserimento di una deroga speciale sulla cottura del mosto nel disciplinare della D.O.C.G. Montepulciano Colline Teramane del Vino Cotto Teramano.
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